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Paolo Emanuele Borsellino (Palermo, 19 gennaio 1940 – Palermo, 19 luglio 1992) è stato un magistrato italiano, vittima di Cosa nostra nella strage di via D'Amelio assieme ai cinque agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta e anche prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Assieme a Giovanni Falcone, collega e amico fino alla morte, Paolo Borsellino è considerato una delle personalità più importanti e prestigiose nella lotta alla mafia in Italia e a livello internazionale.
Khalid Shaykh Muhammad (Belucistan, 1º marzo o 14 aprile 1964 circa) è un terrorista pakistano. Khalid Shaykh Muhammad (in arabo: خالد شيخ محمد; traslitterato preferibilmente dai media come Khalid Shaikh Mohammed, oltre a essere noto con almeno 50 pseudonimi) è un prigioniero sotto custodia militare statunitense, imputato di atti di terrorismo, incluso l'omicidio di massa di civili. È stato citato in giudizio l'11 febbraio 2008 per crimini di guerra (U.S. v. Khalid Shaykh Muhammad, et al.) e per omicidio in virtù del Military Commissions Act del 2006 e rischia l'esecuzione capitale qualora fosse riconosciuto colpevole. Khalid Shaykh Muhammad è stato membro dell'organizzazione al-Qāʿida di Osama bin Laden, malgrado abbia vissuto in Kuwait anziché in Pakistan, guidando le operazioni di propaganda di al-Qāʿida per qualche tempo verso il 1999. Secondo il rapporto della Commissione sull'11 settembre è stato "il principale architetto degli attacchi dell'11 settembre". Si crede che egli abbia svolto, o che abbia confessato di aver svolto, un ruolo in molti dei più significativi complotti terroristici negli ultimi vent'anni, incluso l'attentato al World Trade Center del 1993, il complotto denominato Progetto Bojinka, un fallito attacco nel 2002 ai danni dell'U.S. Bank Tower di Los Angeles, l'attentato di Bali dello stesso anno, il fallito attentato all'American Airlines Flight 63, i Complotti del Millennio e l'assassinio di Daniel Pearl in Pakistan. Khalid Shaykh Muhammad è stato catturato a Rawalpindi (Pakistan) il 1º marzo 2003 dall'CIA/ISI, forse in azione congiunta con agenti del Servizio di Sicurezza Diplomatico statunitense e tradotto in un carcere americano, dove tuttora si trova. Nel settembre 2006, il governo USA ha annunciato di aver trasferito Khalid Shaykh Muhammad dal suo carcere segreto al campo di prigionia di Guantánamo Bay a Cuba. Human Rights Watch e lo stesso Khalid Shaykh Muhammad hanno denunciato il fatto che le autorità statunitensi lo avrebbero sottoposto a torture, un'accusa che è stata confermata dalle notizie divulgate il 4 febbraio 2008, allorché fu rivelato che era stato sottoposto alla controversa tecnica di "annegamento simulato", chiamato anche "waterboarding". Secondo le memorie legali prodotte dall'Amministrazione Bush, Ufficio di Consulenza Legale, Muhammad è stato immerso in acqua fin quasi alla morte per asfissia per 183 volte in un solo mese. Nel marzo 2007, dopo quattro anni di carcere, inclusi sei mesi nel campo di prigionia di Guantánamo, Khalid Shaykh Muhammad - come è stato affermato da un Tribunale per il riesame dello status di combattente a Guantanamo Bay - ha confessato di essere stato il principale progettista degli attentati dell'11 settembre 2001, del fallito attentato condotto da Richard Colvin Reid tramite esplosivo nascosto all'interno del tacco della propria scarpa a bordo di un aeroplano che volava sopra l'oceano Atlantico, dell'attentato di Bali del 2002 in un night club, dell'attentato al Trade Center del 1993 e di vari altri falliti attentati.L'8 dicembre 2008, Muhammad e quattro suoi difensori inviarono una nota al giudice militare in cui esprimevano il desiderio dell'imputato di confessare e di dichiararsi colpevole.
Joseph Bonanno, nato Giuseppe Bonanno, e soprannominato Joe Bananas (Castellammare del Golfo, 18 gennaio 1905 – Tucson, 11 maggio 2002), è stato un mafioso italiano naturalizzato statunitense, legato a Cosa nostra statunitense e capo della famiglia mafiosa di New York che porta il suo nome.
Giovanni Falcone è un film del 1993 diretto da Giuseppe Ferrara.
