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La lingua italiana in Argentina ha sempre avuto in quel Paese un ruolo particolare, dato che l'Argentina per decenni fu la meta di emigrazione per eccellenza.
L'Argentina, ufficialmente Repubblica Argentina (in spagnolo: República Argentina, IPA: [reˈpuβlika aɾxenˈtina]), è una repubblica federale, situata nella parte meridionale del Sud America. Il suo territorio è suddiviso in 23 province e una città autonoma, Buenos Aires, che è la capitale della nazione e sede del governo federale, nella cui area metropolitana è concentrato un terzo della popolazione del paese (in totale 45 470 000 abitanti). Con una superficie di 2 780 400 km², è il più esteso paese di lingua spagnola nel mondo, il secondo Stato più esteso dell'America Latina, il quarto delle Americhe e l'ottavo più esteso al mondo. Il suo territorio, che occupa gran parte del Cono Sud sudamericano, confina a nord con la Bolivia e il Paraguay, a nordest con Brasile e Uruguay, a est con l'Oceano Atlantico, a ovest e a sud con il Cile e le acque atlantiche del Passaggio di Drake. L'Argentina rivendica inoltre le Isole Falkland (sotto il nome spagnolo di Malvinas, in italiano Malvine), la Georgia del Sud e le Isole Sandwich Australi. Considera inoltre come parte del territorio nazionale l'Antartide Argentina, rivendicazione sospesa in base al Trattato Antartico. L'Argentina raggiunse l'indipendenza il 25 maggio 1810 quando fu deposto l'ultimo viceré spagnolo che governava da Buenos Aires, e il 9 luglio 1816 fu ufficialmente proclamata l'indipendenza a San Miguel de Tucumán. Dopo la crisi economica del 2001, l'economia ha recuperato i precedenti livelli di benessere. I suoi circa 40 milioni di abitanti godono di un indice di sviluppo umano, reddito pro-capite, livello di crescita economica e qualità della vita che pone la nazione come una delle più sviluppate dell'America Latina. Tuttavia negli ultimi anni la situazione economica nel paese è andata via via peggiorando, complice un'alta inflazione, la seconda più alta dell'America Latina dopo quella del Venezuela e che nel 2014 è stata stimata essere del 24% su base annuale, con stime che arrivano anche al 40% per il 2015, che ha portato di nuovo il paese sull'orlo della bancarotta, la seconda nel XXI secolo.Nel 2019, l'economia è in crisi, l'industria automobilistica opera solo al 15% della sua capacità, le vendite di auto sono in caduta libera (-54% in un anno), l'inflazione raggiunge il 54,7% in un anno. Il governo sta cercando un prestito dal FMI, che nel 2018 ha liberato 56 miliardi di dollari in tre anni in cambio di tagli di bilancio. Quasi 300 000 posti di lavoro sono andati persi in tre anni e la povertà è al suo livello più alto degli ultimi 20 anni.
Gli Italo-messicani sono gli Italiani emigrati in Messico e i loro discendenti. La storia dell'emigrazione italiana in Messico ha inizio durante il periodo dell'Impero spagnolo. I primi italiani che sono arrivati in terra messicana sono stati i francescani e i domenicani che accompagnavano i religiosi spagnoli nella campagna di conquista delle Americhe. Il periodo che vide più italiani emigrare in Messico fu la fine del XIX secolo, dove erano per la maggior parte provenienti dai territori del nord d'Italia. Al Messico necessitavano immigrati al fine di ripopolare il paese subito dopo l'indipendenza, si iniziarono quindi campagne di incentivamento alla immigrazione europea. Però sotto pressione dei movimenti armati del paese si respinse la proposta di accettare spagnoli, francesi, inglesi e anglo-americani. L'unica opzione che aveva il Messico di ripopolare il paese era l'immigrazione di popolazioni provenienti dall'Italia, dall'Austria e dalla Svizzera. I liberali approvarono la proposta di fondare colonie italiane nel territorio messicano ma diedero numerose condizioni, si accettarono solo quelle popolazioni che avevano padronanza del lavoro agricolo e di allevamento, che erano cristiane (cattoliche) e di buona salute e costituzione fisica. Si volle comunque evitare una immigrazione massiva e intenta alla riconquista europea del territorio nazionale. La comunità italiana era considerata dal governo spagnolo come la meno pericolosa, il 16 febbraio 1854 si firmò il primo decreto che regolamentava l'immigrazione in Messico, duecento coloni veneti, lombardi e piemontesi si stabilirono a Papantla, Veracruz, dove furono defraudati dalle autorità locali dopo un lungo viaggio da Genova a Veracruz. Sul suolo di Veracruz si studiò il comportamento e l'adattamento dei coloni cercando così la fondazione di nuove colonie di immigrati italiani. La colonia di Gutiérrez Zamora fu la prima che si consolidò come un eccellente progetto di immigrazione del Veneto; sul modello di questa se ne crearono altre dalla stesse caratteristiche negli altri stati del paese. Secondo l'INEGI (Istituto di statistica messicano) nel 2010 i nati in Italia e residenti in Messico erano 4.964 mentre i dati dell'AIRE aggiornati al 2012 quantificavano il numero di persone con passaporto italiano residenti in Messico in 13.409, l'immigrazione italiana non ha attecchito come nelle altre nazioni del Sudamerica (Brasile, Argentina, Uruguay e Venezuela).
