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Il termine neurolettico (o antipsicotico) indica una famiglia di psicofarmaci che agiscono su precisi obiettivi neurotrasmettitoriali (notoriamente diminuendo l’attività della dopamina nel cervello) e vengono principalmente utilizzati per il trattamento delle psicosi anche in fase acuta, della schizofrenia, della fase maniacale del disturbo bipolare e del disturbo borderline di personalità, degli stati di agitazione e a volte nel disturbo depressivo. Vengono anche definiti sedativi maggiori (in contrapposizione alle benzodiazepine dette tranquillanti minori). Sono storicamente raggruppati in due differenti classi in base al loro meccanismo di azione: quelli di prima generazione e quelli di seconda generazione, i quali presentano generalmente un miglior profilo di effetti collaterali e sono perciò più comunemente prescritti.
Materia medica è un termine medico latino per indicare il complesso di nozioni sulle proprietà terapeutiche di ogni sostanza utilizzata per la cura delle malattie. Il termine deriva dal titolo di un'opera del medico dell'antica Grecia Pedanius Dioscorides vissuto nel I secolo, De materia medica libre (Περὶ ὕλης ἰατρικῆς in lingua greca). Il termine materia medica venne usato dall'epoca dell'Impero Romano al XX secolo, ma è stato sostituito nel corso dell'ultimo secolo dal termine farmacologia.
La farmacognosia è una branca della farmacologia che si occupa dello studio di farmaci ricavati da fonti naturali. La Società italiana di farmacognosia (Siphar) la definisce come "una disciplina che tratta i prodotti di origine naturale impiegati come medicamenti o nella preparazione di medicamenti". Secondo la definizione dell'American Society of Pharmacognosy, il termine farmacognosia si riferisce allo studio delle proprietà fisiche, chimiche, biochimiche e biologiche di farmaci o sostanze medicinali o potenziali farmaci o potenziali sostanze medicinali di origine naturale, nonché alla ricerca di nuovi farmaci da fonti naturali. La farmacognosia è materia fondamentale per lo studente della facoltà di Farmacia e per corsi per Erbochimico.
Un farmaco biosimilare è una versione “alternativa” di un farmaco biologico già autorizzato per uso clinico (detto "farmaco originatore") al quale sia analogo per caratteristiche fisico-chimiche, efficacia clinica e sicurezza sulla base di studi di confronto. La biosimilarità è stata introdotta dagli enti regolatori del farmaco per individuare specialità farmaceutiche con bassa probabilità di differenze clinicamente significative rispetto al farmaco originatore ma equivalenti a esso: l'uguaglianza assoluta è impossibile da ottenere vista la complessità di struttura e di produzione dei farmaci biologici. Pertanto da un farmaco biosimilare bisogna attendersi che non sia inferiore all'originatore ma, allo stesso tempo, che non sia a esso superiore.