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Le malattie neurodegenerative sono un insieme variegato di malattie del sistema nervoso centrale, accomunate da un processo cronico e selettivo di morte cellulare dei neuroni. A seconda del tipo di malattia, il deterioramento neuronale può comportare deficit cognitivi, demenza, alterazioni motorie, disturbi comportamentali e psicologici.
La malattia di Alzheimer-Perusini, detta anche morbo di Alzheimer, demenza presenile di tipo Alzheimer, demenza degenerativa primaria di tipo Alzheimer o semplicemente Alzheimer, è la forma più comune di demenza degenerativa progressivamente invalidante con esordio prevalentemente in età presenile (oltre i 65 anni). Nel DSM-5 viene nominata come disturbo neurocognitivo maggiore o lieve dovuto a malattia di Alzheimer (331.0). Si stima che circa il 50-70% dei casi di demenza sia dovuta a tale condizione, mentre il 10-20% a demenza vascolare. Il sintomo precoce più frequente è la difficoltà nel ricordare eventi recenti. Con l'avanzare dell'età possiamo avere sintomi come: afasia, disorientamento, cambiamenti repentini di umore, depressione, incapacità di prendersi cura di sé, problemi nel comportamento. Ciò porta il soggetto inevitabilmente a isolarsi nei confronti della società e della famiglia. A poco a poco, le capacità mentali basilari vengono perse. Anche se la velocità di progressione può variare, l'aspettativa media di vita dopo la diagnosi è dai tre ai nove anni.La patologia è stata descritta per la prima volta nel 1906, dallo psichiatra e neuropatologo tedesco Alois Alzheimer. Nel 2006 vi erano 26,6 milioni di malati in tutto il mondo e si stima che ne sarà affetta 1 persona su 85 a livello mondiale entro il 2050.La causa e la progressione della malattia di Alzheimer (Alzheimer's Disease, AD) non sono ancora ben compresi. La ricerca indica che la malattia è strettamente associata a placche amiloidi e ammassi neurofibrillari riscontrati nel cervello, ma non è nota la causa prima di tale degenerazione. Attualmente i trattamenti terapeutici utilizzati offrono piccoli benefici sintomatici e possono parzialmente rallentare il decorso della patologia; anche se sono stati condotti oltre 500 studi clinici per l'identificazione di un possibile trattamento per l'Alzheimer, non sono ancora stati identificati trattamenti che ne arrestino o invertano il decorso. Circa il 70% del rischio si ritiene sia genetico con molti geni solitamente coinvolti. Altri fattori di rischio includono: traumi, depressione o ipertensione. Il processo della malattia è associata a placche amiloidi che si formano nel SNC.Una diagnosi probabile è basata sulla progressione della malattia, test cognitivi con imaging medico e gli esami del sangue per escludere altre possibili cause. I sintomi iniziali sono spesso scambiati per normale invecchiamento. È necessaria la biopsia del tessuto cerebrale per una diagnosi definitiva. L'esercizio mentale e fisico possono diminuire il rischio di AD. Non esistono farmaci o integratori che scientificamente possano diminuire il rischio di AD.A livello preventivo, sono state proposte diverse modificazioni degli stili di vita personali come potenziali fattori protettivi nei confronti della patologia, ma non vi sono adeguate prove di una correlazione certa tra queste raccomandazioni e la riduzione effettiva della degenerazione. Stimolazione mentale, esercizio fisico e una dieta equilibrata sono state proposte sia come modalità di possibile prevenzione, sia come modalità complementari di gestione della malattia.. La sua ampia e crescente diffusione nella popolazione, la limitata e, comunque, non risolutiva efficacia delle terapie disponibili e le enormi risorse necessarie per la sua gestione (sociali, emotive, organizzative ed economiche), che ricadono in gran parte sui familiari dei malati, la rendono una delle patologie a più grave impatto sociale del mondo.Anche se il decorso clinico della malattia di Alzheimer è in parte specifico per ogni individuo, la patologia causa diversi sintomi comuni alla maggior parte dei pazienti. I primi sintomi osservabili sono spesso erroneamente considerati problematiche "legate all'età", o manifestazioni di stress. Nelle prime fasi, il sintomo più comune è l'incapacità di acquisire nuovi ricordi e la difficoltà nel ricordare eventi osservati recentemente. Quando si ipotizza la presenza di una possibile malattia di Alzheimer, la diagnosi viene di solito confermata tramite specifiche valutazioni comportamentali e test cognitivi, spesso seguiti dall'imaging a risonanza magneticaCon l'avanzare della malattia, il quadro clinico può prevedere confusione, irritabilità e aggressività, sbalzi di umore, difficoltà nel linguaggio, perdita della memoria a breve e lungo termine e progressive disfunzioni sensoriali.Poiché per la malattia di Alzheimer non sono attualmente disponibili terapie risolutive e il suo decorso è progressivo, la gestione dei bisogni dei pazienti diviene essenziale. Spesso è il coniuge o un parente stretto (caregiver) a prendersi in carico il malato, compito che comporta notevoli difficoltà e oneri. Chi si occupa del paziente può sperimentare pesanti carichi personali che coinvolgono aspetti sociali, psicologici, fisici ed economici.
