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Il polivinilcloruro, noto anche come cloruro di polivinile o con la corrispondente sigla PVC, è il polimero del cloruro di vinile, avente formula -(CH2CHCl)n- e peso molecolare compreso tra le 60 000 e le 150000 u. È il polimero più importante della serie ottenuta da monomeri vinilici ed è una delle materie plastiche di maggior consumo al mondo. Puro, è un materiale rigido; deve la sua versatilità applicativa alla possibilità di essere miscelato anche in proporzioni elevate a composti inorganici e a prodotti plastificanti, come per esempio gli esteri dell'acido ftalico, che lo rendono flessibile e modellabile. Viene considerato stabile e sicuro nelle applicazioni tecnologiche a temperatura ambiente, ma estremamente pericoloso se bruciato o scaldato a elevate temperature e in impianti inidonei al suo trattamento, per via della presenza di cloro nella molecola, che può liberarsi come acido cloridrico, secondo la seguente reazione: 2 C 2 H 3 Cl + 5 O 2 ⟶ 4 CO 2 + 2 H 2 O + 2 HCl {\displaystyle {\ce {2C2H3Cl + 5 O2 -> 4 CO2 + 2 H2O + 2 HCl}}} Il PVC non degrada depolimerizzando a formare cloruro di vinile monomero; diossina e furani si possono formare quando il materiale è decomposto termicamente, ma non si formano quando il PVC brucia per la loro facile ossidazione alle alte temperature. Come le altre materie plastiche è un polimero facilmente riciclabile (codice SPI - resin identification coding system 3), con impianti adeguati. Il più comune e meno costoso è il riciclaggio fisico/meccanico. Sono in via di sviluppo anche tecnologie di riciclaggio chimico (come la tecnica Vinyloop).
Per geotermia si intende la disciplina delle scienze della Terra che studia l'insieme dei fenomeni naturali coinvolti nella produzione e nel trasferimento di calore proveniente dall'interno della Terra. In senso lato il concetto può essere esteso anche nello studio degli altri pianeti. I suoi principi sono sfruttati a livello tecnologico nella produzione di energia elettrica e nella cogenerazione attraverso le centrali geotermiche a partire dall'energia geotermica associata.
Un gasometro (anche gassometro o gazometro) è una struttura teorizzata nel 1789 dal chimico francese Antoine-Laurent de Lavoisier con lo scopo di misurare il volume del gas di città (o gas illuminante), cioè una miscela gassosa che include tra gli altri i seguenti gas: metano, monossido di carbonio, propano, butano e acetilene. Oggi i gasometri sono sempre meno usati e rappresentano più dei monumenti di archeologia industriale che delle vere e proprie infrastrutture. In passato infatti i gasometri venivano utilizzati per accumulare il gas di città che in un primo periodo veniva prodotto prima per gassificazione del carbone e successivamente tramite cracking del petrolio. Questo gas veniva utilizzato sia per usi domestici, sia per l'illuminazione pubblica delle città. Con la diffusione del gas metano l'utilizzo del gas di città è via via scomparso e così anche i gasometri hanno perso il loro ruolo. Queste strutture venivano utilizzate anche in ambito industriale in molti impianti tra cui le acciaierie, come per esempio quello nelle ex acciaierie di Cornigliano, ormai abbattuto, e quello dell'acciaieria di Taranto. Il gasometro ha funzione di contenitore a pressione costante, non è quindi in grado di ospitare grandi quantità di gas, nonostante le dimensioni spesso ragguardevoli, e non si presta quindi ad un uso come serbatoio per lo stoccaggio a lungo termine di gas. La sua funzione è la regolazione a breve termine tra produzione e consumo e immagazzinamento di gas, permettendo di rispondere ai picchi di richiesta, di sopperire ad uno stop di produzione o a una produzione di tipo ciclico. Il volume del serbatoio si adatta alla quantità di gas immagazzinata e la pressione a cui il gas è sottoposto all'interno di esso deriva dal peso di un tetto mobile. Volumi tipici per gasometri di grandi dimensioni sono di 50.000 m³ circa, con un diametro della struttura di 60 m. Attualmente l'uso dei gasometri è quasi completamente tramontato. Tuttavia nell'ambito degli impianti elettrici a biogas si sta sviluppando l'uso di gasometri, solitamente di piccole dimensioni, destinati allo stoccaggio di questo tipo di gas.
