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Il Medio Oriente è una regione storico-geografica che comprende territori dell'Asia occidentale, europei (la porzione di Turchia ad est dello stretto del Bosforo) e nordafricani (Egitto) e in esso a volte è distinto anche il cosiddetto Vicino oriente: arabi, persiani e turchi costituiscono i maggiori gruppi etnici per numero di abitanti, mentre curdi, azeri, copti, ebrei, aramei, assiri, armeni, circassi, berberi ed altri gruppi formano minoranze significative, mentre le tre principali religioni monoteiste (Cristianesimo, Ebraismo e Islam) sono sorte proprio in quest'area.
Il Medioevo (o Medio Evo) è una delle quattro età storiche (antica, medievale, moderna e contemporanea) in cui viene convenzionalmente suddivisa la storia dell'Europa nella storiografia moderna. Il Medioevo è costituito da un periodo di circa mille anni. Alcuni storici indicano come suo avvio la morte dell'imperatore romano Teodosio (395), l'ultimo a governare l'impero unito; altri indicano invece la caduta dell'Impero romano d'Occidente (476). Tradizionalmente, il Medioevo si conclude con la scoperta dell'America da parte di Cristoforo Colombo (1492), evento che sancisce l’inizio dell'Età moderna. Il Medioevo è poi solitamente suddiviso in Alto e Basso Medioevo (nei paesi di cultura anglosassone si usa spesso distinguere anche un pieno Medioevo, concetto solitamente non utilizzato in Italia). Il concetto di Medioevo compare per la prima volta nel XV secolo, con i termini latini media aetas o media tempestas, con il significato di "età di mezzo", in ciò riflettendo l'opinione dei contemporanei, per cui tale periodo avrebbe rappresentato una deviazione dalla cultura classica, in opposizione al successivo Umanesimo e Rinascimento. Alcuni fenomeni tipici dei primi secoli, come il crollo demografico, la deurbanizzazione, il declino del potere centralizzato, le invasioni e le migrazioni di massa delle tribù, erano già iniziati nella tarda antichità. Come conseguenza delle invasioni barbariche del V secolo, in particolare di quelle dei vari popoli germanici, si vennero a formare nuovi regni nei territori che erano stati dell'Impero Romano d'Occidente. L'Impero Romano d'Oriente, invece, sopravvisse per tutta la durata del Medioevo, ed è generalmente oggi indicato con l'espressione "Impero bizantino"; nel VII secolo, però, l'Impero d'Oriente perse il Nord Africa e il Medio Oriente, passati sotto il dominio del Califfato degli Omayyadi, una dinastia islamica; ciò portò al fenomeno delle Crociate, durante le quali il mondo islamico e quello cristiano si scontrarono tra l'XI e il XIII secolo; la prima fu indetta nel 1095. Sebbene vi fossero stati cambiamenti sostanziali nella società e nelle strutture politiche, la rottura con l'antichità classica non fu completa: l'Impero Bizantino si considerava diretto successore dell'Antica Roma e il diritto romano era ancora la base legislativa fondamentale, ordinata nel Corpus Iuris Civilis; in Occidente, poi, la maggior parte dei nuovi regni utilizzava le istituzioni romane ancora esistenti. Il mito dell'antica Roma rimase sempre vivo, come mostra la fondazione nel IX secolo del Sacro Romano Impero da parte dei Franchi, che comprendeva gran parte dell'Europa occidentale e che, anche nel nome, si richiamava agli ideali di universalità tipici dell'Impero Romano. I rapporti che univano Europa, Asia ed Africa, interrotti dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, ripresero dopo il IX secolo, con la nascita delle repubbliche marinare. Dal punto di vista religioso, caratteristiche del Medioevo furono la diffusione sempre più capillare del Cristianesimo e dell'Islam, quest'ultimo nato nel VII secolo in Arabia e diffusosi nel Nord Africa ed anche in alcune aree dell'Europa meridionale. La religiosità medievale fu contraddistinta anche dalla fondazione di una fitta rete di monasteri, dalla nascita degli ordini mendicanti, dalla loro predicazione e dalla fondazione dei loro conventi. Dal punto di vista dell'organizzazione sociale, politica ed economica, un fenomeno tipico del Medioevo fu il feudalesimo (sviluppatosi in forme diverse in base al contesto ed al periodo storico), il sistema curtense, la diffusione ovunque dei castelli (in seguito al X secolo) e la nascita della classe dei cavalieri. Dopo il 1000, si fa convenzionalmente iniziare il Basso Medioevo. Durante questo periodo, la popolazione europea