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L'Impero russo (in russo: Российская империя, Rossijskaja imperija), spesso indicato anche come Russia imperiale, fu l'organismo statale che per volontà di Pietro I il Grande (1682–1725) governò la Russia zarista dal 1721 fino alla forzata abdicazione di Nicola II (1894–1917) a seguito della rivoluzione di febbraio del 1917. Venne preceduto dal regno degli zar moscoviti e seguito dall'Unione Sovietica. Tutti gli zar dell'impero appartennero alla famiglia dei Romanov. Dal punto di vista territoriale fu il terzo Stato più esteso della storia: nel 1790 si estendeva su tre continenti (Europa, Asia e Nord America), confinando tanto con la Prussia quanto con la provincia del Canada (Impero britannico), affacciandosi sia sul mar Baltico che sull'oceano Pacifico. La superficie era di 23,7 milioni di km² (22,8 nel 1866), circa 1⁄6 di tutte le terre emerse del pianeta. Economicamente l'impero era pesantemente legato all'agricoltura, con una bassa produttività ed una forte presenza di servitù della gleba sino a quando questa non venne abolita definitivamente nel 1861. L'economia col tempo seppe industrializzarsi con l'aiuto di investimenti stranieri nelle ferrovie e nelle fabbriche. La terra venne perlopiù governata dalla nobiltà locale (boiardi) dal X al XVII secolo e formalmente era governata dall'imperatore (zar). Lo zar Ivan III (1462–1505) preparò il terreno per accogliere le riforme dei secoli successivi: egli triplicò il territorio del suo Stato, pose fine alla dominazione dell'Orda d'oro, rinnovò il Cremlino di Mosca e fondò le principali istituzioni dello stato russo. Lo zar Pietro il Grande (1682–1725) combatté numerose guerre e costruì un impero moderno e forte al punto da imporsi come una tra le maggiori potenze europee della sua epoca. Egli spostò la capitale da Mosca alla sua nuova città di San Pietroburgo e rimpiazzò i tradizionali e medievali modelli sociali e politici con un sistema razionalista ispirato al modello occidentale. Caterina la Grande (1761–1796) regnò durante l'epoca d'oro della Russia: ella si preoccupò di espandere rapidamente la nazione con la conquista, la colonizzazione e la diplomazia. Continuò l'opera di modernizzazione introdotta da Pietro il Grande seguendo linee europeiste. Lo zar Alessandro II (1855–1881) promosse numerose riforme tra cui quella relativa all'emancipazione di 23 milioni di servi nel 1861. La sua politica nell'Europa orientale fu quella di proteggere i locali cristiani ortodossi che si trovavano a vivere sotto il governo dell'Impero ottomano. Questo coinvolgimento ed altri portarono la Russia a entrare nella prima guerra mondiale nel 1914 e a schierarsi con Francia, Gran Bretagna e Serbia contro Germania, Austria e Impero ottomano. La Russia rimase una monarchia assoluta sino alla rivoluzione del 1905 e quindi divenne una monarchia costituzionale. L'impero collassò durante la rivoluzione di febbraio del 1917 in gran parte a causa della fallimentare partecipazione dello stato alla Grande guerra.
Alessandro III Romanov (in russo: Александр III Александрович?, Aleksandr III Aleksandrovič; San Pietroburgo, 10 marzo 1845 – Livadija, 1º novembre 1894) è stato imperatore di Russia dal 14 marzo 1881 fino alla sua morte. In politica interna prese decisioni autocratiche su amministrazione locale, ordine pubblico e istruzione, che in gran parte annullarono le riforme progressiste del padre Alessandro II. In politica estera si distinse per un marcato nazionalismo che lo portò ad un conflitto politico con l'Austria (crisi bulgara) e ad un allontanamento anche dalla Germania. Nel 1885 rischiò inoltre una guerra con la Gran Bretagna per una disputa territoriale in Asia centrale. Per motivi economici e strategici si avvicinò sempre più alla Francia con la quale, nel 1894, la Russia concluse un accordo difensivo (alleanza franco-russa). Tale accordo fu la base della coalizione che nella prima guerra mondiale portò il nome di Triplice intesa.