L'emigrazione italiana è un fenomeno emigratorio su larga scala finalizzato all'espatrio che interessa la popolazione italiana, che ha riguardato dapprima l'Italia settentrionale e poi, dopo il 1880, anche il Mezzogiorno d'Italia, conoscendo peraltro anche consistenti movimenti interni, compresi cioè all'interno dei confini geografici del Paese. Sono stati tre i periodi durante i quali l'Italia ha conosciuto un cospicuo fenomeno emigratorio destinato all'espatrio. Il primo periodo, conosciuto come Grande Emigrazione, ha avuto inizio nel 1861 dopo l'Unità d'Italia ed è terminato negli anni venti del XX secolo con l'ascesa del fascismo. Il secondo periodo di forte emigrazione all'estero, conosciuto come Migrazione Europea, è avvenuto tra la fine della seconda guerra mondiale (1945) e gli anni settanta del XX secolo. Tra il 1861 e il 1985 hanno lasciato il Paese, senza farvi più ritorno, circa 18.725.000 italiani. I loro discendenti, che sono chiamati "oriundi italiani", possono essere in possesso, oltre che della cittadinanza del Paese di nascita, anche della cittadinanza italiana dopo averne fatto richiesta, ma sono pochi i richiedenti che risiedono fuori Italia. Gli oriundi italiani ammontano nel mondo a un numero compreso tra i 60 e gli 80 milioni. Una terza ondata emigratoria destinata all'espatrio, che è cominciata all'inizio del XXI secolo e che è conosciuta come Nuova Emigrazione, è causata dalle difficoltà che hanno avuto origine nella grande recessione, crisi economica mondiale che è iniziata nel 2007. Questo terzo fenomeno emigratorio, che ha una consistenza numerica inferiore rispetto ai due precedenti, interessa principalmente i giovani, spesso laureati, tant'è che viene definito come una "fuga di cervelli". Secondo l'anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE), il numero di cittadini italiani che risiedono fuori dall'Italia è passato dai 3.106.251 del 2006 ai 4.973.942 del 2017, con un incremento pari al 60,1%.
I ticinesi hanno sempre dovuto emigrare poiché le risorse locali erano insufficienti per soddisfare i bisogni di tutta la popolazione. Sovente l'emigrazione era stagionale o temporanea. Si andava a lavorare a Milano o nelle altre città italiane e poi si ritornava alla fine della stagione. Con lo sviluppo dei trasporti troviamo ticinesi anche in Francia, Gran Bretagna e altri paesi europei. Talvolta il soggiorno all'estero si prolungava per diversi anni e diventava definitivo.
La cucina argentina è caratterizzata dal prevalente utilizzo di carne e di farina di frumento. Nel corso del tempo, a seguito dei grandi flussi migratori, ha subito notevoli influenze, sia da parte dalla cucina italiana, che dalla cucina spagnola. Generalmente in Argentina non si cucina carne di cavallo, perché è considerato un animale da compagnia. Diversi alimenti sono di origine italiana o spagnola, benché le loro ricette, a volte inventate o rielaborate, hanno tratto il nome dalla approssimativa traduzione spagnola e italiana degli immigrati che le importarono. Notevole influenza ebbe anche la cucina francese; alcune ricette argentine inventate nel XX secolo possiedono nomi francesizzati. Gli argentini sono famosi per amare il cibo. Generalmente gli eventi conviviali consistono in un pasto condiviso, dove, attraverso la cena, si cementano amicizie, familiarità e integrazione. Il pasto familiare più importante della settimana è il pranzo domenicale, chiamato tradizionalmente "della famiglia unita", i cui piatti principali includono spesso l'arrosto o la pasta. I ristoranti argentini praticano una gran varietà di cucine, prezzi e sapori. Le grandi città tendono ad albergare tutto, da cucina internazionale di alto livello fino a bodegones (taverne tradizionali economiche), ristoranti meno eleganti, e bar e cantine che offrono una varietà di piatti a prezzi accessibili. L'Argentina è uno dei principali produttori di alimenti. È uno dei più importanti produttori di carne a livello mondiale (Cuota Hilton), specialmente carne di bovino e di altri generi di prodotti alimentari tra i quali grano, mais, latte e fagioli, oltre che, dagli anni '70, anche di soia. Il consumo medio annuale di carne di bovino, agnello e capretto in Argentina è approssimativamente di 56,5 kg per persona. Il consumo totale di carne in Argentina è di 93,7 kg pro capite. In alcune zone dell'Argentina, nel corso del XIX secolo, il consumo annuale di carne, specialmente di vacca, superava i 100 kg pro capite. Nonostante la vastità del territorio alcuni alimenti sono diffusi ovunque. In certe regioni si trovano anche alimenti tipici. Oltre alle differenze regionali, vi sono anche differenze tra alimenti che si consumano nelle grandi città, influenzati dalle tendenze della globalizzazione, e alimenti che si consumano nelle zone rurali, più tradizionali. Inoltre sono presenti alcune lievi differenze a seconda del livello sociale. Spesso sui piatti argentini, dolci esclusi, si fa uso di spezie, da quelle provenienti dall'Europa mediterranea, a quelle di origine asiatica, come il coriandolo, il pepe, la cannella o la noce moscata, e perfino dall'Europa Centrale, come la paprica e alcune indoamericane come i peperoni: peperoncino di Cayenna, pimentón, ají o morrón rosso, verde o giallo, quitucho e il locoto, chiamato anche cumbarí. Questi due ultimi peperoni sono molto piccanti: in spagnolo sono chiamati, putaparió o ají de la mala palabra (peperoni della brutta parola). Ciononostante la gastronomia argentina è, tra tutte le cucine extraeuropee, quella dai gusti più europei, di conseguenza, più delicati. I sapori piccanti sono normalmente, più vicini ai sapori dell'Europa Mediterranea e centrale piuttosto che a quelli di altri paesi dell'America Latina. Il consumo di sale e di zucchero raffinato, fino alla fine del 1980, era molto elevato, poi ha iniziato a ridursi.
