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Autore principale: Hoshino, Hidetoshi
Pubblicazione: Firenze : [s.n.], 1985
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: analitico, Lingua: ita, Paese: IT
L'Impero ottomano od osmanico (ufficialmente Sublime Stato ottomano), noto anche come Impero turco (in lingua turca ottomana دَوْلَتِ عَلِيّهٔ عُثمَانِیّه, Devlet-i ʿAliyye-i ʿOsmâniyye; in turco moderno Osmanlı Devleti o Osmanlı İmparatorluğu; in arabo: الدَّوْلَةُ العُثمَانِيَّة, al-Dawla al-ʿUthmāniyya), è stato un impero turco che è durato 623 anni, dal 1299 al 1922, arrivando al suo apice a controllare buona parte dell'Europa sud-orientale, dell'Asia occidentale e del Nord Africa. Fu uno degli imperi più vasti della storia e il più vasto del suo tempo nel XVII secolo. Venne fondato, in continuità con il sultanato selgiuchide di Rum, alla fine del XIII secolo nell'Anatolia nordoccidentale dal guerriero Osman I. Successivamente al 1354, i successori di Osman attraversarono l'Europa e, con la conquista dei Balcani, i beilicati turchi d'Anatolia vennero trasformati in un impero transcontinentale. Nel 1453 gli ottomani misero fine all'impero bizantino grazie alla conquista di Costantinopoli per opera di Maometto II il Conquistatore. Tra il XVI e il XVII secolo, sotto il regno di Solimano il Magnifico, l'impero arrivò all'apice del potere diventando un'entità politica multiculturale, multilinguistica e multietnica che controllava un vastissimo territorio, esteso dai confini meridionali del Sacro Romano Impero alle periferie di Vienna e della Polonia a nord, fino allo Yemen e all'Eritrea a sud; dall'Algeria a ovest fino all'Azerbaigian a est, controllando gran parte dei Balcani, del Vicino Oriente e del Nordafrica. Nei secoli ben sette guerre turco-veneziane caratterizzarono i rapporti tra l'impero ottomano e la Repubblica di Venezia, partner privilegiati nei commerci ma nemici perenni per il controllo del Mediterraneo ed in particolare della Grecia. Avendo Costantinopoli come capitale e un vasto controllo sulle coste del Mediterraneo, l'impero fu al centro dei rapporti tra Oriente e Occidente per circa cinque secoli. Anche dopo la morte di Solimano l'impero continuò a mantenere un'economia flessibile e forte per tutto il XVII e gran parte del XVIII secolo; tuttavia, il lungo periodo di pace che andò dal 1740 al 1768 comportò un certo rallentamento nello sviluppo del suo sistema militare che divenne nel tempo più arretrato rispetto a quelli in forza ai suoi rivali. Di conseguenza, tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo gli ottomani subirono gravi sconfitte militari che li indussero ad avviare un processo completo di riforma e modernizzazione dello stato, noto come Tanzimat. Nonostante questo andarono incontro a ulteriori perdite territoriali, specialmente nei Balcani dove nacquero nuovi stati indipendenti. Alleatisi con l'impero germanico all'inizio del XX secolo, nella speranza di sfuggire all'isolamento diplomatico che aveva contribuito alle sue recenti sconfitte, gli ottomani combatterono nella prima guerra mondiale dalla parte delle potenze centrali; nonostante avessero dimostrato di poter affrontare il conflitto, il dissenso interno, sfociato nella rivolta araba, compromise irrimediabilmente la situazione politica. Durante questo periodo, il governo ottomano si macchiò di un drammatico genocidio contro gli armeni, gli assiri e i greci del Ponto. La successiva sconfitta dell'impero e l'occupazione di parte del suo territorio da parte delle potenze alleate all'indomani della fine della guerra provocarono la sua spartizione e la perdita dei territori mediorientali, che furono divisi tra il Regno Unito e la Francia. La riuscita guerra d'indipendenza turca contro gli alleati occupanti portò all'emergere della Repubblica di Turchia nel cuore dell'Anatolia e all'abolizione del sultanato ottomano.
