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Le equazioni di Maxwell (così dette poiché elaborate da James Clerk Maxwell) sono un sistema di equazioni differenziali alle derivate parziali lineari accoppiate (due vettoriali e due scalari, per un totale di otto equazioni scalari) che, insieme alla forza di Lorentz, costituiscono le leggi fondamentali che governano l'interazione elettromagnetica.Utilizzate nella fisica classica, esprimono l'evoluzione temporale e i vincoli a cui è soggetto il campo elettromagnetico in relazione alle distribuzioni di carica e corrente elettrica da cui è generato. Raggruppano ed estendono le leggi dell'elettromagnetismo, note fino alla metà del XIX secolo, tra cui la legge di Gauss per il campo elettrico e la legge di Faraday. Tale sintesi fu compiuta da Maxwell che, aggiungendo la corrente di spostamento alla legge di Ampère, rese simmetriche le equazioni che descrivono il campo elettrico e il campo magnetico in modo classico, ovvero non quantistico. Si rende visibile in questo modo come essi siano due manifestazioni di una stessa entità, il campo elettromagnetico. Il settore dell'elettromagnetismo che studia i campi elettromagnetici trascurandone gli aspetti quantistici è l'elettrodinamica classica. Le quattro equazioni mostrano come i campi elettrici dinamici, cioè variabili nel tempo, sono in grado di generare campi magnetici e viceversa, unificando così, a livello teorico e in maniera perfettamente simmetrica, l'elettricità con il magnetismo, già espressa sperimentalmente nella legge di Faraday-Neumann-Lenz. Lo stesso Maxwell osservò che le equazioni ammettono soluzioni ondulatorie, il che condusse alla scoperta delle onde elettromagnetiche e in particolare fu spiegata la natura della luce, fino ad allora oggetto di varie speculazioni teoriche. I campi elettromagnetici, introdotti inizialmente come entità matematica, acquistarono una loro propria realtà fisica potendo esistere indipendentemente dalle sorgenti che li hanno generati.
In analisi matematica un'equazione differenziale è un'equazione che lega una funzione incognita alle sue derivate: se la funzione è di una sola variabile e l'equazione presenta soltanto derivate ordinarie viene detta equazione differenziale ordinaria; se invece la funzione è a più variabili e l'equazione contiene derivate parziali della funzione stessa è detta equazione alle derivate parziali.
In matematica, un'equazione di secondo grado o quadratica ad un'incognita x {\displaystyle x} è un'equazione algebrica in cui il grado massimo con cui compare l'incognita è 2, ed è sempre riconducibile alla forma: a x 2 + b x + c = 0 (con a ≠ 0 ) {\displaystyle ax^{2}+bx+c=0\qquad {\mbox{(con }}a\neq 0{\mbox{)}}} ,dove a , b , c {\displaystyle a,b,c} sono numeri reali o complessi. Per il teorema fondamentale dell'algebra, le soluzioni (dette anche radici o zeri dell'equazione) delle equazioni di secondo grado nel campo complesso sono sempre due, se contate con la loro molteplicità. Nel campo reale invece le equazioni quadratiche possono ammettere due soluzioni, una soluzione doppia, oppure nessuna soluzione.Sono poi particolarmente semplici da risolvere le cosiddette equazioni incomplete, dove alcuni coefficienti sono uguali a zero. Il grafico della funzione f ( x ) = a x 2 + b x + c {\displaystyle f(x)=ax^{2}+bx+c} nel piano cartesiano è una parabola, la cui concavità dipende dal segno di a {\displaystyle a} . Più precisamente: se a > 0 {\displaystyle a>0} la parabola ha la concavità rivolta verso l'alto, se a < 0 {\displaystyle a<0} la parabola ha la concavità rivolta verso il basso.
Un'equazione (dal latino aequatio) è una uguaglianza matematica tra due espressioni contenenti una o più variabili, dette incognite. L'uso del termine risale almeno al Liber abbaci del Fibonacci (1228). Se un'equazione ha n {\displaystyle n} incognite, allora ogni n {\displaystyle n} -upla (ordinata) di elementi che sostituiti alle corrispondenti incognite rendono vera l'uguaglianza è una soluzione dell'equazione. Risolvere un'equazione significa individuare l'insieme di tutte le sue soluzioni.