«Cosa nostra» (nel linguaggio comune genericamente detta mafia siciliana o semplicemente mafia) è un'espressione utilizzata per indicare un'organizzazione criminale di tipo mafioso-terroristico presente in Italia, soprattutto in Sicilia e in più parti del mondo. Questo termine viene oggi utilizzato per riferirsi esclusivamente alla mafia di origine siciliana (anche per indicare le sue ramificazioni internazionali, specie negli Stati Uniti d'America, dove viene identificata come Cosa nostra statunitense, sebbene oggi entrambe abbiano diffusione a carattere internazionale), per distinguerla dalle altre associazioni ed organizzazioni mafiose. Gli interventi di contrasto da parte dello Stato italiano si sono fatti più decisi a partire dagli anni ottanta del XX secolo, attraverso le indagini del cosiddetto "pool antimafia" creato dal giudice Rocco Chinnici e in seguito diretto da Antonino Caponnetto. Facevano parte del pool anche i magistrati Giuseppe Di Lello, Leonardo Guarnotta, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Cesare Battisti (Cisterna di Latina, 18 dicembre 1954) è un ex terrorista e scrittore italiano attivo durante gli anni di piombo come membro del gruppo Proletari Armati per il Comunismo. Evaso dal carcere di Frosinone nel 1981 dopo essere stato condannato a 12 anni in primo grado per banda armata, è stato condannato in seguito in contumacia all'ergastolo, con sentenze passate in giudicato, per quattro omicidi, due commessi materialmente, due in concorso con altri. Ha ricevuto asilo fuori dei confini italiani come rifugiato politico e ha svolto l'attività di scrittore di romanzi di genere noir.Prima della sua ammissione di colpevolezza, avvenuta nel marzo del 2019, Battisti aveva sempre affermato la propria innocenza per quanto riguardava gli omicidi. Trascorse la prima fase della sua latitanza in Messico e in Francia, dove beneficiò a lungo della dottrina Mitterrand, si sposò ed ebbe due figlie, ottenendo la naturalizzazione, poi revocata prima di ottenere il passaporto, infine in Brasile dal 2004 al 2018. Arrestato nel paese sudamericano nel 2007, Battisti è stato detenuto in carcere a Brasilia fino al 9 giugno 2011. Ha scontato in totale circa sette anni di carcere. Inizialmente gli fu concesso lo status di rifugiato, poi revocato. Il 31 dicembre 2010 il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva annunciò il rifiuto dell'estradizione in Italia e concesse il diritto d'asilo e il visto permanente (status di "residente permanente"). Della questione tuttavia fu investito il Tribunale supremo federale brasiliano, su sollecito della nuova presidente del Brasile Dilma Rousseff, che l'8 giugno 2011 negò l'estradizione, con la motivazione che avrebbe potuto subire "persecuzioni a causa delle sue idee". Battisti fu quindi scarcerato, dopo aver scontato la pena per ingresso illegale tramite documenti falsi, rimanendo in libertà fino al 12 marzo 2015, giorno in cui viene nuovamente arrestato dalle autorità brasiliane in seguito all'annullamento del permesso di soggiorno, ma viene rilasciato quasi subito. Nell'ottobre 2017 è di nuovo tratto in arresto al confine con la Bolivia, ma scarcerato poco dopo. Nuovamente latitante dal dicembre 2018, dopo la revoca dello status di residente permanente e l'ordine di estradizione del presidente Michel Temer, il 12 gennaio 2019 viene arrestato a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, da una squadra dell'Interpol (team composto da Polizia italiana, Criminalpol e Antiterrorismo) e il 14 gennaio è trasferito in Italia nel carcere di Oristano, e successivamente nel carcere di Rossano dove sconterà l'ergastolo. Il 25 marzo 2019 ammette per la prima volta le proprie responsabilità per i crimini imputatigli: si dichiara infatti colpevole di tutti i reati per cui è stato condannato e chiede scusa ai familiari delle vittime. Nell'agosto 2020 anche l'ex presidente del Brasile, Lula, ha chiesto scusa ai familiari delle vittime sostenendo di aver sbagliato nel dare asilo politico a Battisti.