Aleksandr Pavlovič Romanov (in russo: Александр I Павлович Романов?; San Pietroburgo, 23 dicembre 1777 – Taganrog, 1º dicembre 1825), detto il Beato, fu imperatore di Russia dal 23 marzo 1801 fino alla morte. Era il figlio primogenito dello zar Paolo I di Russia e di Sofia Dorotea di Württemberg, figlia di Federico II Eugenio di Württemberg, che aveva assunto il nome di "Marija Fëdorovna", dopo la conversione. Sconfitto, più di una volta, da Napoleone Bonaparte, fu lui alla fine il vincitore definitivo sul corso, insieme agli alleati della Sesta coalizione, ed entrò per primo a Parigi pochi giorni prima dell'abdicazione dell'imperatore francese. Fu uno dei protagonisti del Congresso di Vienna.
La sesta stagione di Un medico in famiglia è andata in onda in prima visione su Rai 1 dal 20 settembre al 23 novembre 2009. Nel cast dei grandi ritorni: Giulio Scarpati nel ruolo del dottor Lele Martini, Pietro Sermonti nel ruolo del dottor Guido Zanin ed Ugo Dighero nel ruolo di Giulio Pittaluga. Confermato il resto del cast, anche se Lunetta Savino interpreta il personaggio di Cettina solo in alcuni episodi, Francesco Salvi esce di scena e Lino Banfi e Milena Vukotic interpretano rispettivamente Nonno Libero e Nonna Enrica solamente in 12 episodi su 26 (nella prima, quarta, sesta, settima, decima e tredicesima puntata, più la quinta per Enrica). C'è anche una novità di tipo tecnico: in questa stagione cambia la frequenza dei fotogrammi delle immagini. Dopo le prime cinque stagioni riprese a 25 fotogrammi al secondo interlacciati (qualità televisiva nel sistema PAL), questa sarà la prima stagione ad essere ripresa in 24p (scansione tipicamente cinematografica). Tra le new entry del cast: Gabriele Cirilli (è Dante Piccione, il fidanzato della colf Melina), Francesca Cavallin (che interpreta Bianca, la sorella di Giulio), Caterina Misasi (nei panni di Fanny, una dottoressa che perderà la testa per Lele) ed Emanuela Grimalda (nei panni della madre di Guido). Assenti invece Kabir Bedi (Nonno Kabir) e il suo nucleo familiare (di cui non si sa più nulla) con Shivani Ghai e David Sebasti, così come Alberto Foschi (Manuele Labate) e Rebby (Carlotta Aggravi), entrambi a Milano a cercare lavoro. La regia è di Tiziana Aristarco ed Elisabetta Marchetti. Sono assenti inoltre Mariano e Fausto (rispettivamente interpretati da Vincenzo Crocitti e Pino Ferrara), eliminati dalla serie a causa della morte degli attori che li interpretavano, ma tuttavia non si sa nulla sul motivo per cui i due personaggi non ci siano più. L'assenza di Mariano potrebbe essere giustificata dal suo matrimonio con Luz e quindi il loro trasferimento in Brasile. Non si sa nulla nemmeno di Jonis (Jonis Bascir). Inoltre la sigla iniziale del programma cambia sostituendo la precedente Ai Ai Ai che diventa da questa stagione in poi (in alcuni episodi) la sigla finale. Cast fisso: Giulio Scarpati (Lele Martini), Margot Sikabonyi (Maria), Pietro Sermonti (Guido Zanin), Francesca Cavallin (Bianca), Ugo Dighero (Giulio Pittaluga), Paolo Sassanelli (Oscar Nobili), Michael Cadeddu (Ciccio Martini), Eleonora Cadeddu (Annuccia), Beatrice Fazi (Melina), Gabriele Cirilli (Dante Piccione), Rosanna Banfi (Tea), Paola Minaccioni (Maura), Alessandro Bertolucci (Max Cavilli), Milena Vukotic (Enrica). Ricorrenti: Lino Banfi (Libero Martini), Anita Zagaria (Nilde), Alessandro D'Ambrosi (Davide Orsini), Caterina Misasi (Fanny), Emanuela Grimalda (Ave), Lunetta Savino (Cettina).
