Accedi all'area personale per aggiungere e visualizzare i tuoi libri preferiti
Le terre indigene (terra indígenas in portoghese), secondo la legislazione brasiliana, sono quelle occupate tradizionalmente dai popoli indigeni del Brasile, abitate in permanenza, utilizzate per le loro attività produttive, e imprescindibili per la conservazione delle risorse naturali necessarie per il loro benestare e la loro riproduzione fisica e culturale, in accordo con i propri costumi e tradizioni. I territori indigeni sono beni demaniali e non disponibili e i diritti degli indigeni su queste aree non hanno scadenza. Storicamente, i popoli che vivevano originalmente in Brasile hanno sofferto una serie di abusi da parte dei conquistatori europei che hanno portato molti di loro all'estinzione o verso un declino accentuato. Altri furono espulsi dalle loro terre e ancora oggi i loro discendenti non le hanno recuperate. I diritti degli indigeni alla preservazione delle loro origini culturali, alla proprietà delle loro terre e allo sfruttamento esclusivo delle risorse sono garantiti dalla Costituzione, ma nella pratica quotidiana la fruibilità concreta di questi diritti si rivela molto difficile e oggetto di controversie, spesso al centro di violenza, corruzione, assassinati, occupazione illegale di terre (grilagem) e altri crimini, che hanno dato origine a innumerevoli proteste, sia nazionali che internazionali, così come a interminabili dispute nelle aule dei tribunali e al Congresso nazionale del Brasile. La presa di coscienza degli indigeni cresce, acquisiscono una maggiore influenza politica, si organizzano in gruppi e associazioni e sono federati a livello nazionale; molti frequentano corsi di istruzione superiore e raggiungono posizioni da dove possono difendere i gli interessi dei propri popoli. Già esistono molte terre consolidate, molte altre sono in corso di demarcazione, altre sono minacciate da problemi ecologici e priorità politiche conflittuali, contribuendo al peggioramento del quadro complessivo e creando molte difficoltà di sopravvivenza a alcuni popoli. Secondo un gran numero di osservatori esterni e di autorità, i recenti passi in avanti, tra cui la notevole espansione delle aree dei territori demarcati e un tasso demografico crescente dopo secoli di costante declino, non compensano comunque i danni sopportati dagli indigeni per quanto riguarda una molteplicità di aspetti relativi alla questione fondiaria, mentre è lecito prevedere la possibilità di importanti passi indietro.
La Colombia (pronuncia italiana /ko'lombja/, pronuncia spagnola [ko̞ˈlõ̞mbjä]), formalmente Repubblica di Colombia (República de Colombia), è uno Stato della regione nord-occidentale dell'America Meridionale, la cui superficie è di 1 141 748 km² (2 070 408 km² se si aggiungono i 928 660 km² di estensione marittima). Delimitata a est da Venezuela e Brasile, a sud da Perù ed Ecuador e a nord-ovest da Panama, dal Mar dei Caraibi a nord e dal Pacifico a ovest, è l'unico paese sudamericano ad affacciarsi sui due oceani che bagnano il continente; fanno parte della Colombia le isole dell'arcipelago di San Andrés, Providencia e Santa Catalina; è il sesto Paese più esteso dell'America e il quarto per popolazione. La capitale è Bogotà. Il territorio che comprende l'attuale Colombia fu originariamente abitato da tribù di amerindi che migrarono dall'America Centrale e dai Caraibi. Le tribù principali furono muisca, quimbaya, tairona e zenu, appartenenti alle famiglie delle lingue arawakana, chibcha e caribe. Parte del sud fu abitato dagli Inca. Nel XV secolo i conquistadores spagnoli occuparono e colonizzarono il territorio istituendovi il vicereame della Nuova Granada. Nel 1819, con le campagne di Simón Bolívar, la Colombia ottenne l'indipendenza dalla Spagna insieme alle attuali Panama, Venezuela ed Ecuador, unite in una repubblica chiamata Gran Colombia. Tuttavia già nel 1830 la Grande Colombia si divise in seguito a guerre intestine che portarono alla separazione delle attuali Venezuela ed Ecuador. I territori oggi noti come Colombia e Panama emersero come Repubblica della Nuova Granada, successivamente si federarono con la Confederazione Granadina nel 1858, per formare poi gli Stati Uniti di Colombia nel 1863, fino al consolidamento dell'attuale repubblica centralista nel 1886. Nel 1903, dopo la Guerra dei mille giorni, si arrivò alla secessione del dipartimento di Panama. Nel 1932 la Colombia fu coinvolta in una guerra contro il Perù per la contesa di un vasto territorio denominato trapezio amazzonico, che fu risolta attraverso la mediazione della Società delle Nazioni. Nel 1948 incominciò un'epoca di tumulti sociali che condusse a una guerra civile la quale sfociò nell'attuale conflitto