aumentò notevolmente, grazie alle innovazioni tecnologiche ed agricole che permisero al commercio di prosperare; i raccolti aumentarono, favoriti anche dal cosiddetto periodo caldo medievale. Le città, entrate in profonda crisi nell'Alto Medioevo, ripresero allora ad espandersi. La crescita di popolazione subì una grave battuta d'arresto tra il 1347 e il 1350, a causa della peste nera, che uccise circa un terzo degli europei. Nel Basso Medioevo iniziò il processo che portò alla formazione degli stati nazionali centralizzati. La vita intellettuale era segnata dalla scolastica, una filosofia che enfatizzava l'unione di fede e ragione. In questi anni iniziarono a nascere le prime università. Tra i fenomeni più significativi della cultura medievale, si ricordano la teologia di Tommaso d'Aquino, i dipinti di Giotto, la poesia di Dante e Chaucer, i viaggi di Marco Polo, le grandi cattedrali, l'arte romanica, l'arte gotica, l'arte bizantina.
Vicino Oriente è un'espressione che è propriamente usata per indicare la regione geografica, oggi per lo più arabofona, estesa dalla sponda orientale del Mar Mediterraneo all'Iran e alla Penisola Arabica esclusi. Termini connessi sono Levante e Asia Anteriore (delimitata tradizionalmente da Mediterraneo orientale, Mar Rosso, Golfo Persico, Hindu Kush, Mar Caspio e Mar Nero).
Il Cristianesimo in Medio Oriente ha una storia che risale fino al I secolo, alle stesse origini di questa fede; ed è stata una delle principali religioni della regione dai tempi dell'impero romano d'Oriente nel IV secolo fino all'espansione islamica degli arabi nel corso del medio e tardo VII secolo. In Medio Oriente il Cristianesimo si caratterizza con le sue differenti credenze e tradizioni, rispetto ad altre parti del Vecchio mondo; i cristiani costituiscono a tutt'oggi il 5% della popolazione mediorientale, dal 20% che erano nei primi anni del XX secolo. Il numero dei cristiani in Medio Oriente è in significativo calo a causa di fattori quali i bassi tassi di natalità, se confrontati con quelli musulmani, assieme a tassi sproporzionalmente alti di emigrazione sia religiosa sia etnica, a volte provocata dalla persecuzione religiosa. Inoltre i disordini politici dell'area sono stati e continuano ad essere uno dei fattori più importanti che spingono gli indigeni cristiani mediorientali delle varie etnie a spostarsi verso terre più sicure e alla ricerca di stabilità al di fuori dei loro paesi d'origine. La recente diffusione dell'ideologia del salafismo e del jihādismo, estranea ai valori tolleranti delle comunità locali in Siria e in Egitto, ha anche svolto un ruolo nella pluridecennale ma incerta esistenza pacifica dei cristiani.In proporzione il Libano ha il più alto tasso di presenza cristiana nel suo territorio, dove la percentuale è compresa tra il 39 e il 40,5%, seguito dall'Egitto con il 10% di cristiani, soprattutto copti. Il più grande gruppo cristiano in Medio Oriente è quello costituito dai copti di lingua araba i quali ammontano a 6-11 milioni di persone, anche se fonti copte sostengono una cifra più vicina ai 12-16 milioni di aderenti: i copti risiedono principalmente in terra egiziana, ma se ne trovano anche in Sudan e in Libia, con piccole comunità sparse in Israele, Cipro, Giordania, Libano e Tunisia. Il secondo più grande gruppo cristiano è quello dei maroniti, cattolici anch'essi di lingua araba, che assommano ad 1,1-1,2 milioni in tutta la regione, ma concentrati principalmente all'interno del suolo libanese; alcuni maroniti rifiutano un'identità etnica araba in favore di un patrimonio pre-arabo, cananeo o aramaico, a cui la maggior parte della popolazione libanese appartiene. In Israele, i maroniti vengono classificati come etnicamente siriaci/aramei e non come libanesi (insieme con le più piccole popolazioni cristiane di lingua aramaica di siro-ortodossi (vedi Chiesa ortodossa siriaca) e greco-cattolici (vedi Chiesa cattolica greca di rito bizantino)). Gli arabi cristiani, che per lo più discendono da tribù arabe cristianizzate, sono principalmente seguaci delle chiese ortodosse orientali (non calcedonesi) e se ne contano più di 1,5 milioni di unità; tra i cattolici, quelli di rito latino sono minoritari: la maggior parte dei cattolici sono, oltre che maroniti, anche melchiti, siriani e siro-malankaresi di rito antiocheno, siro-malabaresi e caldei (originari dell'Iraq) di rito caldeo, e armeni. I seguaci del protestantesimo sono circa 400.000.