Caterina Maria Romula di Lorenzo de' Medici, nota semplicemente come Caterina de' Medici (Firenze, 13 aprile 1519 – Blois, 5 gennaio 1589), fu regina consorte di Francia, come moglie di Enrico II, dal 1547 al 1559, reggente dal 1560 al 1563. Nota come «la regina madre» per aver generato tre sovrani di Francia (Francesco II, Carlo IX, Enrico III), ebbe una grande e duratura influenza nella vita politica dello Stato.Il suo nome è legato alle guerre di religione che si combatterono in Francia negli anni del suo regno. Una sorta di leggenda nera che l'ha perseguitata da tempo immemorabile ne ha fatto una persona austera, vendicativa, attaccata al potere e persino malvagia, pronta a qualunque espediente pur di raggiungere i suoi scopi, secondo i dettami de Il Principe, che Niccolò Machiavelli aveva dedicato al padre. Nella moderna storiografia Caterina de' Medici viene considerata piuttosto una delle maggiori sovrane di Francia, sostenitrice della tolleranza civile, che, pur compiendo diversi errori di valutazione, tentò di seguire una politica di conciliazione con l'aiuto dei propri consiglieri, animata in primo luogo dal desiderio di assicurare la continuazione della dinastia Valois.Il suo ruolo nel massacro della notte di san Bartolomeo, tuttavia, contribuisce ancora oggi a farne un personaggio controverso.
Caterina Sforza (Milano, 1463 circa – Firenze, 28 maggio 1509) fu signora di Imola e contessa di Forlì, prima con il marito Girolamo Riario, poi come reggente per il figlio primogenito Ottaviano Riario. Figlia illegittima (poi legittimata) del duca Galeazzo Maria Sforza e dell'amante Lucrezia Landriani, Caterina crebbe nella raffinata corte di Milano. Si distinse fin da giovane per le azioni coraggiose e temerarie che mise in atto per salvaguardare da chiunque i propri titoli e onori, così come i propri possedimenti, quando i suoi Stati vennero coinvolti negli antagonismi politici. Nella vita privata si dedicò a svariate attività, fra le quali primeggiarono gli esperimenti di alchimia e la passione per la caccia e la danza. Negli affetti familiari fu un'attenta e amorevole educatrice per i suoi numerosi figli, dei quali solo l'ultimo, il famoso capitano di ventura Giovanni delle Bande Nere (nato Ludovico de' Medici), ereditò dalla madre la forte personalità. Fu piegata, dopo un'eroica resistenza, dalla furia conquistatrice di Cesare Borgia. Imprigionata a Roma, dopo aver riacquistato la libertà, condusse una vita ritirata a Firenze. Negli ultimi anni della sua vita confidò a un frate: «Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo».
Caterina II di Russia (in russo: Екатерина II Алексеевна?, traslitterato: Ekaterina II Alekseevna; Stettino, 21 aprile 1729 – Tsarskoe Selo, 17 novembre 1796), conosciuta come Caterina la Grande, fu imperatrice di Russia dal 1762 alla morte. Fu uno dei più significativi esempi di dispotismo illuminato, ma solo in via teorica. Nata a Stettino, Sofia Federica Augusta di Anhalt-Zerbst venne data in sposa, sedicenne, all'erede al trono dell'Impero russo, il granduca Pietro Fëdorovič, futuro Pietro III di Russia. Con un colpo di Stato detronizzò il marito alla fine della Guerra dei sette anni. Sotto il suo regno, l'Impero russo accrebbe la sua potenza e visse uno dei periodi di maggior riconoscimento a livello europeo. Volendo applicare al suo metodo di governo i principi illuministi, di cui era seguace, Caterina incominciò con la redazione di un nuovo codice ispirato alle idee degli enciclopedisti. Affidandosi ai suoi favoriti, in particolare a Grigorij Orlov e a Grigorij Potëmkin, ma anche assistita dal grande successo dei generali, come Pëtr Rumjancev e Aleksandr Suvorov, e ammiragli, come Fëdor Ušakov, espanse rapidamente l'egemonia russa: a ovest vi fu l'annessione del territorio maggiore, ottenuto dallo smembramento della Confederazione Polacco-Lituana; in seguito alle guerre russo-turche occupò la Crimea; all'estremo est incominciò la colonizzazione dell'Alaska. Ammiratrice di Pietro il Grande, Caterina continuò a modernizzare la Russia occidentale, secondo le idee dell'assolutismo illuminato: s'interessò ai problemi dell'istruzione, fondando il primo istituto d'istruzione superiore femminile in Europa, delle finanze e della creazione di nuove cittadine fondate su suo ordine. Tuttavia la sua politica comportò un aumento del numero dei servi della gleba, con conseguente malcontento popolare e lo scoppio di numerose rivolte, represse violentemente, come quella guidata dal cosacco Pugačëv. Nonostante queste ambiguità politiche, a causa dei suoi rapporti epistolari con vari filosofi illuministi, che ne elogiarono il governo, il periodo della dominazione di Caterina la Grande è considerato l'età d'oro dell'Impero russo. Fu sepolta nella Cattedrale di San Pietro e Paolo a San Pietroburgo.
