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L'Orestea (in greco antico: Ὀρέστεια, Orésteia) è una trilogia formata dalle tragedie Agamennone, Coefore, Le Eumenidi e seguita dal dramma satiresco Proteo, andato perduto, con cui Eschilo vinse nel 458 a.C. le Grandi Dionisie. Delle trilogie di tutto il teatro greco classico, è l'unica che sia sopravvissuta per intero. Le tragedie che la compongono rappresentano un'unica storia suddivisa in tre episodi, le cui radici affondano nella tradizione mitica dell'antica Grecia: l'assassinio di Agamennone da parte della moglie Clitennestra, la vendetta del loro figlio Oreste che uccide la madre, la persecuzione del matricida da parte delle Erinni e la sua assoluzione finale ad opera del tribunale dell'Areopago.
Eschilo, figlio di Euforione del demo di Eleusi (in greco antico: Αἰσχύλος, Aischýlos, pronuncia: [ai̯s.kʰý.los]; Eleusi, 525 a.C. – Gela, 456 a.C.), è stato un drammaturgo greco antico. Viene unanimemente considerato l'iniziatore della tragedia greca nella sua forma matura. È il primo dei poeti tragici dell'antica Grecia di cui ci siano pervenute opere per intero, seguito da Sofocle ed Euripide.
La tragedia greca è un genere teatrale nato nell'antica Grecia, la cui messa in scena era, per gli abitanti della Atene classica, una cerimonia di tipo religioso con forti valenze sociali. Sorta dai riti sacri della Grecia e dell'Asia minore, raggiunse la sua forma più significativa (o nota) nell'Atene del V secolo a.C. Precisamente, la tragedia è l'estensione in senso drammatico (ossia secondo criteri prettamente teatrali) di antichi riti in onore di Dioniso, dio dell'estasi, del vino, dell'ebbrezza e della liberazione dei sensi. Come tale fu tramandata fino al romanticismo, che apre, molto di più di quanto non avesse fatto il Rinascimento, la discussione sui generi letterari. Il motivo della tragedia greca è strettamente connesso con l'epica, ossia il mito, ma dal punto di vista della comunicazione la tragedia sviluppa mezzi del tutto nuovi: il mythos (μῦθος, "parola", "racconto") si fonde con l'azione, cioè con la rappresentazione diretta (δρᾶμα, "dramma", deriva da δρὰω, "agire"), in cui il pubblico vede con i propri occhi i personaggi che compaiono come entità distinte che agiscono autonomamente sulla scena (σκηνή, in origine il tendone dei banchetti), provvisti ciascuno di una propria dimensione psicologica. I più importanti e riconosciuti autori di tragedie furono Eschilo, Sofocle ed Euripide, che affrontarono i temi più sentiti della Grecia del V secolo a.C. Uno dei problemi storici nell'accostarsi alla tragedia greca è il constatare che, malgrado sia noto (e intuibile dalla straordinaria diffusione dei teatri nelle città greche, soprattutto dopo il IV secolo a.C.) che i greci amassero il teatro, in particolare quello tragico, sono pochissimi i testi giunti intatti sino a noi (ad esempio su 79 opere di Eschilo di cui si conosce il titolo ne sono oggi rimaste solo 7). Possiamo immaginare che esistessero molti autori a noi ignoti fuori da Atene, così come diversi autori (ateniesi e non) sono conosciuti solo per il loro nome. Sappiamo che alcuni autori ateniesi (come Eschilo) erano conosciuti, amati e rappresentati anche a Siracusa, ma non sappiamo come procedesse la diffusione delle opere teatrali ateniesi fuori da quella città, né se ad Atene si rappresentassero anche opere di provenienza straniera. La nostra conoscenza del dramma greco va quindi considerata incompleta e soggetta a pericolose strozzature nella trasmissione delle fonti, forse anche di carattere ideologico (alcuni tragici greci erano partigiani della democrazia ateniese e molti politicamente impegnati, anche contro la democrazia, con un conseguente forte rischio di censura dopo la fine di quell'esperienza politica, un fenomeno che potrebbe essersi ripetuto anche in altre realtà).
I Persiani (in persiano: فارسی زبانان, Fārsī zabānān) sono i membri di un gruppo etnico indoiranico (quindi della famiglia indoeuropea) che vive principalmente in Iran. Secondo il CIA World Factbook 2004, il 51% dell'attuale popolazione iraniana è di etnia persiana mentre la Biblioteca del Congresso porta la cifra al 65%. Diversi altri gruppi etnici sono rappresentati in Iran, tra cui il gruppo ariano non-persiano dei gilaki (che vivono nella provincia iraniana di Gilan); gli azeri e i turkmeni di discendenza turca, arabi, armeni, baluchi e altre minoranze.
Le supplici (in greco antico Ἱκέτιδες / Hikétides) è una tragedia di Eschilo che faceva parte di una trilogia tragica comprendente anche Gli egizi e Le Danaidi, in aggiunta al dramma satiresco Amimone (tali opere sono però andate perdute). La tragedia fu probabilmente rappresentata nel 463 a.C. Esiste una omonima tragedia di Euripide, che però racconta un diverso episodio della mitologia greca.
