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Con l'espressione ‘questione della lingua’ si indica una disputa su quale modello linguistico adottare nella penisola italiana; sorta in ambito letterario, ebbe la sua fase più acuta agli inizi del Cinquecento, per poi protrarsi con alterne vicende (almeno) fino ad Alessandro Manzoni.
Il piemontese (nome nativo piemontèis, [pjemʊŋˈtɛjz]) è una lingua romanza appartenente al gruppo delle lingue gallo-italiche parlate nell'Italia settentrionale. Il piemontese è una lingua che possiede caratteristiche lessicali, fonetiche e morfo-sintattiche peculiari, che lo distinguono con una certa intensità all'interno del continuum, e lo differenziano nettamente dall'italiano e dal francese, lingue a cui è sovente associato per via della storia linguistica e della posizione geo-storica del Piemonte. È anche lingua di raccordo tra il lombardo e l'occitano. Nella regione Piemonte sono state utilizzate storicamente ben otto lingue, di cui quella che prende il nome di "piemontese" è l'unica ad essere centrata e racchiusa quasi interamente nel territorio della suddivisione amministrativa. La lingua piemontese è inoltre parte della memoria storica della colonizzazione gringa della pampa argentina. Dal punto di vista genealogico, il piemontese deriva dalla lingua latina innestata sugli idiomi celtici e celto-liguri dopo l'occupazione romana del Piemonte, con successivi contatti e apporti dalle lingue prossime e da quelle adottate come ufficiali. Come lingua scritta il piemontese si usa fin dal XII secolo (Sermoni subalpini), ma una vera koinè per uso letterario si è sviluppata solo nel Settecento, epoca che vide la nascita di una letteratura a carattere nazionale che toccò poco per volta tutti i generi: dalla lirica al romanzo, alla tragedia e all'epica. La grafia piemontese si basa sulla tradizione del Settecento; tuttavia dal Novecento gode di una normazione più precisa e completa che ha dato un non piccolo contributo alla stabilità e all'unità della lingua, contribuendo inoltre a codificare anche alcune varietà orali che avevano avuto tradizioni letterarie scarse o assenti. Il piemontese deve ritenersi una lingua regionale o minoritaria ai sensi della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, che all'articolo 1 afferma che per «lingue regionali o minoritarie si intendono le lingue [...] che non sono dialetti della lingua ufficiale dello Stato». È riconosciuto fra le lingue minoritarie europee dal 1981 (rapporto 4745 del Consiglio d'Europa) ed è inoltre censito dall'UNESCO, nell'Atlante delle lingue del mondo in pericolo, tra le lingue meritevoli di tutela. Va tuttavia segnalato che il riconoscimento dello status di minoranza linguistica non spetta né al Consiglio d'Europa, né al Parlamento europeo, essendo questo riconoscimento di esclusiva spettanza degli Stati firmatari dei singoli trattati europei. Lo stesso dicasi per l'UNESCO, che con il suo atlante delle lingue in pericolo non conferisce alcun riconoscimento di minoranza linguistica, ma si limita a segnalare gli idiomi che ritiene in pericolo di scomparsa. Il 15 dicembre 1999 il Consiglio regionale del Piemonte, nell'ordine del giorno contenente la richiesta al presidente della Repubblica di rinviare alle Camere la legge statale di tutela delle minoranze linguistiche storiche, ha ufficialmente riconosciuto il piemontese quale lingua regionale del Piemonte. Nel 2015 il Consiglio regionale del Piemonte ha inoltre attivato la versione in piemontese del proprio sito ufficiale. La legge regionale n. 11/2009 di valorizzazione del patrimonio linguistico del Piemonte è stata aggiornata nel 2016 a seguito della sentenza della corte costituzionale n. 170/2010 che ne aveva fortemente compromesso l'efficacia (dichiarava infatti incostituzionale il diritto arrogatosi dalla Regione Piemonte di «identificare e tutelare in maniera autonoma ed indiscriminata una propria "lingua" regionale»). Nella sentenza n. 81 del 20 marzo 2018 della Corte costituzionale viene ribadito che «il compito di determinare gli elementi identificativi di una minoranza da tutelare non può che essere affidato alle cure del legislatore statale, in ragione della loro necessaria uniformità per l'intero territorio nazionale. (…) In questa cornice (sentenza n. 170 del 2010) non è consentito al legislatore regionale configurare o rappresentare la propria comunità in quanto tale come minoranza. (…) Riconoscere un tale potere al legislatore regionale significherebbe, infatti, introdurre un elemento di frammentazione nella comunità nazionale contrario agli artt. 2, 3, 5 e 6 Cost.». Pur non essendo regolato ufficialmente da nessuna istituzione, il piemontese è materia di ricerca del Centro Studi Piemontesi - Ca dë Studi Piemontèis, fondato a Torino da Renzo Gandolfo nel 1969, che conduce ricerche sulla lingua, la letteratura e le sue varietà, e organizza i Rëscontr antërnassionaj per attirare allo studio della lingua altri accademici occidentali.