armato tra il governo e le formazioni paramilitari da un lato e trafficanti di droga e la guerriglia comunista dall'altro, e che produce come conseguenza decine di migliaia di morti, feriti, persone scomparse e milioni di sfollati, classificando la Colombia come uno dei Paesi più violenti del mondo e uno dei maggiori esportatori di droghe. Nonostante ciò la Colombia ha avuto istituzioni relativamente stabili, fatta eccezione per gli anni tra il 1953 e il 1957 in cui sperimentò un colpo di Stato militare che portò al governo del generale Rojas Pinilla. La Colombia è all'inizio del XXI secolo una potenza di media grandezza, con il PIL al terzo posto fra i paesi del Sud america, in cui è significativa la produzione di caffè e l'esportazione di fiori, carbone e petrolio. La maggioranza del bilancio dello Stato è assorbito dalle spese militari, che sostengono l'esercito più numeroso del continente in rapporto alla popolazione, il quale è impegnato nel conflitto armato contro le due guerriglie colombiane attualmente attive: le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) e l'Esercito di Liberazione Nazionale (ELN). Presenta una grande diversità culturale e una delle più ampie biodiversità del pianeta. La Colombia è una repubblica unitaria di tipo presidenziale; il potere legislativo è esercitato dal Congresso, composto da Senato (102 senatori) e Camera di consiglio (166 deputati).
I mexica (pron. mescìca; nahuatl: Mēxihcah [meːˈʃiʔkaʔ], singolare Mēxihcatl) o mexicas — meglio noti come aztechi nella storiografia occidentale - furono una delle grandi civiltà precolombiane, la più florida e viva al momento del contatto con gli Spagnoli. Provenienti dalla California settentrionale, si svilupparono nella regione mesoamericana dell'attuale Messico dal secolo XIV al XVI. Il nome con cui essi stessi si indicavano è "Mexica" o "Tenochca", e non Aztechi, non a caso Mexica è tuttora il termine usato per definire i loro discendenti; il termine azteco è invece stato coniato solo molti secoli dopo dal geografo tedesco Alexander von Humboldt per distinguere queste popolazioni precolombiane dall'insieme dei Messicani moderni. Spesso con il termine "azteco" ci si riferisce esclusivamente al popolo residente a Tenochtitlán (dove oggi si trova Città del Messico), situata su un'isola del lago Texcoco, che faceva riferimento a se stessa come Mēxihcah Tenochcah [meːˈʃiʔkaʔ teˈnot͡ʃkaʔ] o Cōlhuah Mēxihcah [ˈkoːlwaʔ meːˈʃiʔkaʔ]. Talvolta il termine comprende anche gli abitanti delle due principali città-stato alleate di Tenochtitlan, gli Acolhua di Texcoco e i Tepanechi di Tlacopan, che insieme con i Mexica formavano la Triplice alleanza azteca spesso conosciuta come "impero azteco". In altri contesti, "azteco" può riferirsi a tutti i vari stati della città e dei loro popoli che hanno condiviso gran parte della loro storia etnica e tratti culturali con i Mexica, con gli Acolhua e con i Tepanechi e che spesso utilizzavano la lingua nahuatl come lingua franca. In questo senso si può parlare di una civiltà azteca comprensiva di tutti i modelli culturali comuni per la maggior parte dei popoli che abitarono il Messico centrale nel periodo tardo post-Classico. A partire dal XIII secolo, la Valle del Messico è stata il cuore della civiltà azteca; qui la capitale della Triplice alleanza azteca, la città di Tenochtitlan, fu costruita su isole nel lago Texcoco. La Triplice Alleanza formò un impero tributario che espanse la propria egemonia politica ben oltre la Valle del Messico, conquistando altre città di tutto il Mesoamerica. Al suo apice, la cultura azteca vantava ricche e complesse tradizioni mitologiche e religiose, oltre ad aver raggiunto la capacità di realizzare notevoli manufatti architettonici e artistici. Nel 1521 Hernán Cortés, conquistò Tenochtitlan e sconfisse la Triplice alleanza azteca che al momento si trovava sotto la guida di Montezuma II (vedi Conquista dell'impero azteco). Successivamente, gli spagnoli fondarono il nuovo insediamento di Città del Messico sul sito della capitale azteca in rovina; da qui poi procedettero con il processo di colonizzazione dell'America Centrale. La cultura e la storia azteca sono conosciute principalmente attraverso le testimonianze archeologiche rinvenute negli scavi, come quello del famoso Templo Mayor a Città del Messico; da codici scritti su corteccia; da testimonianze oculari dei conquistadores spagnoli come Hernán Cortés e Bernal Díaz del Castillo; e soprattutto dalle descrizioni del XVI e XVII secolo della cultura e della storia scritti da ecclesiastici spagnoli e da letterati Aztechi, come il famoso Codice Fiorentino compilato dal frate francescano Bernardino de Sahagún con l'aiuto di informatori originari aztechi.
