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La preghiera una delle pratiche comuni in molte religioni. Essa consiste nel rivolgersi alla dimensione del sacro con la parola o con il pensiero; gli scopi della preghiera possono essere molteplici: invocare, chiedere un aiuto, chiedere una grazia, chiedere perdono, lodare, ringraziare, santificare, o esprimere devozione o abbandono. La preghiera solitamente considerata come il momento in cui una persona 'parla' al sacro, mentre la fase inversa la meditazione, durante la quale il sacro che 'parla' alla persona. La preghiera pu essere vocale o mentale, personale o comunitaria, libera oppure liturgica; solitamente quest'ultima forma si ritrova come preghiera scritta (o comunque tramandata in qualche modo). La preghiera pu essere distinta anche in privata o pubblica: la prima viene fatta dai fedeli a nome proprio, la seconda viene fatta a nome della comunit (come l'ufficio divino dei cattolici, che viene recitato non in nome proprio, ma in nome di tutta la Chiesa). Una delle forme di preghiera pi diffuse il canto devozionale.
L'Atto di dolore (in latino, Actus contritionis) è una preghiera cristiana di tradizione cattolica, in cui si esprime il dolore per i peccati commessi. È spesso recitata in occasione del sacramento della Riconciliazione, dopo l'accusa dei propri peccati e prima dell'assoluzione. Nei libri di preghiera è generalmente indicata fra le orazioni quotidiane da recitare alla sera.
Nella religione ebraica il sacerdote o cohen, pl. cohanim (ebraico כּהן kohèn, pl. כּוהנים kohanîm) è una figura religiosa preposta all'esercizio del culto, detto "avodah", e alla mediazione dei rapporti con la divinità; risale in particolare al servizio sacrificale presso il Tempio di Gerusalemme. Il vocabolo kohèn viene usato nella Torah per riferirsi ai sacerdoti, sia ebraici che non-ebraici, come anche all'intera nazione ebraica nel suo complesso. Si citavano come sacerdoti anche i kohanim, evidentemente non ebrei, di Baal (2 Re 10:19). Durante l'esistenza del Tempio di Gerusalemme i kohanim officiavano l'offerta dei sacrifici quotidiani e associati alle Festività ebraiche. Attualmente i kohanim conservano uno status importante all'interno dell'ebraismo e sono vincolati da ulteriori restrizioni in base alle tradizioni dell'ebraismo ortodosso e dell'Halakhah (Legge ebraica). In breve, le uniche funzioni sacerdotali rimaste sono la benedizione sacerdotale e la riscossione del riscatto dei primogeniti; gli unici privilegi sacerdotali ancora in vigore sono l'onore loro dovuto, la precedenza nella salita prima del Levita con lettura della Torah nel culto sinagogale, che dovrebbe recitare chiunque venga chiamato alla lettura, ovviamente di religione ebraica. Secondo l'ebraismo ortodosso, con la distruzione del Secondo Tempio nel 70 e.v. e la cessazione dei sacrifici ebraici, la maggior parte delle funzioni sacerdotali è sospesa, in attesa della ricostituzione del III Tempio ad opera del Messia. Secondo i testi biblici, lo status di sacerdote è ereditario, riguardante i soli discendenti di Aronne e distinto da quello del profeta (uomo senza precise caratteristiche sociali, chiamato da Dio per parlare a suo nome) e da quello del levita (appartenente alla tribù di Levi con un ruolo cultuale subordinato a quello del sacerdote). Il culto fu svolto dai sacerdoti dapprima all'interno della "Dimora" (il santuario itinerante contenente l'Arca dell'Alleanza costruito da Mosè nel deserto), poi nel Tempio di Gerusalemme a partire dal X secolo a.e.v. Sono ricordati anche culti sacerdotali nelle "alture", cioè altari costruiti su colline sparsi nella Palestina, dove però spesso si infiltravano elementi cultuali pagani. Per questo Giosia, nella sua riforma religiosa del VII secolo a.e.v., accentrò il culto nel solo tempio di Gerusalemme.
