Accedi all'area personale per aggiungere e visualizzare i tuoi libri preferiti
La storia del pensiero economico si occupa dello sviluppo dell'economia politica dalle origini ai giorni nostri, con le sue varie teorie o visioni del sistema economico. In prima approssimazione, si possono individuare le seguenti fasi: antichit classica (soprattutto nella Grecia antica) e Medioevo; la formazione degli stati nazionali e la nascita dell'economia politica in senso moderno; la rivoluzione industriale e l'economia classica; l'affermazione dell'economia di mercato e l'economia neoclassica; la Grande depressione del 1929 e l'economia keynesiana; approfondimenti e nuove proposte; la stagflazione e il monetarismo; sviluppi recenti.Gli storici del pensiero economico valutano in modi diversi sia le singole scuole, sia il loro succedersi. Vi un punto di vista "cumulativo", secondo il quale si avuto e continua un progressivo avvicinamento alla verit e, pertanto, la storia del pensiero economico deve essere storia delle verit economiche . Vi anche un punto di vista "competitivo", secondo il quale l'esistenza di diverse scuole mostra che sono possibili approcci diversi allo studio dei fenomeni economici, nessuno dei quali nettamente preferibile agli altri. Qualsiasi teoria economica, quindi, pu essere criticata o perch migliorata da altre successive, o perch basata su un approccio non condiviso da altre. La sintetica esposizione che segue ricca di riferimenti ad altre voci, alle quali si rinvia per approfondimenti e valutazioni critiche. Le varie correnti di pensiero della storia economica hanno influenzato profondamente le relative politiche economiche adottate dai vari Stati nazionali nel corso della storia moderna e contemporanea.
I paesi in via di sviluppo sono quei paesi le cui economie sono in pieno sviluppo economico a partire da uno stato di sottosviluppo o un'economia di transizione. Sebbene non abbiano ancora raggiunto lo status di paesi sviluppati, sono avanzati più di altri che sono ancora considerati paesi sottosviluppati. I paesi in via di sviluppo sono, secondo alcuni autori come Walter Whitman Rostow, paesi in transizione da molteplici stili di vita tradizionali allo stile di vita moderno dalla rivoluzione industriale in Inghilterra nel XVIII e XIX secolo. Un paese sottosviluppato potrebbe essere considerato in via di sviluppo o addirittura emergente: Quando supera un certo livello di sviluppo umano, superiore a 0,800 HDI (Indice di sviluppo umano), Ha un reddito pro capite generalmente superiore a 8000 dollari, Ha una certa dimensione di economia o distribuzione economica nonostante non abbia HDI superiore a 0,800 o un reddito pro capite elevato, come nel caso di: Cina, India, Indonesia e altri.Il cambiamento sociale è comune in questi paesi, dove le popolazioni rurali migrano verso le città. Sono paesi che hanno uno standard di vita relativamente alto, una base industriale in via di sviluppo e un indice di sviluppo umano che può essere medio o alto.Nella maggior parte dei paesi emergenti esiste un livello di povertà e alti tassi di formazione del capitale. Lo sviluppo richiede infrastrutture moderne (sia fisiche che istituzionali) e l'allontanamento da settori a basso valore aggiunto come l'agricoltura e l'estrazione di risorse naturali. In confronto, i paesi sviluppati di solito hanno sistemi economici basati su una crescita economica continua e autonoma nei settori terziario e terziario avanzato, oltre ad avere standard di vita elevati.
