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Pietro Pomponazzi, noto anche col soprannome di Peretto Mantovano (Mantova, 16 settembre 1462 – Bologna, 18 maggio 1525), è stato un filosofo e umanista italiano.
Il naturalismo è un indirizzo filosofico secondo il quale la natura è, direttamente o indirettamente, l'oggetto primario dell'indagine filosofica. Tale impostazione può essere contrapposta ad altre che, pur appartenendo al comune filone della filosofia della natura, non si limitano alla speculazione intorno alla sfera del naturale-materiale, ma lasciano spazio anche ad altri orizzonti, per esempio di tipo esistenzialistico.
La filosofia rinascimentale, che segna la fine del Medioevo e l'inizio dell'età moderna, si estende lungo tutto il Quattrocento e il Cinquecento.
Con il titolo Trattato dei tre impostori (che sarebbero Mosè, Gesù e Maometto) sono note in italiano tre diverse opere: Un trattato latino De tribus impostoribus. L'effettiva esistenza di quest'opera, nonostante sia stata affermata molte volte e fosse data per certa fin dal XIII secolo, non è mai stata dimostrata, e in ogni caso non ne è giunta alcuna copia. Gli autori del trattato - scandaloso in quanto in esso si sarebbero qualificati impostori i fondatori di tre grandi religioni, Mosè, Gesù e Maometto - furono nel tempo variamente identificati in Averroè, Federico II, Pier della Vigna, Poggio Bracciolini, Erasmo da Rotterdam, Pietro Aretino, Guillaume Postel, Michele Serveto, Jean Bodin, Bernardino Ochino, Girolamo Cardano, Pietro Pomponazzi, Giordano Bruno, Tommaso Campanella, Giulio Cesare Vanini, Baruch Spinoza e altri ancora. Un secondo trattato latino, ancora intitolato De tribus impostoribus, anonimo, scritto intorno al 1688 e stampato a Vienna nel 1753. Un terzo trattato intitolato La Vie et l'Esprit de Mr Benoît de Spinosa, pubblicato per la prima volta, anonimo e in francese, a L'Aia nel 1719; solo le successive edizioni assunsero il titolo di Traité des trois imposteurs. Diverse versioni di questo testo sarebbero circolate manoscritte anche precedentemente. Il nuovo titolo fu palesemente esemplato sull'opera in latino del 1688, che è però di diverso contenuto.
Nella teologia occidentale e nella filosofia della religione, il problema del male nasce dalla necessità di spiegare il paradosso del male laddove si ritenga esista una divinità che viene considerata buona, onnipotente e onnisciente (cfr. Teismo). Il problema del male e le sue possibili spiegazioni sono principalmente d'interesse nei sistemi religiosi come il monoteismo e il dualismo. Sebbene già nelle religioni preistoriche e politeiste sia presente l'idea della contrapposizione tra bene e male (anche nelle forme del totemismo, sciamanesimo, animismo ecc.), secondo l'analisi dello storico delle religioni Julien Ries vi è assente tuttavia una visione lineare della storia come percorso di riscatto verso la salvezza. Solo nella Palestina all'epoca dei Maccabei (II secolo a.C.) si riscontra la presenza di testi, tra i quali spiccano i rotoli del Mar Morto, in cui si rileva un chiaro fatalismo etico-religioso, e, in contrasto con l'ebraismo ufficiale di quel periodo, un dualismo di bene e male. La comunità essena di Qumran ha fatto propria questa visione del mondo al punto tale che nei loro testi (parte dei rotoli citati sopra) si afferma che lo spirito del male, Belial, agisce per proprio conto, sebbene si sostenga che anche lui sia stato creato da Dio. Interpretazione questa che deriva da Isaia 45,7, dove si afferma che sia il bene che il male sono stati creati da Dio. Di conseguenza, anche il genere umano viene considerato come diviso in due gruppi: i figli della luce (gli esseni di Qumran) e i figli delle tenebre (chiunque altro). Una divisione simile a quella concepita dagli esseni del Mar Morto si avrà poi nel cristianesimo. Sempre intorno al II secolo a.C. si diffonde il mitraismo, incentrato sul culto di Mitra come vincitore del male e delle tenebre. Con l'avvento del cristianesimo si diffonde l'idea che la lotta del bene contro il male, con i problemi che essa comporta, si svolge nella storia, nella quale Dio interviene attivamente nei riguardi dell'umanità (cfr. Provvidenza). Nelle religioni non abramitiche invece gli dèi sono considerati ambivalenti o apatici rispetto all'esistenza, ai problemi e al destino degli esseri umani, oppure, nel caso siano presenti divinità che incarnano il male, queste vengono combattute da dèi che a loro volta rispecchiano il bene, e quindi il male viene mitigato, sottomesso o comunque limitato a determinate funzioni e realtà, come la morte o i fenomeni naturali; nei politeismi, ma anche in altre tipologie religiose, è caratteristica la presenza di narrazioni mitologiche e cosmogoniche per spiegare la risoluzione e gli effetti del suddetto contrasto nell'universo. Il tema della contrapposizione tra bene e male, prima dell'era cristiana, era stato affrontato in particolare dalla tradizione filosofico-religiosa dello zoroastrismo, ripresa in seguito da alcune sette gnostiche a partire dal II secolo, assertrice di una visione dualistica che concepiva il male non come negatività assoluta, ma portatore di una sua positività, concezione alla quale aderì anche lo zervanismo insieme ad altri sistemi religiosi; alle concezioni dualiste si contrappongono le religioni strettamente monoteistiche, quali le abramitiche, che pongono al loro centro la figura di un unico Dio buono, onnipotente e giusto. Alcuni filosofi hanno sostenuto che l'esistenza del male sia logicamente incompatibile con un Dio con tali caratteristiche. Il tentativo di risolvere la questione in questi contesti è stata storicamente una delle preoccupazioni principali della teodicea. Tra le risposte elaborate vi sono gli argomenti secondo cui il vero libero arbitrio non può esistere senza la possibilità del male, che l'uomo non può comprendere Dio, che la sofferenza è necessaria per la crescita spirituale o che il male è la conseguenza di un mondo decaduto. Altri sostengono che Dio non sia onnipotente o buono, o entrambe le cose, oppure che Dio non esista. Discussioni sul male e problemi associati sorgono anche in altri ambiti filosofici, ad esempio in etica laica, e discipline scientifiche quali l'etica evolutiva. Ma di solito, il problema del male viene compreso come posto in un contesto teologico.
Francesco Fiorentino (Sambiase, 1º maggio 1834 – Napoli, 22 dicembre 1884) è stato un filosofo e storico della filosofia italiano.
In filosofia il fatalismo è la concezione che considera le vicende del mondo governate da un destino predeterminato, già stabilito. È spesso usato nel senso di determinismo sociale. Il fato può essere vissuto come provvidenziale, tramite la fede che un ordine cosmico detto Logos presieda alla vita di tutti i giorni. In questo caso si è disposti ad accettare passivamente il corso degli eventi senza tentare di modificare lo status quo. Ma esiste pure un fatalismo ritenuto illogico, disordinato e perciò indegno di fede/fiducia. Anzi: il fato nasce con un valore negativo nell'epica e nella tragedia greca, da Omero a Sofocle, e anche nella primissima filosofia, dal frammento di Anassimandro a Eraclito, da Empedocle all'antiteodicea di Epicuro.
L'aristotelismo sta ad indicare sia la dottrina di Aristotele, sia le correnti filosofiche dei suoi discepoli che in diversi periodi ripresero e svilupparono il pensiero originale del maestro.