La malattia di Crohn o morbo di Crohn, nota anche come enterite regionale, è una malattia infiammatoria cronica dell'intestino (MICI) che può colpire qualsiasi parte del tratto gastrointestinale, dalla bocca all'ano, provocando una vasta gamma di sintomi. Essa causa principalmente dolori addominali, diarrea (che può anche essere ematica se l'infiammazione è importante), vomito o perdita di peso, ma può anche causare complicazioni in altri organi e apparati, come eruzioni cutanee, artriti, infiammazione degli occhi, stanchezza e mancanza di concentrazione. La malattia di Crohn è considerata una malattia autoimmune, in cui il sistema immunitario aggredisce il tratto gastrointestinale provocando l'infiammazione, anche se viene classificata come un tipo particolare di patologia infiammatoria intestinale. Ci sono prove di una predisposizione genetica per la malattia e questo porta a considerare gli individui con fratelli ammalati tra gli individui ad alto rischio. La malattia di Crohn tende a presentarsi inizialmente negli adolescenti e nei ventenni, con un altro picco di incidenza tra i cinquanta e i settant'anni, anche se la malattia può manifestarsi a qualsiasi età. Non esiste ancora una terapia farmacologica risolutiva o una terapia chirurgica eradicante la malattia di Crohn. Le possibilità di trattamento sono limitate al controllo dei sintomi, al mantenimento della remissione e alla prevenzione delle ricadute. La malattia prende il nome dal gastroenterologo statunitense Burrill Bernard Crohn che, insieme a due colleghi nel 1932, ha descritto per primo una serie di pazienti con infiammazione dell'ileo terminale, solitamente la zona più colpita dalla malattia. Per questo motivo, la malattia è stata anche chiamata ileite regionale o enterite regionale.