La storia dell'Africa, secondo il modello paleoantropologico dominante, inizia con la Storia dell'umanità stessa: è infatti in questo continente che avviene la comparsa dell'Homo sapiens. Dall'Africa si sono altresì originate e da lì sono poi migrate, in epoche preistoriche e protostoriche, le prime culture umane, come la cultura litica olduvaiana, aree di pertinenza di paleontologia e archeologia. La storiografia basata sui ritrovamenti archeologici con documentazione scritta di varie culture, ci è nota a partire dalla nascita e lo sviluppo della civiltà egizia, del regno nubiano, di altri regni e società e della loro interazione. Dal VII secolo d.C., l'Africa ha ricevuto una forte influenza islamica, sia sulle coste orientali, sia in Egitto, nelle regioni del Maghreb e del Sahel. La tratta degli schiavi, avviata dagli Arabi sin dal X secolo e proseguita con maggiore intensità verso la tratta atlantica gestita dagli Europei dal XVI secolo in poi, ha interessato tutto il continente fino al XIX secolo e preceduto il colonialismo. Occorre però dire che nella zona di influenza islamica la schiavitù è rimasta una realtà viva sino ad oggi. La stagione delle indipendenze è iniziata nel 1951, quando la Libia è formalmente diventata una nazione libera. La storiografia che interessa l'Africa è stata a lungo appannaggio del pensiero culturale europeo. Dopo la pubblicazione, nell'ultimo quarto del XX secolo, della Cambridge History of Africa e della UNESCO General history of Africa (quest'ultima con la partecipazione di tutti i più importanti storici africani), si è giunti ad un nuovo approccio che tiene conto di documentazione prima non presa in considerazione.
La storia del colonialismo in Africa è stato un processo storico di occupazione territoriale del continente africano, in particolare della parte subsahariana, da parte di altre nazioni, la maggior parte europee, a partire dall'XI secolo circa, fino a raggiungere il proprio apice nella seconda metà del XIX secolo. Quest'ultima occupazione tuttavia, che prende il nome di colonialismo moderno, o imperialismo, fu un periodo di vera e propria "spartizione dell'Africa", e i cui protagonisti furono soprattutto Francia e Gran Bretagna e, in misura minore, Germania, Portogallo, Italia, Belgio, Spagna e Paesi Bassi. Pur riferendosi spesso a una presunta "missione civilizzatrice", soprattutto nei confronti di popoli relativamente arretrati dell'Africa subsahariana, le potenze coloniali si dedicarono soprattutto allo sfruttamento delle risorse naturali del continente. Soltanto in alcuni casi, la presenza europea in Africa portò a un effettivo sviluppo delle regioni, per esempio attraverso la costruzione di infrastrutture. Nei luoghi in cui si stabilirono comunità di origine europea (ad es. il Sudafrica), la popolazione locale fu, in genere, discriminata politicamente ed economicamente.
Lo schiavismo in Africa è un fenomeno le cui origini risalgono all'antichità e che durò fino alla fine del XIX secolo. Allo schiavismo autoctono diffuso nelle antiche civiltà africane come l'Impero di Songhai si aggiunse in un secondo tempo la pratica di catturare schiavi nell'Africa subsahariana per venderli altrove. Questo commercio avvenne storicamente lungo diverse direttrici: prima attraverso il Sahara verso il Nordafrica, poi dalle coste africane sull'Oceano Indiano verso i paesi arabi e l'oriente, e infine verso le colonie europee nelle Americhe. Per la maggior parte dei paesi africani, l'abolizione dello schiavismo, e quindi (teoricamente) la fine della tratta degli schiavi avvenne nell'epoca immediatamente precedente la spartizione coloniale del continente.