Il problema dei due imperatori (in tedesco Zweikaiserproblem) è un termine storiografico usato soprattutto per indicare la disputa tra gli imperatori romani d'oriente e gli Imperatori del Sacro Romano Impero per il titolo di legittimo Imperatore romano. Secondo la concezione medievale cristiana, l'Impero romano era indivisibile e il suo imperatore aveva una posizione egemone su tutti i cristiani, compresi quelli che vivevano al di fuori dei confini imperiali. In seguito alla caduta dell'Impero romano d'Occidente nel corso della Tarda Antichità, il Papa e i nuovi regni romano-barbarici nell'Europa Occidentale continuarono a riconoscere la legittimità del titolo di Imperatore romano assunto dagli imperatori della superstite pars orientis (cioè l'Impero bizantino). La situazione cambiò nel 797 allorquando il titolo imperiale fu assunto da una donna, l'imperatrice Irene. Papa Leone III, rifiutando l'idea che una donna potesse assumere il titolo di imperatore, considerò vacante il titolo imperiale e ciò gli fornì il pretesto per incoronare "Imperatore dei Romani" il re dei Franchi Carlo Magno nel Natale dell'800, attuando così una translatio imperii ("trasferimento dell'Impero") dai Greci ai Germani. Nel corso dei secoli, la disputa sul titolo imperiale, sorta in seguito all'incoronazione di Carlo Magno, avrebbe costituito uno dei principali punti di attrito nei rapporti diplomatici tra i due imperi, anche se raramente ebbe come conseguenza scontri militari, anche a causa della distanza geografica che separava i due stati. Con il trattato di Aquisgrana dell'812 i due imperatori trovarono un compromesso parziale riconoscendosi reciprocamente il titolo di Imperatore ma non quello di "Imperatore romano". Il Sacro Romano Imperatore era considerato dai Bizantini l'Imperatore (o Re) dei Franchi e successivamente Re di Germania, mentre le fonti occidentali attribuivano all'Imperatore bizantino il titolo di Imperatore dei Greci o Imperatore di Costantinopoli. A complicare la situazione, il titolo imperiale fu occasionalmente rivendicato dai sovrani bulgari e serbi, portando a conflitti militari con Bisanzio. La Quarta Crociata, pur portando alla momentanea caduta dell'Impero bizantino e alla sua sostituzione con l'Impero latino, non pose fine alla disputa. Gli imperatori latini, pur riconoscendo i sacri romani imperatori come gli imperatori romani legittimi, rivendicarono per sé lo stesso titolo, che tuttavia non era riconosciuto dal Sacro Romano Impero. Nel tentativo di raggiungere un compromesso, Papa Innocenzo III propose il concetto di divisio imperii (divisione dell'impero), secondo cui l'egemonia imperiale sarebbe stata divisa tra Occidente (il Sacro Romano Impero) e Oriente (l'Impero latino). Anche se l'Impero latino sarebbe stato distrutto dall'Impero di Nicea, che ricostituì l'Impero bizantino nel 1261 sotto la dinastia dei Paleologi, lo stato bizantino declinò inesorabilmente e i suoi imperatori preferirono ignorare il problema dei due imperatori per favorire rapporti diplomatici più stretti con l'Occidente per via della necessità di ottenere aiuti contro gli altri nemici dell'Impero. Il problema dei due imperatori si ripresentò in seguito alla Caduta di Costantinopoli nel 1453, allorquando il sultano ottomano Mehmed II, ambendo all'egemonia universale, rivendicò la dignità imperiale assumendo il titolo di Kayser-i Rûm (Cesare dell'Impero romano). I sultani ottomani rivendicarono per sé stessi il titolo di imperatori romani, non riconoscendolo ai Sacri Romani Imperatori, definiti kıral (re) dalle fonti turche. La disputa tra Ottomani e Tedeschi per il titolo imperiale si protrasse fino alla Pace di Zsitvatorok del 1606, con la quale gli Ottomani, accettando il principio compromissorio della divisio imperii, riconobbero il titolo imperiale dei Sacri Romani Imperatori. In seguito alla caduta di Costantinopoli i sovrani russi, ritenendosi gli eredi dell'Impero bizantino, assunsero il titolo di Zar (derivante da "Cesare"). Il Sacro Romano Imperatore accettò di riconoscere il titolo imperiale allo zar di Russia solo nel 1726, in occasione di un'alleanza militare, pur continuando a disconoscerlo come suo pari.
