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Il Simbolo niceno-costantinopolitano, detto anche Credo niceno-costantinopolitano, è una formula di fede relativa all'unicità di Dio, alla natura di Gesù e, implicitamente, pur senza usare il termine, alla trinità delle persone divine. Composto, in origine, dalla formulazione approvata al primo concilio di Nicea (325) (a cui vennero aggiunti ampliamenti, relativi anche allo Spirito Santo, nel primo concilio di Costantinopoli) esso fu redatto a seguito delle dispute che attraversavano la chiesa del IV secolo, soprattutto a causa delle teorie cristologiche di Ario (Arianesimo). Il simbolo niceno-costantinopolitano è ampiamente usato nella liturgia cristiana: viene infatti recitato durante la Messa. Il termine "simbolo" è derivato dal greco σύμβολον, che inizialmente aveva il senso di "tessera di riconoscimento" o contrassegno: due persone spezzavano una tessera di terracotta o un pezzo di legno e ne conservavano ognuno una delle due parti, così che, più tardi, il perfetto combaciare delle due parti messe insieme provava l'identità delle persone o dei rispettivi delegati. Così il simbolo della fede è la tessera o segno di riconoscimento tra i fedeli cristiani. Nella Chiesa dei primi secoli esisteva un rito chiamato Traditio Symboli (cioè Consegna del Simbolo, o Credo) con il quale la Chiesa, metaforicamente, "metteva insieme" (questo il senso della parola greca symbolon) e "consegnava" ai catecumeni una sorta di sintesi delle verità in cui crede.
Notte de chelu (nota anche con il titolo Es nadu su Bambinu) è una delle canzoni natalizie in lingua sarda più conosciuta. Il brano è tratto dalle Cantones de Nadale (Canzoni di Natale), che il poeta Pietro Casu aveva composto, nel dicembre del 1927, in occasione della novena di Natale, che furono presentate per la prima volta a Berchidda da una piccola orchestra e da un coro. Le cantones furono musicate dal sacerdote ozierese Agostino Sanna (1902-1982) che era stato organista e direttore della «Schola cantorum» nella Facoltà di teologia di Sassari. Nel 1967 il gesuita Paolo Gamba aveva fatto una trascrizione corale.
Kyrie eleison è una preghiera della liturgia cristiana. L'espressione è scritta in greco (Κύριε ἐλέησον) e Kyrie eleison è la traslitterazione dell'espressione in latino. Nella liturgia italiana è stata tradotta con Signore pietà; tuttavia, con maggiore aderenza, potrebbe essere tradotta anche come Signore, abbi benevolenza. Generalmente la formula è pronunciata secondo la pronuncia itacistica del greco, suonando così: [ˈkirie eˈlɛjson], o anche [ˈkirje eˈlɛjzon]; secondo la pronuncia erasmiana dovrebbe invece pronunciarsi: ['kyrie eˈleɛːson]. Vi sono espressioni simili in alcuni salmi e all'interno dei Vangeli: il Kyrie è la più antica testimonianza di uso liturgico cristiano, risalente al IV secolo nella chiesa di Gerusalemme, e al V secolo nella messa di rito romano. È usata come preghiera litanica e risposta a determinate invocazioni.