La campagna italiana di Russia rappresentò la partecipazione militare del Regno d'Italia all'operazione Barbarossa, lanciata dalla Germania nazista contro l'Unione Sovietica nel 1941. L'impegno di prendere attivamente parte all'offensiva tedesca fu deciso da Benito Mussolini alcuni mesi prima dell'inizio dell'operazione, quando venne a conoscenza delle reali intenzioni di Adolf Hitler, ma fu confermato solo nella mattinata del 22 giugno 1941, non appena il dittatore italiano fu informato che quello stesso giorno le armate tedesche avevano dato il via all'invasione. Rapidamente divenne operativo un corpo di spedizione, forte di tre divisioni, precedentemente messo in allerta: denominato Corpo di spedizione italiano in Russia (CSIR), arrivò sul fronte orientale a metà luglio 1941. Inizialmente inquadrato nell'11ª Armata tedesca e poi nel Panzergruppe 1, il CSIR partecipò alla campagna fino all'aprile 1942, quando le esigenze del fronte richiesero l'invio di altri due corpi d'armata italiani che assieme al CSIR furono riuniti nell'8ª Armata o Armata Italiana in Russia (ARMIR). Schierata a sud, nel settore del fiume Don, l'8ª Armata assieme alla 2ª Armata ungherese e alla 3ª Armata rumena avrebbe dovuto coprire il fianco sinistro delle forze tedesche che in quel momento stavano avanzando verso Stalingrado. I rapidi capovolgimenti al fronte cambiarono il corso della battaglia; dopo l'accerchiamento delle forze tedesche a Stalingrado, la successiva offensiva sovietica iniziata il 16 dicembre 1942 travolse il II e il XXXV Corpo d'armata italiano (ex CSIR), che facevano parte dello schieramento meridionale dell'8ª Armata, e sei divisioni italiane assieme a forze tedesche e rumene furono costrette a una precipitosa ritirata, che anticipò l'odissea che coinvolse il Corpo d'armata alpino nel mese seguente. Il 15 gennaio 1943 una seconda grande offensiva sovietica a nord del Don travolse gli Alpini ancora in linea, i quali, mal equipaggiati e a corto di rifornimenti, iniziarono una ritirata nella steppa, incalzati dalle divisioni sovietiche e costretti a patire enormi sofferenze. La rotta costò alle forze italiane decine di migliaia di perdite e si concluse il 31 gennaio, quando la Divisione "Tridentina" raggiunse i primi avamposti tedeschi a Šebekino. Le operazioni di rimpatrio durarono dal 6 al 15 marzo e si conclusero il 24, ponendo fine alle operazioni militari italiane in Unione Sovietica.
Alessandro II Romanov (in russo: Александр II Николаевич Романов?, Aleksandr II Nikolaevič Romanov; Mosca, 29 aprile 1818 – San Pietroburgo, 13 marzo 1881) è stato imperatore di Russia e duca di Finlandia dal 2 marzo 1855 alla sua morte. Nel 1861 ottenne e firmò una controversa legge sull'emancipazione della servitù della gleba che determinò l'indipendenza della stragrande maggioranza dei contadini russi. Nel 1862 riformò l'amministrazione fiscale aumentandone l'efficienza. Nel 1863, dopo una serie di decisioni prima liberali poi repressive, riformò l'università migliorandone le finanze e l'autonomia dei docenti. Nel 1864 completò la conquista del Caucaso iniziata dai suoi predecessori nel 1817 e riformò l'esercito di modo da ottenere riserve più numerose ed efficienti. Nello stesso anno riformò l'amministrazione locale creando le assemblee elettive degli zemstvo, e promulgò la riforma dell'ordine giudiziario. In politica estera riuscì ad annullare le pesanti clausole imposte alla Russia dopo la guerra di Crimea e attuò in Asia una politica di espansione che portò l'Impero russo alla sua massima estensione territoriale. Cercò di coltivare l'amicizia della Prussia, del cui sovrano era nipote, e si trovò in contrasto con la Gran Bretagna sia per l'espansione russa in Asia, sia per l'attacco russo all'Impero ottomano del 1877. Nel 1863 e nel 1864 represse con la forza i moti nazionalisti in Polonia e in alcune province nord-occidentali della Russia. Morì a causa di un attentato.