L'Ellenismo, nella storiografia moderna, indica quel periodo storico-culturale della storia del Mondo Antico «che segue le imprese di Alessandro (spedizione contro il regno persiano nel 334 a.C.) e arriva fino alla formale nascita dell'Impero Romano» con la morte di Cleopatra e con l'annessione dell'ultimo regno ellenistico, il Regno tolemaico d'Egitto, nel 30 a.C. con Ottaviano vincitore ad Azio nel 31 a.C.L'ellenismo è noto anche come età ellenistica o età alessandrina. Il suo tratto caratterizzante è la diffusione della civiltà greca nel mondo mediterraneo, eurasiatico e orientale, e la sua fusione con le culture dell'Asia Minore, dell'Asia Centrale, della Siria e della Fenicia, dell'Africa del Nord, della Mesopotamia, dell'Iran e dell'India, e la conseguente nascita di una civiltà, detta appunto «ellenistica», che fu modello per altre culture relativamente alla filosofia, economia, religione, scienza e arte. Geograficamente, il mondo ellenistico comprendeva una vasta area che andava dalla Sicilia e dall'Italia meridionale (Magna Grecia) all'India (Regno indo-greco) e dal Mar Nero (Regno del Bosforo Cimmerio) all'Egitto, zone in cui una versione della lingua greca antica, la koinè, divenne la lingua franca della politica, dell'economia e della cultura. La cultura ellenistica si fuse con la cultura romana e continuò ad esistere anche dopo la nascita dell'impero. In particolare dopo la conquista macedone dell'impero persiano, sorsero regni ellenistici in Medio Oriente (impero seleucide, regno di Pergamo, ecc.), Africa nord-orientale (regno tolemaico) e Asia meridionale (regno greco-battriano, regno indo-greco).
La spedizione perduta di Franklin fu un viaggio di esplorazione artica guidato dal Capitano Sir John Franklin partito dall'Inghilterra il 19 maggio 1845. Franklin, ufficiale della Marina britannica ed esperto esploratore, aveva già preso parte a tre precedenti spedizioni artiche, le ultime due come comandante in capo. Con la sua quarta e ultima, che intraprese all'età di cinquantanove anni, si proponeva di attraversare l'ultimo tratto del passaggio a nord-ovest, fino ad allora mai percorso. Dopo alcune traversie, le due imbarcazioni sotto il suo comando rimasero bloccate dai ghiacci nello stretto di Vittoria, nei pressi dell'Isola di Re Guglielmo nell'Artico canadese. Tutti i membri della spedizione, Franklin e 128 uomini, non furono mai più ritrovati. Spinto dalle pressioni di sua moglie, Jane Griffin (1791–1875) e di altri, nel 1848 l'Ammiragliato diede il via alle ricerche della spedizione scomparsa. Spinte sia dalla fama di Franklin che dalla ricompensa promessa dall'Ammiragliato a chi lo avesse ritrovato, diverse spedizioni si misero in seguito sulle sue tracce e a un certo punto, nel 1850, undici imbarcazioni britanniche e due statunitensi erano impegnate nelle ricerche. Diverse di queste imbarcazioni si diressero sulla costa orientale dell'Isola di Beechey, dove vennero trovati i primi resti della spedizione, tra cui le tombe di tre membri dell'equipaggio. Nel 1854, l'esploratore John Rae, mentre si trovava vicino alle coste dell'Artico canadese nei pressi dell'Isola Principe di Galles, raccolse da alcuni Inuit alcuni reperti della spedizione di Franklin e alcuni racconti sulla loro possibile sorte. Nel 1859, un'altra missione di ricerca, guidata da Francis Leopold McClintock, trovò sull'isola di Re Guglielmo un messaggio abbandonato con delle indicazioni sul destino della spedizione. Le ricerche continuarono per la maggior parte del XIX secolo. Nel 1981 un gruppo di scienziati guidato da Owen Beattie, professore di antropologia della University of Alberta, iniziò una serie di analisi scientifiche sulle tombe, sui corpi e sugli altri reperti