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La locuzione latina ex falso sequitur quodlibet (ossia: "dal falso segue qualsiasi cosa (scelta) a piacere"), abbreviata, in modo ellittico, anche in ex falso quodlibet, è una frase latina che indica, nella logica classica un principio logico (valido anche nella logica intuizionista) che stabilisce come da un enunciato contraddittorio consegue logicamente qualsiasi altro enunciato. Si tratta, in realtà, di un teorema, la cui conoscenza, peraltro, risale all'antichità: era già noto, ad esempio, alla Scuola megarica. Non si tratta, invece, di un paradosso, dal momento che non conduce ad alcuna contraddizione. Il fatto che, pur non essendolo, venga a volte indicato come paradosso, dipende dal fatto che le conseguenze implicate dal teorema sembrano contraddire l'intuizione ed esulare dal comune sentire. La definizione ex falso quodlibet per questo teorema è attribuita, per tradizione, a Duns Scoto, sebbene in realtà sia opera di un autore sconosciuto. Pertanto, a volte ci si riferisce ad esso anche come teorema dello pseudo-Scoto. La prima dimostrazione del teorema è attribuita al logico francese del XII secolo Guglielmo di Soissons, appartenente alla scuola dei Parvipontani, fondata da Adamo del Petit-Pont.Nel linguaggio della logica proposizionale si può esprimere il principio con la formula: ( A ∧ ¬ A ) → B . {\displaystyle (A\land \lnot A)\to B.}
La consequentia mirabilis (conseguenza ammirevole) è una locuzione in latino anche nota come legge di Clavius, utilizzata in logica classica, che fa derivare la validità di un'affermazione dalla constatazione di inconsistenza della sua negazione. È per certi versi un ragionamento analogo alla reductio ad absurdum; tuttavia essa non produce la confutazione di una premessa, ma fa sì che si possa derivare la validità di una premessa dalla sua negazione, se la proposizione è vera. Essenzialmente afferma che se una proposizione segue addirittura dalla sua negazione, allora è vera, per consistenza. Il principio permette quindi di dimostrare una certa cosa senza fare appello a principi diversi dalla consistenza. In geometria compare qualche volta negli Elementi di Euclide. Ne fece largo uso Girolamo Saccheri. In formule: ( ¬ A → A ) → A . {\displaystyle (\neg A\rightarrow A)\rightarrow A.} Se dalla negazione di una proposizione A si deduce A, allora A è vera.Il matematico Gabriele Lolli scrive in proposito: In conclusione, la consequentia mirabilis può ritenersi un interessante strumento dimostrativo, poiché consente di scartare le proposizioni che sono internamente inconsistenti. Tabella di verità: Quindi, per qualsiasi valore delle due variabili ( A {\displaystyle A} e ( ¬ A → A ) {\displaystyle (\neg A\rightarrow A)} ), la Consequentia mirabilis è vera, e pertanto si tratta di una legge logica universale.
Aibofobia è un termine per riferirsi a un'ipotetica fobia nei confronti dei palindromi. Si tratta essa stessa di una parola palindroma, circostanza che ingenera un paradosso comico secondo cui lo stesso termine definitorio sarebbe in grado di incutere paura in una persona che soffra della fobia. Il termine, in effetti, consiste in un gioco linguistico appartenente al patrimonio lessicale e umoristico diffuso sulla rete internet. In esso, il prefisso "aibo", che si compone con il suffissoide "-fobia", non riveste alcun ruolo semantico ma serve unicamente come artificio per rendere palindroma la parola composta.