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Per metrica eolica, o versi eolici si intendono un insieme di versi in uso nella versificazione antica, i quali, per alcune loro caratteristiche, si differenziano dalla prassi metrica usuale, così come veniva intesa e praticata nella letteratura greca e latina. Tale gruppo di versi ha ricevuto la denominazione di metri eolici perché sono stati introdotti nell'uso letterario, da poeti lirici che si servirono del dialetto eolico, come Terpandro, Alceo e Saffo. Gli antichi attribuivano loro anche l'invenzione di questo tipo di metri, mentre i moderni per lo più ritengono che essi si limitarono a conferire dignità letteraria panellenica a metri e ritmi in uso tra le popolazioni eoliche; dopo i grandi esempi dei poeti di Lesbo, tali metri rimasero ampiamente in uso e godettero di grande fortuna, tanto nella Grecia dell'età ellenistica che nella poesia latina. Le caratteristiche peculiari di questo tipo di versificazione sono: l'isosillabismo: la metrica eolica non ammette la soluzione di una lunga – con due brevi ∪ ∪, anche se può ammettere (talvolta), la lunga irrazionale cioè che sostituisce una breve. la presenza, all'inizio di questi versi, di un piede bisillabico, normalmente definito base eolica, la cui quantità è completamente indifferente: tale base può essere realizzata con un trocheo, un giambo, uno spondeo o un pirrichio, anche se alcune forme sono preferite ad altre. la parte ritmicamente marcata dei versi è di solito dattilica o coriambica, ma sono possibili combinazioni miste.
La pagina include la maggior parte dei frammenti dei lirici greci, vale a dire i poeti che hanno rappresentato nell'antica Grecia la lirica monodica e corale, l'elegia in distici, i giambografi e i compositori di epinici. Naturalmente, risulterebbe impossibile raggruppare tutta la mole di frammenti dei lirici greci dell'epoca arcaica (VII-V secolo a.C.), in un solo blocco, ma ci si limiterà a riportare, tradurre letteralmente, e a commentare sul confronto di edizioni critiche, e dal punto di vista contenutistico del messaggio del poeta, soltanto i frammenti più noti dei poeti, oltre ai testi giunti in versioni quasi del tutto integrali. Le edizioni principali di riferimento sono H.W. Smyth: Poeate Melici Graeci (1900), D.L. Page, Poeate Melici Graeci, Oxford, Claredon Press, 1962, M. Davies, Poetarum Melicorum Graecorum Fragmenta, E Typographeo Clarendoniano, 1991, M. L. West: The Poems and Fragments of the Greek Iambic, Elegiac, and Melics Poets (excluding Pindar and Bacchylides) Down to 450 B.C., Oxford University Press, 1999, e infine E.M. Voigt, Sappho et Alcaeus, Amsterdam: Polak & Van Gennep, 1971 per l'analisi specifica dei testi di Saffo e Alceo.
I Carmina docta sono otto componimenti poetici in vario metro contenuti nel Liber di Catullo, poeta di Sirmione del I secolo a.C., che si distinguono dal resto dell'opera per l'argomento erudito e per il richiamo al modello ellenistico. Vanno dal carme 61 al carme 68 dei 116 carmi totali, secondo la catalogazione effettuata da Cornelio Nepote dopo la morte del poeta cisalpino, databile intorno al 54-53 a.C. I primi due sono epitalami, di cui uno per le nozze di Manlio Torquato e Vinia Aurunculeia (carm. 61) e il Vesper adest (carm. 62); seguono un poemetto, chiamato l'Attis (carm. 63), che tratta di un innamoramento della dea Cibele per un giovinetto; il celebre epillio per le nozze di Peleo e Teti, contenente la storia di Arianna e Teseo (carm. 64); una traduzione in distici elegiaci della Chioma di Berenice di Callimaco (carm. 66), preceduta dalla dedica a Quinto Ortensio Ortalo (carm. 65); un carme su un dialogo scherzoso tra il poeta e una porta contenente segreti e pettegolezzi di provincia (carm. 67) e un'elegia epistolare (carm. 68).7