Con il termine genocidio armeno, talvolta olocausto degli armeni o massacro degli armeni, si indicano le deportazioni ed eliminazioni di armeni perpetrate dall'Impero ottomano tra il 1915 e il 1916, che causarono circa 1,5 milioni di morti. Tale genocidio viene commemorato dagli armeni il 24 aprile. Gli armeni usano l'espressione Medz Yeghern (in lingua armena Մեծ Եղեռն, "grande crimine") o Հայոց Ցեղասպանութիւն (Hayoc' C'eġaspanowt'yown), mentre in turco esso viene indicato come Ermeni Soykırımı "genocidio armeno", a cui talvolta viene anteposta la parola sözde ("cosiddetto"), oppure Ermeni Tehciri "deportazioni armene". Nello stesso periodo storico l'Impero Ottomano aveva condotto (o almeno tollerato) attacchi simili contro altre etnie (come gli assiri e i greci), e per questo alcuni studiosi credono che ci fosse un progetto di sterminio. Altri storici, come Bernard Lewis, Stanford Shaw e Guenter Lewy negano invece che si possa associare il termine genocidio a quegli eventi. Sul piano internazionale, ventinove stati hanno ufficialmente riconosciuto come genocidio gli eventi descritti.
Il colonialismo italiano ebbe inizio alla fine del XIX secolo, con l'acquisizione pacifica dei porti africani di Assab e Massaua, sul mar Rosso. A seguito della spartizione dell'Africa da parte delle potenze europee (1881-1914), il Regno d'Italia deteneva il controllo dell'Eritrea e della Somalia, oltre che di Cirenaica, Tripolitania e Isole egee, sottratte all'Impero ottomano nel corso della guerra italo-turca (1911-1912). Sussisteva anche una concessione italiana a Tientsin, in Cina, sin dal 1901. Nel corso della prima guerra mondiale, un corpo di spedizione italiano occupò preventivamente l'Albania meridionale per impedirne la conquista da parte dell'Impero austro-ungarico, instaurandovi un protettorato (1917-1920). Il regime fascista di Benito Mussolini, salito al potere dopo il conflitto mondiale, manifestò l'intenzione di espandere i possedimenti del regno e soddisfare le pretese degli irredentisti. Nel 1934 Cirenaica e Tripolitania furono unite nella Libia italiana; con la guerra del 1935-36 l'Italia conquistò l'Etiopia, che fu unita ad Eritrea e Somalia per dare vita all'Africa Orientale Italiana, nel 1938 Vittorio Emanuele III d'Italia assunse il titolo di Primo maresciallo dell'Impero e fu proclamata ufficialmente la nascita dell'impero italiano che durò sino alla caduta del fascismo. Nel 1939 fu nuovamente conquistata l'Albania, regno che fu quindi posto in unione personale con quello d'Italia (1939-1943). Dopo l'entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale nel 1940, il territorio metropolitano del regno, assieme a quello delle colonie e delle zone di occupazione militare, raggiunse la sua massima espansione. I territori italiani - oltre a quelli fin qui citati - si estendevano allora da parte della Francia meridionale ai protettorati e alle occupazioni nei Balcani (Slovenia, Dalmazia, Croazia, Montenegro, Grecia), alla Somalia britannica. Sia le colonie storiche sia le acquisizioni più recenti andarono tuttavia perdute a causa delle successive vicende belliche e dell'armistizio tra l'Italia e gli Alleati (8 settembre 1943). Allo Stato italiano, seppur schieratosi a fianco degli Alleati dopo il 1943, furono imposte dure condizioni dal trattato di Parigi del 1947: tra di esse, la perdita di tutte le colonie ad eccezione della Somalia, amministrazione fiduciaria italiana dal 1950. Il 1º luglio 1960 la Somalia ottenne l'indipendenza, sancendo così la fine dell'ottantennio coloniale italiano.
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