La malattia di Parkinson, sovente definita come morbo di Parkinson, Parkinson, parkinsonismo idiopatico, parkinsonismo primario, sindrome ipocinetica rigida o paralisi agitante è una malattia neurodegenerativa. I sintomi motori tipici della condizione sono il risultato della morte delle cellule che sintetizzano e rilasciano la dopamina. Tali cellule si trovano nella substantia nigra, una regione del mesencefalo. La causa che porta alla loro morte è sconosciuta. All'esordio della malattia i sintomi più evidenti sono legati al movimento, ed includono tremori, rigidità, lentezza nei movimenti e difficoltà a camminare. In seguito possono insorgere problemi cognitivi e comportamentali, con la demenza che si verifica a volte nelle fasi avanzate, ad eccezione dei casi più precoci di demenza da corpi di Lewy, associati a prognosi più grave. La malattia di Parkinson è più comune negli anziani; la maggior parte dei casi si verifica dopo i 50 anni. I sintomi motori principali sono comunemente chiamati parkinsonismo. La condizione è spesso definita come una sindrome idiopatica, anche se alcuni casi atipici hanno un'origine genetica. Molti fattori di rischio e fattori protettivi sono stati indagati: ad esempio, l'aumento del rischio di contrarre la malattia nelle persone esposte ad idrocarburi, solventi e pesticidi. La patologia è caratterizzata dall'accumulo di una proteina, chiamata α-sinucleina, in inclusioni denominate corpi di Lewy nei neuroni e dall'insufficiente formazione di dopamina. La distribuzione anatomica dei corpi di Lewy è spesso direttamente correlata all'espressione e al grado dei sintomi clinici di ciascun individuo. La diagnosi nei casi tipici si basa principalmente sui sintomi, con indagini di neuroimaging come conferma. I moderni trattamenti sono efficaci per gestire i sintomi motori precoci della malattia, grazie all'uso di agonisti della dopamina e del levodopa. Col progredire della malattia, i neuroni dopaminergici continuano a diminuire di numero, e questi farmaci diventano inefficaci nel trattamento della sintomatologia e, allo stesso tempo, producono una complicanza, la discinesia, caratterizzata da movimenti involontari. Una corretta alimentazione e alcune forme di riabilitazione hanno dimostrato una certa efficacia nell'alleviare i sintomi. La chirurgia e la stimolazione cerebrale profonda vengono utilizzate per ridurre i sintomi motori come ultima risorsa, nei casi più gravi in cui i farmaci risultano inefficaci. La malattia prende il nome dal medico inglese James Parkinson, che pubblicò la prima descrizione dettagliata nel suo trattato An Essay on the Shaking Palsy nel 1817.Diverse importanti organizzazioni promuovono la ricerca e il miglioramento della qualità della vita delle persone affette dalla malattia. Alcuni pazienti famosi, come l'attore Michael J. Fox, il pugile Muhammad Ali, papa Giovanni Paolo II, i cantanti Alex Band, Peter Hofmann, Bruno Lauzi e il giornalista Vincenzo Mollica, hanno fatto crescere la consapevolezza della malattia nella società.
Con malattia autoimmune, in medicina, si indica l'alterazione del sistema immunitario che dà origine a risposte immuni anomale o autoimmuni, cioè dirette contro componenti dell'organismo umano, in grado di determinare un'alterazione funzionale o anatomica del distretto colpito. Vi sono almeno 80 tipi di malattie autoimmuni conosciute. Quasi tutte le parti dell'organismo possono essere coinvolte. I sintomi più comuni includono febbre di lieve entità e una sensazione di stanchezza. Spesso questi sintomi sono discontinui.La causa è generalmente sconosciuta. Alcune malattie autoimmuni, come il lupus, ricorrono nella storia famigliare e alcuni casi possono essere scatenati da infezioni o altri fattori ambientali. Alcune patologie comuni generalmente considerate di eziologia autoimmune includono la celiachia, il diabete mellito di tipo 1, la malattia di Graves,Endometriosi , le malattie infiammatorie intestinali, la sclerosi multipla, la psoriasi, l'artrite reumatoide e il lupus eritematoso sistemico. La diagnosi può essere difficile da determinare, in quanto molte di queste malattie presentano sintomi simili.Il trattamento dipende dal tipo e dalla gravità della condizione. Spesso vengono utilizzati farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e immunosoppressori. Occasionalmente può essere fatto ricorso anche all'immunoglobulina per via endovenosa o sottocutanea. Sebbene il trattamento solitamente migliori i sintomi, in genere non riesce a curare la malattia.Circa 24 milioni (il 7%) di statunitensi sono affetti da una malattia autoimmune. Le donne sono più comunemente interessate rispetto agli uomini e solitamente la condizione insorge durante l'età adulta. Le prime descrizioni delle malattie autoimmuni si ebbero all'inizio del XX secolo.
Una malattia (o patologia) è una condizione anormale di un organismo vivente, causata da alterazioni organiche o funzionali, che ne compromettono la salute. La patologia è la disciplina che si occupa dello studio delle malattie e delle loro basi fisiopatologiche ed eziogenetiche. La clinica è la disciplina che congiunge lo studio della patologia con la terapia, allo scopo di risolvere lo stato di malattia e ripristinare la funzionalità normale dell'organismo.