Il rosario (dal latino rosārium, "rosaio") - che a partire dal XIII secolo acquisì il significato religioso indicante le preghiere che formano come una "corona", nell'accezione latina di corōna (ovvero ghirlanda di rose, alla Madonna) - è una preghiera devozionale e contemplativa a carattere litanico tipica del rito latino della Chiesa cattolica. La parola "rosario" deriva da un'usanza medioevale che consisteva nel mettere una corona di rose sulle statue della Vergine; queste rose erano simbolo delle preghiere "belle" e "profumate" rivolte a Maria. Così nacque l'idea di utilizzare una collana di grani (la corona) per guidare la meditazione. Nel XIII secolo, i monaci dell'Ordine cistercense elaborarono, a partire da questa collana, una nuova preghiera che chiamarono rosario, dato che la comparavano a una corona di rose mistiche offerte alla Vergine. Alla recita del rosario è connessa la possibilità di ottenere un'indulgenza, plenaria o parziale, alle condizioni previste dalla Chiesa cattolica. La preghiera è destinata a ogni persona per ottenere grazie e consolazioni per sé o per altri, per la diffusione delle buone azioni nel mondo, per la soluzione dei conflitti internazionali, per la conversione e la crescita spirituale. La preghiera, sia comunitaria che da soli, nella stanza di casa o in Chiesa, in qualsiasi momento della giornata, è un momento di pace e serenità che distoglie dalle preoccupazioni del vivere giornaliero, è un momento di comunicazione con la Divina Misericordia tramite le preghiere più belle. Le grazie risultano dall'esperienza non solo di santi e religiosi, ma anche di persone comuni che hanno lasciato testimonianza pubblica delle grazie ricevute richieste alla Vergine Maria. La preghiera del rosario è attualmente composta da 15/20 "misteri" (eventi, momenti o episodi significativi) della vita di Cristo e di Maria, raggruppati in "corone". Ogni corona comprende la meditazione di cinque misteri e la recita di cinquanta Ave Maria divise a gruppi di dieci (decine o "poste"). Essendo facoltativi i cinque misteri aggiunti da Giovanni Paolo II, si può affermare che la preghiera comprende dunque quindici misteri ("misteri gaudiosi", "misteri dolorosi" e "misteri gloriosi"). La versione integrale e classica della meditazione prevede la contemplazione di tutti i quindici misteri e quindi la recita, tra l'altro, di centocinquanta Ave Maria, con l'antichissima e voluta analogia con i centocinquanta salmi del Salterio. Dal 2002, con l'aggiunta facoltativa dei cinque "misteri luminosi", si contano venti "poste" per complessive duecento Avemarie. Il conto si tiene facendo scorrere tra le dita i grani della "corona del Rosario" o "rosario", scritto con l'iniziale minuscola allo scopo di distinguere l'oggetto dalla preghiera. Si recita nella lingua corrente o in lingua latina.
La prima guerra giudaica fu combattuta tra l'Impero romano ed Ebrei ribelli. Iniziò con una ribellione degli Ebrei nel 66, che riuscirono a infliggere una pesante sconfitta ai Romani e proseguì fino al 70, anno in cui le legioni di Tito entrarono a Gerusalemme dopo un lungo assedio, che si concluse con la distruzione del Secondo Tempio. L'ultimo episodio collegato alla guerra fu l'assedio di Masada, una piazzaforte ebraica che cadde in mani romane solo nel 73.
L'ebraismo (in ebraico: יהדות?) indica uno stile di vita sia una tradizione culturale diffusa all'interno del popolo ebraico, nelle varie comunità presenti in tutti i paesi del mondo. Come religione l'odierno ebraismo, detto anche ebraismo rabbinico, è l'evoluzione maggioritaria della religione biblica, frutto secondo la tradizione, dell'alleanza (Berit) tra Dio, indicato nella Torah con il nome di Yahweh, e il popolo ebraico. I suoi testi fondamentali sono la Torah, il Tanakh e la tradizione orale supplementare, rappresentata dai testi della Mishnah e del Talmud.
L'assedio di Gerusalemme dell'anno 70 d.C. fu l'episodio decisivo della prima guerra giudaica, sebbene il conflitto abbia avuto effettivo termine con la caduta di Masada nel 73. L'esercito romano, guidato da Tito Flavio Vespasiano (il futuro imperatore Tito) assediò e conquistò la città di Gerusalemme, occupata dai ribelli ebrei sin dall'inizio della rivolta, nel 66. Ecco come sintetizza il tutto Giuseppe Flavio, storico ebraico contemporaneo agli eventi: Durante l'assedio i Romani soffrirono per la mancanza di acqua, la cui fonte era lontana e di scarsa qualità. Lo stesso Tito venne colpito alla spalla sinistra da una pietra in modo così grave che ebbe problemi al braccio sinistro per il resto della vita. Ci furono anche diserzioni fra i soldati romani, depressi per il lungo assedio. Ma alla fine l'armata romana ebbe la meglio e si impadronì di Gerusalemme. La città e il suo tempio furono distrutti; la distruzione del principale tempio ebraico è ricordata ancora oggi nell'annuale festa ebraica della Tisha BeAv, mentre l'arco di Tito, eretto per celebrare il trionfo del generale romano, si trova tutt'oggi a Roma.