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Epicuro (in greco antico: Ἐπίκουρος, Epíkouros, "alleato" o "compagno, soccorritore", in latino: Epicurus; Samo, 10 febbraio 341 a.C. – Atene, 270 a.C.) è stato un filosofo greco antico. Discepolo dello scettico democriteo Nausifane e fondatore di una delle maggiori scuole filosofiche dell'età ellenistica e romana, l'epicureismo, che si diffuse dal IV secolo a.C. fino al II secolo d.C., quando, avversato dai Padri della Chiesa subì un rapido declino, per essere poi rivalutato secoli dopo dalle correnti naturalistiche dell'Umanesimo, del Rinascimento e dal razionalismo laico illuminista.
De rerum natura ("Sulla natura delle cose" o anche semplicemente "Sulla natura") è un poema didascalico latino in esametri di genere epico-filosofico, scritto da Tito Lucrezio Caro nel I secolo a.C.; è composto di sei libri raggruppati in tre diadi. La tragica fine del sesto libro (la peste di Atene) ha fatto pensare all’incompiutezza dell’opera di Lucrezio poiché questa era in netto contrasto con l’inizio del primo libro (inno a Venere). Tuttavia il numero dei libri scritti da Lucrezio rientra nel filone epico-didascalico: infatti si attribuisce in genere l’appartenenza a questo filone delle opere composte da sei libri o multipli di sei. In questo poema il filosofo e poeta latino si fa portavoce delle teorie epicuree riguardo alla realtà della natura e al ruolo dell'uomo in un universo atomistico, materialistico e meccanicistico: si tratta di un richiamo alla responsabilità personale e di un incitamento al genere umano affinché prenda coscienza della realtà, nella quale gli uomini sin dalla nascita sono vittime di passioni che non riescono a comprendere. La principale fonte dell'epos lucreziano, infatti, è il Περὶ φύσεως (perì fuseos) di Epicuro. L'autore si assume il compito di fornire agli uomini gli strumenti per eliminare le paure e raggiungere l'atarassia, ovvero l'assenza di turbamento propria del saggio, l'unico capace di ottenere una vittoria razionale sui sentimenti.
La locuzione latina "Epicuri de grege porcus", tradotta letteralmente, significa "porco del gregge di Epicuro". Orazio, in una lettera al poeta Tibullo, la adoperò per definire se stesso, alludendo autoironicamente alle proprie abitudini gaudenti, e, con evidente forzatura anch'essa autoironica, al suo essere seguace dell'Epicureismo. La frase è divenuta proverbiale, a indicare persona eccessivamente dedita ai piaceri materiali.
L'epicureismo è la filosofia della scuola di Epicuro. Il termine ha nella storiografia filosofica due significati sovrapponibili ma non coincidenti. Da un lato esso sta ad indicare "la filosofia originaria di Epicuro", da un altro "la storia dei pensatori che, dalla sua enunciazione dal IV secolo a.C. al presente, si sono rifatti ad Epicuro": in altre parole, nel primo significa "il pensiero di Epicuro", nel secondo "la storia del pensiero dei seguaci di Epicuro", ed è questo il significato prevalente. La dottrina epicurea, di ispirazione atomista, s'innesta nel clima culturale ed etico dell'ellenismo che dopo la delusione politica seguita alla caduta della democrazia ateniese «subordina tutta la ricerca filosofica all'esigenza di garantire all'uomo la tranquillità dello spirito».Sul raggiungimento di questo obiettivo Epicuro fonda il suo pensiero su tre principi: «il sensismo, cioè il principio per il quale la sensazione è il criterio della verità e il criterio del bene (il quale ultimo s'identifica perciò col piacere); l'atomismo per il quale Epicuro spiegava la formazione e il mutamento delle cose mediante l'unirsi e il disunirsi degli atomi e la nascita delle sensazioni come l'azione di strati di atomi, provenienti dalle cose, sugli atomi dell'anima; il semi-ateismo per il quale Epicuro riteneva che gli dèi esistono sì, ma non hanno alcuna parte nella formazione e nel governo del mondo.»Caratteristica della filosofia epicurea è, in accordo con l'assetto del mondo ellenistico, il rifiuto della vita politica - non era più possibile il dibattito, poiché il potere era irraggiungibile - e degli onori.
Il termine autarchia, dal greco antico αὐτάρκεια, "autosufficienza", composto di αὐτός "stesso" e ἀρκέω "bastare", in filosofia assume rilievo soprattutto nella scuola cirenaica dove esprime l'ideale del «bastare a sé stessi», essere padroni di sé, cercando di dipendere il meno possibile dai condizionamenti delle cose mondane al fine di conseguire la felicità. Con il medesimo significato la parola si ritrova anche nella filosofia cinica, stoica, scettica ed epicurea. In realtà il termine è già citato nella filosofia precedente dove viene messo in rapporto con l'ideale dell'eudemonismo, il raggiungimento della felicità (εὐδαιμονία) tramite la conoscenza che per Socrate porta al razionale dominio sulle passioni.
Lucrezia (in latino: Lucretia; ... – Collatia, 509 a.C.) figlia di Spurio Lucrezio Tricipitino e moglie di Collatino, è una figura mitica della storia di Roma legata alla cacciata dalla città dell'ultimo re Tarquinio il Superbo.
L'atomismo è una teoria filosofica che presuppone una pluralità di costituenti fondamentali all'origine della materia fisica, che tenderebbero ad aggregarsi e disgregarsi prevalentemente per cause meccaniche. Perché questo modello sia valido, gli atomisti ritengono che il mondo naturale sia da separare in due aspetti: gli atomi indivisibili e il vuoto in cui si muovono.
Alla sera è un sonetto composto da Ugo Foscolo nel 1803 e inserito dall'autore in testa ai dodici sonetti nella definitiva edizione delle Poesie. Esso è, infatti, una sorta di premessa generale al momento di disagio umano e politico che Foscolo stava attraversando. La sera offre, nel suo silenzio immobile, una momentanea immagine del dileguarsi di ogni forma di vita; il crepuscolo non è più sentito dal poeta come una drammatica sfida al destino, bensì come il perdersi dolce del sensibile e della vita stessa.