Il neoliberismo è un indirizzo di pensiero economico che, in nome delle riconfermate premesse dell’economia classica, denuncia le sostanziali violazioni della concorrenza perpetrate da concentrazioni monopolistiche all’ombra del laissez-faire e chiede pertanto misure statali atte a riaffermare l'effettiva libertà di mercato e a garantire con ciò il rispetto anche delle libertà politiche. Gli economisti neoliberisti, come gli austriaci Friedrich von Hayek e Ludwig von Mises e il francese Jacques Rueff, non insistono tuttavia più sugli ipotetici vantaggi della libera concorrenza, ma sugli inconvenienti pratici dell’intervento dello Stato, ritenuto facile a degenerare in costrizione, pesante, sempre tardivo e spesso inefficace.Dal punto di vista filosofico, esso sarebbe parzialmente associabile alle teorie libertarie, se non che i termini liberista e neoliberista sono talvolta utilizzati con una connotazione dispregiativa. Ambo i termini esistono solo in lingua italiana: il primo di essi fu coniato dal filosofo Benedetto Croce a metà del XX secolo, mentre il secondo è entrato in uso nell'ultimo decennio dello stesso. Il termine liberismo è spesso stato assimilato sin dalle origini crociane alle conseguenze economiche del pensiero politico liberale. Tuttavia, il liberalismo attribuisce all'autorità pubblica e al diritto proprio il compito (esclusivo) di difendere le libertà individuali, tra cui anche quelle economiche. L'essenza economica del liberalismo fu enunciata nel modo più esplicito dall'economista austriaco Eugen von Böhm-Bawerk: "Un mercato è un sistema giuridico, in assenza del quale l'unica economia possibile è la rapina di strada".
Il Ministero dello Sviluppo economico (MISE) è il dicastero del governo italiano che comprende politica industriale, commercio internazionale, comunicazioni ed energia. È stato istituito nel 2006, a seguito della riorganizzazione del Ministero delle attività produttive (fino al 2001 Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato), al quale nel 2008 sono stati accorpati il Ministero delle Comunicazioni e il Ministero del Commercio internazionale. La sede principale è sita presso Palazzo Piacentini, in via Vittorio Veneto. L'attuale ministro è Stefano Patuanelli, in carica dal 5 settembre 2019.
Il liberismo (chiamato anche liberalismo economico, liberismo economico o libertà di mercato) è un sistema economico nel quale lo Stato si limita ad assicurare funzioni pubbliche che non possono essere soddisfatte per iniziativa individuale e a garantire, con norme giuridiche, la libertà economica ed il libero scambio, ad offrire beni che non sarebbero prodotti a condizioni di mercato per assenza di incentivi. È considerato il risultato dell'applicazione in ambito economico delle idee politiche e culturali liberali, sulla base dell'assunto di base che democrazia vuol dire anche libertà economica, coniato da Friedrich August Von Hayek. I filosofi del diritto di orientamento liberista, come ad esempio Bruno Leoni, si considerano in antitesi col pensiero del filosofi del diritto di orientamento statalista Hans Kelsen.
In macroeconomia il ciclo economico è l'alternanza di fasi caratterizzate da una diversa intensità dell'attività economica di un paese o di un gruppo di paesi economicamente collegati.
L'anarco-capitalismo, chiamato anche anarco-liberismo, anarchia di mercato, anarchia del libero mercato, capitalismo libertario o anarchismo della proprietà privata, è uno degli orientamenti della filosofia politica liberale e anarco-individualista (di area libertariana), e della filosofia giuridica giusnaturalista contemporanea, ed è presente principalmente nel mondo anglosassone, sebbene non manchino oggi importanti esponenti anarco-capitalisti tedeschi, francesi, italiani e di altre nazionalità. Si tratta di un'ideologia politica che propone l'abolizione dello Stato a favore della sovranità individuale sotto il libero mercato. Il principale riferimento intellettuale per l'anarco-capitalismo è l'opera dell'economista e filosofo della politica Murray Rothbard (1926 - 1995). Apparsa sulla scena statunitense nel corso degli anni sessanta, questa teoria politica propone l'instaurazione di una società priva di tassazione, dove ogni servizio venga offerto dai privati tramite spesa volontaria e nella quale sia eliminato ogni ricorso alla coercizione attraverso il superamento dello Stato, ritenuto intrinsecamente autoritario. L'anarco-capitalismo affonda le radici nella tradizione liberale e liberista, definendosi l'unica possibilità di dare un contenuto realistico e coerente alla proposta di abolire lo Stato e la violenza che è insita in esso.