lasciati dai membri della spedizione Franklin sull'isola di Beechey e di Re Guglielmo. Costoro conclusero che gli uomini, le cui tombe erano state ritrovate sull'isola di Beechey, erano molto probabilmente morti di polmonite o forse di tubercolosi e che il loro stato di salute poteva essere stato aggravato da un avvelenamento da piombo dovuto alla saldatura difettosa delle scatole di cibo in dotazione alla spedizione. In seguito, è stata avanzata l'ipotesi che tale avvelenamento non sia dipeso dal cibo in scatola ma dal sistema di desalinizzazione dell'acqua con cui erano state equipaggiate le due navi della spedizione. Segni di tagli su ossa umane trovate sull'isola di Re Guglielmo sono stati interpretati come indizi del fatto che si siano verificati episodi di cannibalismo. Il complesso degli studi effettuati suggerisce che l'ipotermia, la fame, l'avvelenamento da piombo e le malattie (tra le quali lo scorbuto) e in generale le condizioni ambientali estremamente ostili, affrontate senza un equipaggiamento e un'alimentazione adeguati, finirono per uccidere tutti i membri della spedizione. Dopo la scomparsa della spedizione, i media vittoriani, nonostante il suo evidente fallimento e i resoconti che parlavano di cannibalismo, dipinsero Franklin come un eroe. Furono scritte canzoni in suo onore e vennero erette statue che gli attribuivano la scoperta del passaggio a nord-ovest. La spedizione perduta di Franklin è stata soggetto di diverse opere d'arte, come canzoni, poesie, racconti e romanzi; è stata inoltre più volte raccontata da documentari televisivi. La serie televisiva The Terror riproduce in chiave horror la spedizione di Franklin.
Nunavut (in Inuktitut: ᓄᓇᕗᑦ) è il territorio del Canada più settentrionale e più vasto. Si estende su una superficie di poco più di 2.000.000 di km2, che corrisponde alla dimensione dell'Europa occidentale. Fu separato ufficialmente dai Territori del Nord-Ovest il 1º aprile 1999, per riconoscere l'identità di patria del popolo Inuit, attraverso il Nunavut Act e il Nunavut Land Claims Agreement Act, anche se i confini erano già stati tracciati nel 1993. La creazione di Nunavut ha portato al primo cambiamento nella mappa politica del Canada dopo l'incorporazione della provincia di Terranova e Labrador nel 1949. Nunavut comprende una parte importante del Canada settentrionale e la maggior parte dell'Arcipelago artico canadese. Il suo vasto territorio lo rende il quinto stato federale al mondo per ordine di grandezza, così come il secondo stato più grande del Nord America (dopo la Groenlandia). Il centro abitato di Iqaluit (precedentemente "Frobisher Bay"), che si trova nella parte sud-orientale dell'Isola di Baffin, è stata scelta attraverso plebiscito come capitale dello stato nel 1995. Altre comunità importanti nella regione sono Rankin Inlet e Cambridge Bay. Nunavut comprende anche l'Isola di Ellesmere che si trova nella parte più settentrionale dello stato, così come le porzioni orientali e meridionali dell'Isola Victoria ad ovest e la più lontana Isola Akimiski (Akimiski Island) nella Baia di James, che si trova nella parte sud-orientale dello stato. È l'unica regione geo-politica del Canada che non è collegata al resto del Nord America con vie di comunicazioni stradali. È una delle regioni più remote e scarsamente popolate del mondo con una popolazione di 35.944, principalmente Inuit. Nunavut è anche sede del centro abitato più settentrionale al mondo, Alert. Eureka, una stazione meteo che si trova nell'Isola di Ellesmere, ha la temperatura media annua più bassa di qualsiasi altra stazione meteorologica canadese. Il motto dello stato è Nunavut Sanginivut (in Inuktitut: Nunavut, nostra forza o Nostra terra, nostra forza).