Gaio Mario (in latino: Gaius Marius, pronuncia classica o restituta: [ˈɡaː.ɪ.ʊs ˈmarɪ.ʊs]; nelle epigrafi: C·MARIVS·C·F·C·N; in greco antico: Γαίος Μάριος, Gaios Marios; Cereatae, 157 a.C. – Roma, 13 gennaio 86 a.C.) è stato un militare e politico romano, per sette volte console della Repubblica romana. Lo storico Plutarco gli dedicò una delle sue Vite parallele, raffrontandolo al re d'Epiro Pirro.
Il termine dizionario è usato con riferimento a due concetti. Può indicare: l'elenco alfabetico delle parole e delle locuzioni di una lingua (ed eventualmente anche altri elementi linguistici ad esso legati come ad esempio prefissi, suffissi, sigle, lettere) fornendone informazioni quali il significato, l'uso, l'etimologia, la traduzione in un'altra lingua, la pronuncia, la sillabazione, i sinonimi, i contrari (in questo senso, è detto anche lessico); un'opera che raccoglie, in modo ordinato secondo criteri anche variabili da un'opera all'altra, biografie e nozioni inerenti ad un particolare settore del sapere umano (una scienza, uno sport, un'arte, una tecnica ecc.) o anche il sapere umano nel suo complesso, fornendone una trattazione.
Con dialetto pavese, da alcuni definito anche pavese-vogherese, s'intende l'insieme non codificato delle parlate gallo-italiche diffuse nella provincia di Pavia. Il raggruppamento dei dialetti del Pavese sotto un'unica dicitura si presta tuttavia a difficoltà di classificazione, in quanto le diverse varietà locali subiscono l'influenza di quelli di province e regioni confinanti.
I cimbri costituiscono la minoranza etnica e linguistica attualmente stanziata in pochi centri sparsi nell'area montuosa compresa tra le province di Trento (Luserna), Vicenza (altopiano dei Sette Comuni, in particolare Roana), e Verona (Tredici Comuni, in particolare Giazza). Una minuscola isola cimbra, di origine più recente, si trova inoltre sull'altopiano del Cansiglio (province di Belluno e Treviso). Benché il loro idioma distintivo, la lingua cimbra, sia ormai in forte regressione e parlato solo da una sparuta minoranza, i cimbri possono comunque essere considerati un gruppo etnico a sé stante con usanze e tradizioni derivate dalla loro ascendenza germanica.
I Cimbri (in latino: Cimbri; in greco antico: Κίμβροι, Kímbrŏi) erano una tribù germanica o celtica che assieme ai Teutoni ed agli Ambroni invasero il territorio della Repubblica romana alla fine del II secolo a.C. I Cimbri erano popoli germanici, anche se alcuni ritengono che fossero di origine celtica. Le fonti antiche indicano la loro sede originaria nel nord dello Jutland, nell'attuale Danimarca, che nell'antichità era chiamata penisola cimbra (Κιμβρικὴ Χερσόνησος, Kimbrikḕ Chĕrsŏ´nēsŏs). Di loro lo storico romano Tacito scrisse nel 98 nella sua Germania:
La battaglia dei Campi Raudii, conosciuta anche come battaglia di Vercelli, fu combattuta nel 101 a.C. fra un esercito della Repubblica romana, comandato dal console Gaio Mario, e un corpo di spedizione formato da tribù germaniche di Cimbri, vicino all'insediamento di Vercellae, nel territorio di quella che a quel tempo era la Gallia Cisalpina o a Cimbriolo, nel mantovano. I Cimbri furono letteralmente distrutti, con più di 140.000 morti e 60.000 prigionieri, compresi moltissimi fra donne e bambini. Una gran parte del merito di questa vittoria fu attribuito a Lucio Cornelio Silla, legato del proconsole Quinto Lutazio Catulo, che comandava la cavalleria romana e degli alleati italici.
L'alfabeto italiano è l'insieme delle lettere usate nel sistema di scrittura alfabetico utilizzato per trascrivere i fonemi propri della lingua italiana. È composto da ventuno lettere. Nella pratica sono utilizzate anche altre 5 lettere (lettere straniere), per parole di derivazione per lo più straniera o latina; per l'insieme di tutte le 26 lettere si usa invece il termine alfabeto latino. In passato la lettera J (i lunga) faceva parte dell'alfabeto italiano, ma è caduta in disuso rimanendo nella toponomastica e in alcuni cognomi. È un sistema con una buona corrispondenza tra fonemi e simboli (grafemi), sebbene non perfetto.