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Autore principale: Lavanchy, Pierette
Pubblicazione: Milano : Rizzoli, 1994
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
Il termine bulimia (AFI: /buliˈmia/; dal greco βουλιμία, boulimía, propriamente "fame da bue", composto di βοῦς, bôus, "bue", e λιμός, limós, "fame") indica, nel linguaggio medico, una voracità patologica ed eccessiva associata a malattie di diversa natura (diabete, anchilostomiasi, oligofrenia, eccetera).La bulimia nervosa è, insieme all'anoressia nervosa, uno dei più importanti disturbi del comportamento alimentare, detti anche Disturbi Alimentari Psicogeni (DAP). Una persona affetta spesso si provoca il vomito dopo aver mangiato, utilizza dei lassativi, digiuna e pratica intensa attività fisica. La maggior parte delle persone che soffrono di bulimia presenta un peso corporeo normale. La forzatura di vomito può provocare pelle ispessita sulle nocche e danni ai denti. La bulimia è associata ad altri disturbi mentali come la depressione e l'ansia, e a problemi come la tossicodipendenza o l'alcolismo. Si riscontra anche un elevato rischio di suicidio e di pratiche autolesionistiche.La bulimia è più comune tra coloro che hanno un parente stretto che ha sofferto o soffre della condizione. La percentuale del rischio stimato attribuibile a fattori genetici è compresa tra il 30% e l'80%. Altri fattori di rischio per la malattia includono lo stress psicologico, una pressione culturale per un certo tipo di corpo, scarsa autostima e l'obesità. Vivere in un ambiente familiare in cui i genitori promuovono la dieta e che si preoccupano del peso è un fattore di rischio. La diagnosi si basa sulla storia clinica di una persona, tuttavia è difficile da scoprire in quanto chi ne è affetto tende ad essere molto riservato su queste abitudini. Inoltre la diagnosi di anoressia nervosa ha la precedenza su quella della bulimia. Altri disturbi simili includono il disturbo da alimentazione incontrollata, la sindrome di Kleine-Levin e il disturbo borderline di personalità.La terapia cognitivo-comportamentale è il trattamento primario per la bulimia. L'assunzione di antidepressivi, come gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) o gli antidepressivi triciclici, può portare un modesto beneficio. Anche se la prognosi della bulimia è in genere migliore di quella dell'anoressia, il rischio di morte tra le persone colpite è superiore a quella della popolazione generale. Dopo 10 anni dall'inizio del trattamento, circa il 50% delle persone ha ottenuto una completa guarigione.A livello globale si stima che nel 2013 la bulimia interessasse 6,5 milioni di persone. Circa l'1% delle giovani donne soffre di bulimia per un certo periodo di tempo e circa il 2-3% delle donne ha sperimentato la condizione in un momento della vita. La condizione si presenta meno comunemente nei paesi in via di sviluppo. C'è un rischio di circa nove volte superiore che la bulimia si presenti nelle femmine rispetto ai maschi. Tra le femmine la maggior parte dei casi si riscontra nelle adolescenti. La bulimia è stata nominata e descritta per la prima volta nel 1979 dallo psichiatra britannico Gerald Russell.
La causa di morte più frequente nel mondo occidentale, a seguito delle malattie cardiache e dei tumori, è costituita dalle malattie cerebrovascolari. È stato riscontrato che la metà dei pazienti con malattie neurologiche presentano inoltre patologie di tipo cerebrovascolare. Per lo studente di medicina e per il medico generale l'approccio a queste malattie è utile per affrontare il settore neurologico. Il termine malattia cerebrovascolare sta a indicare qualsiasi alterazione cerebrale derivante da un processo patologico a carico dei vasi sanguigni, siano essi arterie, arteriole, capillari, vene o seni venosi (seno venoso). La lesione vascolare può avere le caratteristiche anatomo-patologiche di un'occlusione da parte di un trombo o di un embolo, oppure di una rottura; le conseguenze a livello del parenchima cerebrale sono di due tipi: l'ischemia (con o senza infarto) e l'emorragia. Un'alterazione della permeabilità della parete vasale, l'ipertensione e l'aumento della viscosità del sangue o modificazioni di una sua altra caratteristica reologica, sono altri meccanismi fisiopatologici coinvolti nella patologia cerebrovascolare. Malattie come l'anemia falciforme e la policitemia sono complicate da ipertensione e aumento della viscosità del sangue, alterazioni che sono alla base degli ictus. Infatti un'alterata permeabilità vascolare è responsabile della cefalea, dell'edema cerebrale e delle convulsioni dell'encefalopatia ipertensiva.
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