Una malattia trasmissibile sessualmente (nota anche con l'acronimo MTS) o infezione sessualmente trasmissibile (IST), in passato malattia venerea, nella medicina, indica una malattia infettiva che si trasmette principalmente per contagio diretto in occasione di attività sessuali, inclusi i rapporti orali e anali. La maggior parte delle MTS inizialmente non presenta sintomi e ciò si traduce in un maggior rischio di trasmetterle ad altre persone. I sintomi e i segni della malattia possono includere perdite dalla vagina, dal pene, dolore pelvico, ulcere intorno agli organi genitali o su di essi. Un'infezione sessualmente trasmessa acquisita prima o durante una gravidanza può causare danni al nascituro. Alcune malattie sessualmente trasmissibili possono causare problemi di sterilità.
La malattia professionale è un evento dannoso alla persona che si manifesta in modo lento, graduale e progressivo, involontario e in occasione del lavoro. Nella malattia professionale, diversamente che nell'infortunio, l'influenza del lavoro nella genesi del danno lavorativo è specifica, poiché la malattia deve essere contratta proprio nell'esercizio ed a causa di quell'attività lavorativa o per l'esposizione a quella determinata noxa patogena.
Il disturbo depressivo maggiore, noto anche come depressione clinica, depressione maggiore, depressione endogena, depressione unipolare, disturbo unipolare o depressione ricorrente (nel caso di ripetuti episodi) è una patologia psichiatrica o disturbo dell'umore, caratterizzata da episodi di umore depresso accompagnati principalmente da una bassa autostima e perdita di interesse o piacere nelle attività normalmente piacevoli (anedonia). Questo gruppo di sintomi (sindrome) è stato identificato, descritto e classificato come uno dei disturbi dell'umore nell'edizione del 1980 del manuale diagnostico edito dall'American Psychiatric Association. È una malattia invalidante che coinvolge spesso sia la sfera affettiva che cognitiva della persona, influendo negativamente in modo disadattativo sulla vita familiare, lavorativa, sullo studio, sulle abitudini alimentari e riguardo al sonno, sulla salute fisica con forte impatto dunque sullo stile di vita e la qualità della vita in generale. La diagnosi si basa sulle esperienze auto-riferite dal paziente, sul comportamento riportato da parenti o amici e un esame dello stato mentale. Non esiste attualmente un test di laboratorio per la sua diagnosi. Il momento più comune di esordio è tra i 20 e i 30 anni, con un picco tra i 30 e i 40 anni.Tipicamente i pazienti sono trattati con farmaci antidepressivi e spesso, in maniera complementare, anche con la psicoterapia. L'ospedalizzazione può essere necessaria quando vi è un auto-abbandono o quando esiste un significativo rischio di danno per sé o per altri. Il decorso della malattia è molto variabile: da un episodio unico della durata di alcune settimane fino ad un disordine perdurante per tutta la vita con ricorrenti episodi di depressione maggiore. La comprensione della natura e delle cause della depressione si è evoluta nel corso dei secoli, anche se è tuttora considerata incompleta. Le cause proposte includono fattori psicologici, psicosociali, ambientali, ereditari, evolutivi e biologici. Un uso a lungo termine e l'abuso di alcuni farmaci e/o sostanze, è noto per causare e peggiorare i sintomi depressivi. La maggior parte delle teorie biologiche si concentrano sui neurotrasmettitori monoamine come la serotonina, la norepinefrina e la dopamina, che sono naturalmente presenti nel cervello per facilitare la comunicazione tra le cellule nervose. In Italia la depressione colpisce, secondo uno studio condotto congiuntamente dalla AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) e dal Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pisa, circa undici milioni di persone, che quotidianamente assumono farmaci contro tale patologia. La percentuale di italiani che soffrono di depressione arriverebbe, dunque, secondo tale studio, quasi al 20 per cento della popolazione, con una incidenza di quattro volte la media europea.