L'Antartide Argentina (Antártida Argentina in spagnolo) è una regione dell'Antartide che l'Argentina rivendica come parte del suo territorio nazionale in contrasto con il trattato Antartico. La regione, che comprende la Penisola Antartica e una sezione triangolare che arriva fino al Polo sud, è delimitata dai meridiani 25° ovest e il meridiano 74° ovest, e si trova tra la latitudine 60° sud e il Polo sud.
L'America (AFI: /aˈmɛrika/), chiamata anche Continente Nuovo o Nuovo Mondo, è il continente della Terra che si estende completamente nell'emisfero occidentale. Secondo la letteratura geografica italiana, dell'Europa occidentale (escluse le Isole Britanniche) e dell'America latina, il continente americano è formato da due subcontinenti: l'America del Nord e l'America del Sud. La parte meridionale dell'America del Nord è detta America Centrale. Le varie parti del continente sono dette nel loro complesso, "le Americhe". Secondo la letteratura geografica di cultura inglese, cinese e russa, invece, l'America è considerata uno dei supercontinenti della Terra e le sue parti settentrionale e meridionale sono considerate continenti a sé stanti, separati dall'Istmo di Panama. Costituisce l'8,3% della superficie totale della Terra e il 28,4% delle terre emerse. Il rilievo è dominato dalle catene montuose delle Montagne Rocciose e delle Ande, entrambe poste lungo le coste occidentali del continente. Il lato orientale dell'America è dominato da grandi bacini fluviali, come il Rio delle Amazzoni, il Mississippi, e il Río de la Plata. L'estensione è di 14 000 km (8 699 mi) secondo l'orientamento nord-sud. Il clima e l'ecologia variano fortemente in America e vanno dalla tundra artica di Canada, Groenlandia e Alaska, alle foreste pluviali tropicali di America Centrale e America Meridionale. Quando l'America del nord e l'America del sud si unirono, 3 milioni di anni fa, si verificò il cosiddetto grande scambio americano, uno scambio intercontinentale che portò alla diffusione di molte specie viventi esistenti nelle due parti dell'America, come il puma, l'istrice, e il colibrì. Più di un miliardo di persone vivono in America (più del 14% della popolazione mondiale): i paesi più popolosi sono gli Stati Uniti d'America, il Brasile e il Messico, mentre le città più popolose sono Città del Messico, San Paolo e New York. I primi insediamenti umani provengono dall'Asia e risalgono a circa 13-14 000 anni prima dell'era volgare. Una seconda migrazione di popolazioni parlanti il na-dene si verificò successivamente, ancora dall'Asia. L'ulteriore successiva migrazione degli Inuit nell'area neoartica intorno al XXXVI secolo a.C. ha completato quello che è generalmente considerato come l'insediamento originario in America da parte dei popoli indigeni. I viaggi di Cristoforo Colombo tra il 1492 e il 1502 posero l'America in contatto permanente con le potenze europee (e successivamente, anche extraeuropee) del Vecchio Mondo, il che portò al cosiddetto "scambio colombiano". Le malattie introdotte da Europa e Africa devastarono i popoli indigeni, mentre le potenze europee colonizzarono l'America. L'emigrazione di massa dall'Europa, tra cui un gran numero di servi a contratto, e l'immigrazione forzata di schiavi africani in gran parte sostituirono i popoli indigeni. A partire dalla Guerra d'indipendenza americana nel 1776 e nel 1791, iniziò il processo di decolonizzazione dell'America e oggi quasi tutti i paesi americani sono indipendenti. L'eredità della colonizzazione e della dominazione europea è grande: l'America ha molti tratti culturali comuni con l'Europa, in particolare la predominante adesione al cristianesimo e l'uso delle lingue indoeuropee (principalmente spagnolo, inglese, portoghese e francese).