Calcedonio Di Pisa (Palermo, 11 ottobre 1931 – Palermo, 26 dicembre 1962) è stato un mafioso italiano noto anche come "Doruccio" era il capo della famiglia mafiosa del quartiere Noce di Palermo. Fece parte della prima "Commissione", un organismo di coordinamento di Cosa Nostra in Sicilia. Così Di Pisa viene descritto da Norman Lewis: Di Pisa era dedito soprattutto al contrabbando di sigarette i cui proventi investiva nella fiorente speculazione immobiliare, conosciuta come il sacco di Palermo, durante il governo di Salvo Lima come sindaco di Palermo. Il rispetto di cui godeva Di Pisa nel mondo mafioso si esprimeva anche nella sua partecipazione alla serie di incontri tra i vari boss a Palermo dal 12 al 16 ottobre 1957 presso l'Hotel delle Palme e il ristorante di pesce Spanò dove egli ebbe modo di farsi conoscere dai mafiosi americani Joseph Bonanno, Lucky Luciano, John Bonventre, Frank Garofalo, Santo Sorge e Carmine Galante e da quelli siciliani come Salvatore "Ciaschiteddu" Greco e suo cugino Salvatore Greco noto come "l'ingegnere" o "Totò Il lungo", Giuseppe Genco Russo, Angelo La Barbera, Gaetano Badalamenti e Tommaso Buscetta . Agli inizi del 1962 i fratelli La Barbera, Cesare Manzella, Salvatore Greco, "Cicchiteddu", e il suo cugino omonimo "Totò il lungo", avevano finanziato una spedizione di eroina, che era stata affidata a Di Pisa che doveva controllare che tutto si svolgesse come previsto e che la merce partisse senza intoppi per gli Stati Uniti D’America. Di Pisa al momento della consegna del denaro ai finanziatori sostenne che i compratori lo avevano truffato corrispondendogli una somma inferiore a quella stabilita mentre i boss di Brooklyn sostenevano che solo una parte del quantitativo di eroina pattuito era stata loro consegnata. I sospetti inizialmente caddero sul cameriere della nave che aveva consegnato l’eroina e poi sullo stesso Di Pisa. I soci dell'affare chiesero una riunione della Commissione che doveva decidere sul caso. La commissione, pur sospettando che Di Pisa avesse ricevuto una somma inferiore a quella stabilita perché aveva venduto un quantitativo inferiore di eroina, tenendosene una parte per sé, scelse di non giudicarlo colpevole per evitare una guerra tra le famiglie mafiose. Questa decisione non soddisfò i La Barbera, che non nascosero il loro malcontento . Le tensioni latenti riguardo agli affari illeciti e al controllo del territorio sfociarono nell'uccisione di Di Pisa (26 dicembre 1962) nella Piazza Principe di Camporeale a Palermo mentre andava da un tabaccaio. Tre uomini gli spararono con un fucile a canne mozze e una pistola. Nessuno dei presenti nella piazza, interrogati dalla polizia, affermò di aver sentito i colpi Si ruppe così la fragile tregua raggiunta tra i principali mafiosi palermitani del tempo ed ebbe inizio la Prima guerra di mafia. L'omicidio di Di Pisa era stato ordinato da Michele Cavataio (capo della Famiglia dell'Acquasanta, che voleva farne ricadere la responsabilità sui fratelli Angelo e Salvatore La Barbera (mafiosi di Palermo Centro): accadde infatti che, dopo l'assassinio di Di Pisa, Salvatore La Barbera rimase vittima della «lupara bianca» su ordine della "Commissione" e ciò scatenò una serie di omicidi, sparatorie ed autobombe. Cavataio approfittò della situazione di conflitto per sbarazzarsi dei suoi avversari alleandosi con i boss Pietro Torretta ed Antonino Matranga (rispettivamente capi delle Famiglie dell'Uditore e di Resuttana). Gli omicidi compiuti da Cavataio e dai suoi associati culminarono nella strage di Ciaculli (30 giugno 1963), in cui morirono 4 uomini dell'Arma dei Carabinieri, 2 dell'esercito italiano, e un sottufficiale del Corpo delle Guardie di P.S. (attuale Polizia di Stato). dilaniati dall'esplosione di un'autobomba che stavano disinnescando e che era destinata al mafioso rivale Salvatore "Cicchiteddu" Greco (capo del "mandamento" di Brancaccio-Ciaculli).
Alphonse Gabriel "Al" Capone, detto Scarface (New York, 17 gennaio 1899 – Miami Beach, 25 gennaio 1947), è stato un mafioso statunitense considerato un simbolo del gangsterismo americano e della crisi della legalità che gli Stati Uniti ebbero ad affrontare durante il proibizionismo.