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Proteste in Thailandia del 2020

Le proteste del 2020 in Thailandia sono soprattutto una serie di grandi manifestazioni popolari contro il governo filo-militare e filo-monarchico di Prayut Chan-o-cha. Iniziarono nel febbraio 2020, ripresero vigore a partire dal 18 luglio successivo e sono tuttora in corso. I dimostranti, in gran parte giovani e studenti che non hanno un vero leader, chiedono tra le altre cose la riforma della monarchia nazionale, richiesta che non ha precedenti nella storia della Thailandia. Le proteste sono state espresse anche su internet e i social network hanno avuto un ruolo importante nella loro diffusione e nell'organizzazione delle dimostrazioni. Ebbero inizio verso fine febbraio per protestare contro la dissoluzione del Partito del Futuro Nuovo (PFN), compagine che aveva riscosso grande successo soprattutto tra i giovani e che era stata protagonista alle elezioni del 2019; in particolare il PFN fu molto critico verso Prayut e verso la Costituzione del 2017 stilata secondo le direttive dei militari. La prima ondata di proteste ebbe luogo esclusivamente nelle università e si concluse con i provvedimenti restrittivi presi dal governo a fine mese per fronteggiare la pandemia di COVID-19. Ripresero il 18 luglio con una grande dimostrazione al Monumento alla Democrazia di Bangkok organizzata dal gruppo Gioventù libera e le richieste principali furono lo scioglimento del Parlamento, la fine delle intimidazioni delle forze dell'ordine e una nuova costituzione. Tra le altre richieste che emersero dal movimento in questo periodo vi furono quelle per i diritti delle donne, del movimento LGBT e dei lavoratori, per la riforma dell'Istruzione pubblica, delle forze armate, del sistema giudiziario, e del sistema economico dominato da una ristretta cerchia di capitalisti, ecc. Anche queste proteste ebbero fine con nuovi provvedimenti presi contro la pandemia. Il 3 agosto due gruppi studenteschi raccolsero pubblicamente firme per la riforma della monarchia, rompendo un secolare tabù del Paese, dove le critiche in pubblico alla monarchia sono punite severamente. Una settimana dopo destarono scalpore le 10 richieste per la riforma della monarchia presentate dal movimento studentesco. Alla manifestazione del 19 settembre presero parte tra i 20 000 e i 100 000 dimostranti e fu descritta come una aperta sfida a re Vajiralongkorn. Vista l'imponente adesione alle proteste, il governo promise emendamenti alla Costituzione ma a fine mese il rinvio in Parlamento del voto per gli emendamenti alimentò il sentimento repubblicano tra la popolazione come mai era successo prima. Le grandi dimostrazioni del 14 ottobre portarono il governo a promulgare per Bangkok un duro stato di emergenza, sostenendo che una dimostrazione aveva bloccato un corteo reale. Il provvedimento estese ulteriormente i poteri delle autorità che già erano aumentati con il decreto di emergenza di marzo relativo alla pandemia. Nonostante i divieti, le proteste continuarono e il 16 ottobre la polizia le disperse usando cannoni ad acqua. Il decreto di emergenza della settimana prima fu revocato il 22 ottobre. Prayut convocò quindi la sessione speciale del Parlamento il 26 ottobre al termine della quale annunciò che non si sarebbe dimesso e che avrebbe presentato al Parlamento un progetto di legge per un referendum sugli emendamenti alla contestata Costituzione del 2017. In novembre vi fu una nuova seduta straordinaria del Parlamento per valutare eventuali modifiche alla Costituzione, migliaia di dimostranti si radunarono nei pressi del palazzo e vi furono violenti scontri sia con le forze dell'ordine che con gruppi di monarchici filo-governativi. I disordini causarono per la prima volta dall'inizio delle proteste il ferimento di decine di persone. Il Parlamento votò in favore di due proposte di modifica che non prevedevano emendamenti agli articoli relativi alle riforme di monarchia e Senato richieste dalle opposizioni.Il governo fin dall'inizio ha risposto alle proteste con l'incriminazione e la detenzione di diversi manifestanti (per aver violato il Decreto di emergenza), con le intimidazioni della polizia, l'impiego di unità speciali antiterrorismo dell'esercito, la censura dei media, la mobilitazione di gruppi filo-governativi e monarchici, e soprattutto schierando migliaia di poliziotti alle manifestazioni. Ha rinviato le decisioni da prendere in risposta alle richieste dei dimostranti, sostenendo che abbiano il supporto di governi stranieri e organizzazioni non governative impegnate in una cospirazione globale contro la Thailandia. L'esecutivo ha inoltre dato ordine agli organi direttivi di scuole e università di vietare agli studenti di chiedere riforme della monarchia e di identificare i leader delle proteste. Durante le proteste di ottobre, dopo il rientro del re da uno dei suoi abituali soggiorni in Germania, sono stati impiegati l'esercito e la polizia anti-sommossa che hanno eseguito arresti di massa.

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