L'energia geotermica è l'energia generata per mezzo di fonti geologiche di calore ed è considerata una forma di energia alternativa e rinnovabile. Si basa sullo sfruttamento del calore naturale del pianeta Terra, che possiede al suo interno, a partire dalla superficie terrestre, un gradiente geotermico dovuto all'energia termica rilasciata dai processi di decadimento nucleare naturale degli elementi radioattivi quali uranio, torio e potassio, contenuti naturalmente all'interno della Terra (nucleo, mantello e crosta terrestre). Grazie alla peculiarità della geotermia, questa energia può essere utilizzata sia come fonte di energia elettrica che come fonte di calore, secondo il processo della cogenerazione, ed è dunque usata anche per ottenere energia termica (calore e acqua calda). Fu utilizzata per la prima volta per la produzione di elettricità il 4 luglio 1904, in Italia, ad opera del principe Piero Ginori Conti, il quale sperimentò il primo generatore geotermico a Larderello, in Toscana, in seguito furono create delle vere e proprie centrali geotermiche. Costituisce oggi meno dell'1% della produzione mondiale di energia; tuttavia, uno studio condotto dal Massachusetts Institute of Technology afferma che la potenziale energia geotermica contenuta sul nostro pianeta si aggira attorno ai 12.600.000 ZJ e che con le attuali tecnologie sarebbe possibile utilizzarne "solo" 2000 ZJ; tuttavia, poiché il consumo mondiale di energia ammonta a un totale di 0,5 ZJ all'anno, con il solo geotermico si potrebbe soddisfare il fabbisogno energetico planetario con sola energia pulita per i prossimi 4000 anni rendendo quindi inutile qualsiasi altra fonte attualmente utilizzata.
Il consumo d'energia mondiale è una misura dell'utilizzo dell'energia, come ad esempio quella prodotta dal carburante o dall'elettricità, ed allo stesso tempo una misura della sua produzione globale attraverso le varie fonti energetiche possibili nell'ottica della domanda e dell'offerta dell'energia stessa. Essenzialmente la voce consumo di energia cerca di quantificare i processi dinamici che danno luogo ad un aumento dell'entropia, una grandezza che viene interpretata come una misura del caos in un sistema fisico o più in generale nell'universo.
La chimica industriale è quella branca della chimica che si occupa delle trasformazioni su scala industriale delle materie prime per la produzione di sostanze chimiche, miscele e materiali di varia natura, dei processi e degli impianti chimici utilizzati e dei loro impatti economici sull'industria e sul costo dei prodotti finiti. I settori di studio della chimica Industriale sono, oltre alle varie branche della chimica applicate ai processi industriali (chimica generale, inorganica, organica, analitica e chimica fisica), lo studio della progettazione degli impianti e dei processi chimici, le scienze macromolecolari e le reazioni industriali organiche ed inorganiche. La chimica industriale è in continua evoluzione; classiche aree di lavoro di questa disciplina scientifica sono lo studio e la realizzazione di processi che portano alla formazione di un commodity (come acido nitrico, acido solforico, ammoniaca, urea, ecc.) per l'industria inorganica, lo studio della sintesi di materiali plastici (polietilene, polipropilene, cloruro di polivinile, ecc.) e dei processi dell'industria petrolchimica. La chimica Industriale si occupa inoltre dello sviluppo di processi sostenibili, dell'analisi, attraverso le leggi della termodinamica e della cinetica chimica, delle condizioni operative delle reazioni chimiche (pressione e temperatura di esercizio, tipo di reattore più idoneo e catalizzatore da impiegare, sempre considerando i costi globali), della ricerca scientifica e delle operazioni di produzione all'interno della realtà industriale. La chimica industriale pone particolare attenzione agli impianti pilota (modelli in scala ridotta) e alle operazioni unitarie di laboratorio. Con questi può impostare modelli predittivi di tutte le variabili in gioco nel processo chimico e fisico, svolgere il dimensionamento finale e la scelta di materiali ed attrezzature per quello che sarà l'impianto industriale. In questo ambito entrano in gioco modelli di trasferimento di massa e di calore e la realizzazione di sistemi di controllo, che sono trattati nell'ambito delle discipline dell'ingegneria chimica. Anche se passando dalla scala di laboratorio alla scala industriale cambiano le quantità in gioco, le operazioni unitarie sono le stesse, indipendentemente dalla natura specifica del materiale in lavorazione. Esempi di tali operazioni unitarie sono: macinazione materie prime, trasporto di fluidi, distillazione di miscele liquide, filtrazione, sedimentazione e cristallizzazione. Attualmente tendono a perdere importanza i processi produttivi che trattano grandi quantità con basso valore aggiunto, rispetto ai processi per prodotti specifici di elevata complessità molecolare e sintesi. Nel contempo, alla tradizionale attenzione all'uso delle materie prime e del consumo di energia in termini strettamente economici si sta sviluppando (anche per la maggiore vigilanza delle istituzioni) un rispetto maggiore per l'ambiente. Questa tendenza comporta lo studio e la realizzazione dei cosiddetti processi sostenibili e della "chimica verde" (green chemistry).