Iqaluit (Inuktitut: ᐃᖃᓗᐃᑦ; [iqaːluit]; pronuncia francese: [ikalɥi]) è la capitale del Territorio Canadese di Nunavut. Più grande comunità e unica città del Territorio, fino al 1987 la città era conosciuta con il nome di Frobisher Bay, appellativo derivato dalla grande baia nella quale si trova la città. Nel 1999 Iqaluit divenne la capitale di Nunavut dopo la divisione dei Territori del Nord Ovest in due Territori distinti. Prima di questo evento, Iqaluit era una piccola città e non era conosciuta al di fuori del Canada, con una popolazione e una crescita economica molto limitata. Ciò è dovuto all'isolamento della città e alla pesante importazione di materie prime, come il resto del Territorio di Nunavut. Non ha collegamenti stradali, ferroviari e navali per gran parte dell'anno con il resto del Canada. La città ha un clima polare, influenzato dalle acque profonde e fredde della Corrente di Labrador che scorre fuori dall'isola di Baffin. Questo rende fredda la città di Iqaluit, anche se la città è ben al sud del circolo polare artico. I dati del censimento 2016 indicavano una popolazione di 7.740 persone (popolazione urbana: 7.082), con un incremento del 15,5% rispetto al censimento del 2011. Iqaluit è anche la più piccola città capitale di Provincia o Territorio in Canada. Gli abitanti di Iqaluit sono chiamati Iqalummiut (singolare: Iqalummiuq).
Giava (AFI: /ˈʤava/; in indonesiano: Jawa) è la meno estesa delle quattro grandi isole della Sonda, ma è il cuore dell'Indonesia, di cui è la parte più popolosa e sviluppata economicamente, con una superficie di 125.622 km², che sale a 132.174 km² con la vicina isola di Madura, amministrativamente e fisicamente congiunta all'isola principale. L'isola ha forma rettangolare allungata; misura in direzione est-ovest 1060 km, mentre la larghezza varia da 55 a 200 km. Situata tra 5° 52' e 8° 37' di latitudine sud, è separata da Sumatra dallo stretto della Sonda e da Bali dallo stretto omonimo. Fa parte dell'arco più meridionale ed esterno dell'Indonesia e si affaccia verso sud sulle grandi fosse dell'Oceano Indiano (fossa di Giava, 7725 m) e verso nord sul mare omonimo.
L'etnografia (dal greco: ethnos (έθνος) - "popolo", e grapho (γράφω) - "scrivo"; letteralmente "descrizione del popolo") è il metodo con cui operano le ricerche sul campo delle scienze etnoantropologiche. Il termine compare la prima volta nel 1767 in un libro dello storico tedesco Johann Friedrich Schöpperlin (1732-1772).Secondo la classificazione di Marcel Griaule: l'etnografia registra informazioni su diversi popoli, mentre l'etnologia costruisce, da queste descrizioni, dei sistemi coerenti. Fare etnografia significa recarsi tra coloro che si vuole studiare per un certo periodo di tempo, ed utilizzare alcune tecniche di ricerca (come l'osservazione o l'intervista) allo scopo di collezionare un insieme di dati che una volta interpretati, rendano possibile la comprensione della cultura in esame. Riti, rituali, cerimonie, norme, valori, credenze, comportamenti, artefatti, sono i principali fenomeni di interesse dell'etnografo, attraverso i quali la cultura si rende intelligibile. Sebbene il tedesco Gerhard Friedrich Müller sia considerato il padre dell'etnografia per la sua descrizione e categorizzazione di abbigliamento, religioni e rituali dei gruppi etnici siberiani compiuta dal 1733 al 1743, si ritiene che l'etnografia nasca come metodo dell'antropologia culturale sul finire del XIX secolo, quando le grandi potenze imperialiste, coinvolte nella colonizzazione diretta di gran parte dei paesi non occidentali, sviluppano specifici interessi conoscitivi in relazione alle strutture sociali e ai sistemi culturali delle popolazioni da esse controllate. I primi lavori etnografici si caratterizzano per un forte stile "realista", stile che sarà tipico dello struttural-funzionalismo, concezione che proprio a partire da queste prime esperienze sarà teorizzato negli studi antropologici seguenti i primi decenni del Novecento. Esempi di descrizioni etnografiche del periodo "classico" sono quelle di Bronisław Malinowski (Gli argonauti del Pacifico occidentale, 1922) e di E. E. Evans-Pritchard ("Stregoneria, oracoli e magia tra gli Azande", 1937; "I Nuer. Un'anarchia ordinata", 1940). Il significato del termine evolve parimenti a quello di cultura: verso gli anni sessanta e settanta del Novecento, autori come Clifford Geertz, in linea con l'epistemologia costruttivista di Peter L. Berger e Thomas Luckmann, contribuiscono a delineare il carattere riflessivo dell'etnografia postmoderna, considerata non più un metodo volto a scoprire realtà oggettive, bensì come il prodotto di una conoscenza situata. Le raccolte etnografiche hanno una lunga storia, hanno inizio con le wunderkammer e si sviluppano poi con le campagne di raccolta, dirette da antropologi; e, infine, sono confluite nella costruzione di importanti musei etnografici.