I sette contro Tebe, o I sette a Tebe (in greco antico: Ἑπτὰ ἐπὶ Θήβας, Heptà epì Thếbas), è una tragedia di Eschilo, rappresentata per la prima volta ad Atene alle Grandi Dionisie del 467 a.C. L'opera si inserisce all'interno del cosiddetto Ciclo tebano, ed è la terza ed ultima parte di una trilogia legata, ossia di una sequenza di tre tragedie che raccontavano un'unica lunga vicenda. La prima e seconda parte della trilogia, le tragedie Laio ed Edipo, sono andate perdute. Alla fine della trilogia venne inoltre messo in scena il dramma satiresco Sfinge, anch'esso perduto.
Con il termine guerre persiane si definisce la serie di conflitti combattuti tra le poleis greche e l'Impero persiano, iniziati intorno al 499 a.C. e continuati a più riprese fino al 479 a.C. Alla fine del VI secolo a.C., Dario I, denominato il "re dei re" dei Persiani, regnava su un impero immenso che si estendeva dall'India alle sponde orientali dell'Europa (nello specifico le zone orientali della Tracia). Nel 546 a.C. infatti, il suo predecessore Ciro il Grande, fondatore dell'impero, aveva sconfitto il re della Lidia, Creso, e i suoi territori, comprendenti le colonie greche della Ionia, furono incorporati all'Impero achemenide. Le città-stato ancora governate da sistemi tirannici condussero ognuna per proprio conto l'annessione all'Impero persiano, la sola Mileto riuscì a imporre le proprie pretese. Questa situazione di frammentazione aveva comportato la perdita definitiva da parte delle colonie di ogni indipendenza (prima godevano comunque di ampie autonomie) e una drastica riduzione della loro importanza commerciale, a causa del controllo totale che i Persiani esercitavano sugli stretti di accesso al Mar Nero.
Elena (Ἑλένη) è una tragedia di Euripide, rappresentata per la prima volta nel 412 a.C. L'opera è un esempio di tragicommedia che ruota attorno al gioco degli equivoci e in cui l'elemento più propriamente tragico è meno importante.
La battaglia di Salamina (in greco antico: ἡ ἐν Σαλαμῖνι ναυμαχία, hē en Salamîni naumachía) fu uno scontro navale che si svolse probabilmente il 23 settembre del 480 a.C., in piena seconda guerra persiana, che vide contrapposti la lega panellenica, comandata da Temistocle ed Euribiade, e l'impero achemenide, comandato invece da Serse I di Persia. Lo stretto tra la polis di Atene e l'isola di Salamina, sita nell'attuale golfo Saronico, fu il teatro dello scontro. Per bloccare l'avanzata persiana, un contingente limitato di Greci sotto comando spartano aveva ingaggiato la battaglia delle Termopili e la flotta a prevalenza ateniese aveva combattuto presso Capo Artemisio ottenendo rispettivamente una sconfitta e una sostanziale parità dovuta alla ritirata verso Salamina, seguita all'apprendimento dell'esito del contemporaneo scontro. Superato il passo delle Termopili, i Persiani erano penetrati in Beozia e in Attica, conquistando queste due regioni e costringendo i Greci ad allestire una linea difensiva all'altezza dell'istmo di Corinto. Nonostante lo svantaggio numerico, la lega panellenica capitanata dal generale ateniese Temistocle, fu da lui costretta a intraprendere un secondo scontro con la flotta avversaria, nella speranza che una vittoria navale allontanasse il pericolo di un attacco via mare del Peloponneso; anche Serse I era ansioso di poter scendere nuovamente a battaglia. Il sotterfugio escogitato da Temistocle scompose i piani del Gran Re e la flotta persiana, accecata dall'apparenza di una vittoria semplice, entrò nello stretto di Salamina tentando di bloccare lì le navi greche con una manovra di accerchiamento. Tale era l'angustia dello stretto, inadatto al combattimento di un così gran numero di navi, che il territorio si rivelò ben presto inadatto alle massicce navi persiane, impedite fra di loro nel compiere le manovre. Cogliendo l'opportunità propizia, la flotta greca si dispose per la battaglia e riuscì a ottenere una vittoria decisiva. Perduta la flotta, essenza vitale del suo esercito, Serse ritornò in Asia con la gran parte dei soldati rimanenti e concesse a Mardonio di scegliere alcune unità per portare a termine la conquista della Grecia: quanti passarono sotto il suo comando vennero tuttavia sconfitti l'anno successivo durante la battaglia di Platea, quasi contemporanea alla battaglia di Micale che si svolse in Asia. Dopo questa guerra i Persiani rinunciarono a qualsiasi altro tentativo di conquistare l'entroterra greco: si può dire che gli scontri di Salamina e Platea segnarono il punto di svolta nel contesto degli scontri tra Greci e Persiani, dato che da allora i Greci cominciarono una politica aggressiva nei confronti degli avversari che ebbe l'apice della propria pericolosità con la battaglia dell'Eurimedonte. Un gran numero di storici ritiene che una eventuale vittoria persiana avrebbe ostacolato lo sviluppo della civiltà greca e in senso più esteso di quella occidentale, affermando quindi che questa battaglia sia stata una delle più importanti di tutti i tempi.