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La storia dell'Armenia, ovvero del territorio abitato dalle popolazioni armene, affonda le sue radici nell'epoca preistorica.
L'Armenia (in armeno: Հայաստան?, traslitterato: Hayastan), ufficialmente Repubblica di Armenia (in armeno: Հայաստանի Հանրապետություն?, traslitterato: Hayastani Hanrapetut’yun), è uno Stato asiatico indipendente del Caucaso meridionale con capitale Erevan. Da un punto di vista storico-culturale, il paese è tuttavia a volte considerato europeo ed è un membro del Consiglio d'Europa. L'Armenia confina con la Turchia a ovest, la Georgia a nord, l'Azerbaigian e la repubblica de facto dell'Artsakh (già Nagorno Karabakh) a est, l'Iran e l'exclave azera del Naxçıvan a sud. È quindi uno Stato senza sbocco al mare.
Gli armeni (in lingua armena: Հայեր Hayer, IPA: [hɑˈjɛɾ]) sono un popolo storicamente stanziato nell'Anatolia orientale. Una larga concentrazione di armeni si trova in Armenia, dove rappresentano il gruppo etnico di maggioranza, mentre molte altre comunità si trovano sparse per il globo, per un totale di circa 8 milioni di individui, di cui 1.130.491 in Russia. Gli armeni hanno popolato l'Anatolia e il sud del Caucaso per oltre 3.500 anni.
Erevan (pronunciato Ierevàn, in armeno: Երևան?, , anche scritta Yerevan e Jerevan) è la capitale e la più popolosa città dell'Armenia con 1 093 485 abitanti. La città, fino al 2008 equiparata a una provincia (marz), è ora un comune con un consiglio comunale elettivo che nomina il sindaco.
Il colonialismo italiano ebbe inizio alla fine del XIX secolo, con l'acquisizione pacifica dei porti africani di Assab e Massaua, sul mar Rosso. A seguito della spartizione dell'Africa da parte delle potenze europee (1881-1914), il Regno d'Italia deteneva il controllo dell'Eritrea e della Somalia, oltre che di Cirenaica, Tripolitania e Isole egee, sottratte all'Impero ottomano nel corso della guerra italo-turca (1911-1912). Sussisteva anche una concessione italiana a Tientsin, in Cina, sin dal 1901. Nel corso della prima guerra mondiale, un corpo di spedizione italiano occupò preventivamente l'Albania meridionale per impedirne la conquista da parte dell'Impero austro-ungarico, instaurandovi un protettorato (1917-1920). Il regime fascista di Benito Mussolini, salito al potere dopo il conflitto mondiale, manifestò l'intenzione di espandere i possedimenti del regno e soddisfare le pretese degli irredentisti. Nel 1934 Cirenaica e Tripolitania furono unite nella Libia italiana; con la guerra del 1935-36 l'Italia conquistò l'Etiopia, che fu unita ad Eritrea e Somalia per dare vita all'Africa Orientale Italiana, nel 1938 Vittorio Emanuele III d'Italia assunse il titolo di Primo maresciallo dell'Impero e fu proclamata ufficialmente la nascita dell'impero italiano che durò sino alla caduta del fascismo. Nel 1939 fu nuovamente conquistata l'Albania, regno che fu quindi posto in unione personale con quello d'Italia (1939-1943). Dopo l'entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale nel 1940, il territorio metropolitano del regno, assieme a quello delle colonie e delle zone di occupazione militare, raggiunse la sua massima espansione. I territori italiani - oltre a quelli fin qui citati - si estendevano allora da parte della Francia meridionale ai protettorati e alle occupazioni nei Balcani (Slovenia, Dalmazia, Croazia, Montenegro, Grecia), alla Somalia britannica. Sia le colonie storiche sia le acquisizioni più recenti andarono tuttavia perdute a causa delle successive vicende belliche e dell'armistizio tra l'Italia e gli Alleati (8 settembre 1943). Allo Stato italiano, seppur schieratosi a fianco degli Alleati dopo il 1943, furono imposte dure condizioni dal trattato di Parigi del 1947: tra di esse, la perdita di tutte le colonie ad eccezione della Somalia, amministrazione fiduciaria italiana dal 1950. Il 1º luglio 1960 la Somalia ottenne l'indipendenza, sancendo così la fine dell'ottantennio coloniale italiano.
Carlo Mattogno (Orvieto, 12 gennaio 1951) è un saggista italiano, considerato il principale esponente del negazionismo dell'Olocausto in Italia.
Armin Theophil Wegner (Elberfeld, 16 ottobre 1886 – Roma, 17 maggio 1978) è stato un militare, attivista e scrittore tedesco. Armin Theophil Wegner è stato un militare paramedico tedesco nella Prima guerra mondiale, un autore prolifico e attivista per i diritti umani. Stanziato nell'Impero ottomano durante la Prima guerra mondiale, Wegner è stato un testimone del Genocidio del popolo Armeno e le fotografie da lui prese documentano la drammatica situazione degli Armeni e, oggi, rappresentano «il nucleo della testimonianza delle immagini del genocidio».Negli anni successivi alla Prima Guerra Mondiale, Wegner ha anche manifestato la propria opposizione, a rischio della propria vita, alle politiche anti-semitiche dei nazisti. Nel 1933, ha scritto un appassionato appello ad Adolf Hitler a nome degli ebrei residenti in Germania. Egli rammentò che la persecuzione degli ebrei non era solo una questione del «destino dei nostri fratelli ebrei, [ma anche] il destino della Germania». Facendo presente che egli stava scrivendo la lettera come un fiero tedesco le cui radici familiari prussiane risalgono fin dal tempo delle Crociate, ha chiesto a Hitler cosa sarebbe diventata la Germania se avesse continuato la sua persecuzione degli ebrei. Rispondendo alla sua stessa domanda, dichiarò: «Non c'è patria senza giustizia!». È stato perseguitato dai nazisti e, per il suo impegno, riconosciuto nel memoriale Yad Vashem quale uno dei Giusti tra le nazioni.
L’alfabeto armeno (in armeno: Հայկական Այբուբեն?, traslitterato: Haykakan aybowben) è utilizzato per scrivere la lingua armena dall'inizio del V secolo dell'era volgare. La parola armena per «alfabeto» è այբուբեն, aybowben (IPA [aɪbubɛn] in armeno orientale; [aɪpʰupʰɛn] in armeno occidentale), composto delle sue due prime lettere Ա (ayb) e Բ (ben).