La Primavera di Praga (in ceco Pražské jaro, in slovacco Pražská jar) è stato un periodo storico di liberalizzazione politica avvenuto in Cecoslovacchia durante il periodo in cui questa era sottoposta al controllo dell'Unione Sovietica, dopo gli eventi successivi alla seconda guerra mondiale e nell'ambito della guerra fredda. Essa iniziò il 5 gennaio 1968, quando lo slovacco Alexander Dubček divenne segretario del Partito Comunista di Cecoslovacchia, terminando il 20 agosto dello stesso anno, quando un corpo di spedizione militare dell'Unione Sovietica e degli alleati del Patto di Varsavia invase il paese. Le riforme della Primavera di Praga furono un tentativo da parte di Dubček di concedere nuovi diritti ai cittadini grazie ad un decentramento parziale dell'economia e alla democratizzazione. Le libertà concesse inclusero un allentamento delle restrizioni alla libertà di stampa e di movimento. Dopo una discussione nazionale sulla possibilità di dividere il paese in una federazione di tre repubbliche, Boemia, Moravia-Slesia e Slovacchia, Dubček sostenne la decisione per la divisione della Cecoslovacchia in due nazioni distinte: la Repubblica Ceca e la Repubblica Slovacca. Questo è stato uno dei pochi cambiamenti - che sarebbe comunque divenuto operativo solo dopo la fine del blocco sovietico - che è sopravvissuto alla fine della Primavera di Praga. Le riforme, in particolare quelle per il decentramento delle autorità amministrative e le libertà di espressione, non furono assecondate dai sovietici che, dopo il fallimento dei negoziati, inviarono migliaia di soldati e carri armati del Patto di Varsavia ad occupare il paese. Si verificò una ondata di emigrazione verso i paesi dell'Europa occidentale, mentre le proteste non violente furono all'ordine del giorno, tra cui le proteste-suicidio dello studente Jan Palach e di altre persone che lo emularono. La Cecoslovacchia rimase occupata fino al momento della caduta del muro di Berlino che segnò la fine del blocco sovietico. Dopo l'invasione, la Cecoslovacchia entrò in un cosiddetto periodo di normalizzazione: i leader successivi ripristinarono le condizioni politiche ed economiche antecedenti a Dubček, grazie al controllo del Partito Comunista di Cecoslovacchia (KSČ). Gustáv Husák sostituì Dubček e divenne anche presidente, annullandone quasi tutte le riforme. La primavera di Praga ha ispirato la musica e la letteratura, come le opere di Václav Havel, Karel Husa, Karel Kryl e il romanzo di Milan Kundera: L'insostenibile leggerezza dell'essere. In Italia l'evento fu messo in musica dal cantautore Francesco Guccini (1970). La canzone, dal titolo Primavera di Praga, fu cantata e incisa anche dal complesso musicale Nomadi.
La primavera dei popoli, conosciuta anche come rivoluzione del 1848 o moti del 1848, fu un'ondata di moti rivoluzionari contro i regimi assolutisti, eredi dei moti del 1820-21 e del 1830-31, che sconvolsero l'Europa, nel 1848-49. Solo la Gran Bretagna vittoriana, in un periodo di stabilità politica ed economica (ma soprattutto grazie alle riforme elettorali del 1832 che pacificarono la classe borghese e scatenarono il cartismo) e la Russia (in cui all'opposto era praticamente assente una classe borghese e di conseguenza una opposta classe proletaria capace di ribellarsi) furono esentate delle rivoluzioni del 1848-49. In particolare la Russia fu esentata dalle innovazioni portate dalla primavera dei popoli. Scopo dei moti fu abbattere i governi della Restaurazione per sostituirli con governi liberali. Il loro impatto storico fu così profondo e violento che nel linguaggio corrente è entrata in uso l'espressione «fare un quarantotto» per sottintendere una improvvisa confusione, o scompiglio.