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Autore principale: Berneri, Camillo
Pubblicazione: Pistoia : Edizioni RL, 1970
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese:
I diritti delle donne in Afghanistan sono cambiati in maniera significativa nel corso degli ultimi anni, in particolare dopo il 2001, con la caduta del regime islamico, il quale aveva imposto terribili limitazioni ai loro danni. Le donne afgane, de jure, hanno gli stessi diritti dell'uomo dal 26 gennaio 2004, rifacendosi alla Costituzione del 1964. Dopo la caduta del regime i diritti delle donne sono tornati a fiorire e al giorno d'oggi godono di certo un migliore status rispetto al periodo precedente. Nonostante sia stato ripristinato il codice civile del 1976 e quello della famiglia del 1971, dove la donna afgana gode di buoni diritti, la mentalità da sempre estremamente conservatrice da parte degli afgani non è comunque d'aiuto all'emancipazione femminile, in quanto, de facto, la donna ha molte limitazioni lavorative e sociali nelle zone rurali dove i talebani o i capi villaggio contano più della legislazione nazionale stessa, ripristinata nel 2001. Ancora oggi la violenza contro le donne in tutto il paese è molto alta, anche se la situazione sta poco per volta progredendo grazie anche all'aiuto della comunità internazionale. Il Global Gender Gap Report non ha mai analizzato l'Afghanistan come paese per quanto riguarda i diritti delle donne, ma di certo non è uno dei paesi più femministi al mondo. Nelle zone rurali infatti, dove i capi tribù decidono tutto della vita delle persone, l'adulterio può essere anche punibile con la lapidazione; mentre in altre le adultere possono essere punite con una piccola reclusione presso le case aiutando e servendo i loro capo tribù. Il codice civile afghano del 1976 restaurato nel 2001, prevede invece che la donna adultera venga punita con la reclusione. Sempre nelle zone rurali è spesso imposto l'utilizzo del burqa, che secolarmente imprigiona le donne afghane rurali; mentre nelle zone più sviluppate, come nella capitale Kabul, è abbastanza comune vedere anche donne che indossano l'hijab o che utilizzano anche abiti considerati un po' occidentali, come anche pantaloni o camicie. Infatti, negli ultimi anni, l'utilizzo del burqa nelle zone più urbanizzate e ricche sembra diminuito significativamente. Nonostante i progressi fatti al giorno d'oggi, l'Afghanistan è considerato ancora uno dei Paesi peggiori in cui essere donna, proprio a causa del fortissimo dislivello sociale nelle zone rurali e in quelle urbanizzate.
Lo status e il ruolo sociale e civile delle donne in India è stato soggetto a molti cambiamenti nel corso della storia millenaria del subcontinente indiano. Da una quasi totale pari dignità con gli uomini nei tempi antichi, si è passati attraverso i punti più bassi del periodo medioevale. La storia dei diritti delle donne in India è stata ricca di avvenimenti; nell'India moderna le donne sono riuscite a ricoprire cariche istituzionali importanti, tra cui quella di Presidente della Repubblica, Primo Ministro, Presidente del Lok Sabha, la Camera Bassa del Parlamento, e leader dell'opposizione. Tuttavia le donne continuano in tutto il Paese a subire violenze sessuali, sfregiamenti con l'acido, uccisioni per accaparrarsi la dote; molte giovani donne vengono costrette a prostituirsi da trafficanti e sfruttatori.. Secondo un sondaggio compiuto dalla Thomson Reuters l'India è il quarto Paese più pericoloso al mondo per le donne, ed il peggiore tra i G20 (paesi industrializzati). Un importante strato della popolazione femminile indiana continua a vivere in una condizione di discriminazione e di inferiorità rispetto agli uomini.
Il ruolo di genere, la condizione femminile e i diritti delle donne in Egitto sono cambiati lungo tutto il corso della storia, dall'antichità all'era moderna. Dalle prime documentazioni archeologiche conservate si rileva che le donne egiziane furono considerate quasi uguali agli uomini all'interno della società, indipendentemente dallo stato civile. Attualmente lo stato dei diritti femminili in Egitto è molto povero, con la presenza di mutilazioni genitali femminili, delitti d'onore, matrimoni forzati e molestie sessuali, i quali rimangono gravi problemi da affrontare per le donne; nel 2013, infatti, l'Egitto è stato classificato come il peggior paese nel mondo arabo per quanto riguardava la condizione delle donne. Nonostante tutto, negli ultimi anni i movimenti femministi stanno provando a spezzare vari tabù e ad affrontare la stigmatizzazione sociale, talvolta anche violenta, che la donna subisce nel Paese, svolgendo lavori "maschili" ostracizzati dalla società patriarcale egiziana (nel 2016 Om Waleed è diventata la prima donna al Cairo a ricoprire il ruolo di tassista). Sempre nel 2015/2016 è stata anche inaugurata la prima stazione di servizio femminile in Egitto. In una società che comunque vive sotto un patriarcato conservatore e fortemente repressivo l'emancipazione femminile rimane conunque abbastanza difficile, in particolar modo nelle zone rurali, dove la maggior parte della popolazione vive in condizioni di estrema povertà e non possiede una sufficiente istruzione: lo dimostra l'attrice Rania Youssef, che sarà processata per "oscenità" dopo aver indossato in una cerimonia, nel dicembre 2018, un abito troppo scollato, rischiando una pena massima di 5 anni di reclusione . Nel novembre 2017 la pop star Shaimaa "Shyma" Ahmed è stata condannata a due anni di reclusione, pena poi commutata in un anno, per aver pubblicato un videoclip considerato immorale e con materiale sessualmente esplicito vestita in abiti intimi (la giovane è intenta a mordere una banana, versandoci sopra delle patatine mentre provoca dei ragazzi) dal titolo "I have Issues" . Le donne presenti nella Camera dei rappresentanti (dati 2015) è pari al 14,9% del totale, le donne nella forza lavoro per il 2014 assommano al 26%, e il Global Gender Gap Report per il 2013 era a 0.5935 (125ª posizione su 144 stati). Nel settembre 2016 Noha Elostaz è stata la prima donna a vincere una causa per molestie e violenze sessuali in Egitto; ciò ha comportato un aumento di denunce all'interno del Paese (tuttavia, molte donne ancora non si sentono sicure di denunciare il proprio aggressore) . Nel febbraio 2017 Abdel Fattah al-Sisi nomina Nadia Abdou come donna governatrice per la prima volta nella storia dell'Egitto moderno. La neogovernatrice punta su turismo e investimenti per rilanciare la zona . Secondo il Gender Gap Report 2019 l'Egitto si classifica 134º su 153 paesi per quanto riguarda i diritti delle donne con un ranking di 0.629 da un punteggio che va da 0 a 1. Punteggio di gran lunga superiore alle statistiche del 2006, ovvero un punteggio di 0,579 su 1. Restano comunque scarse le possibilitò di raggiungere alte cariche statali. La partecipazione economica è salita dallo 0.416 del 2006 allo 0.438 su 1 del 2019. Solo il 24,7% delle donne partecipa alla forza lavorativa nel paese. Solo il 7,1% di loro fa parte dei menager e giudici/legislatori del Paese. Il tasso di alfabetizzazione è del 65,5%, il 98,8% di loro ha concluso gli studi primari, l'83,3% ha concluso gli studi secondari, il 35,8% ha conseguito una laurea. L'aspettativa di vita è di 62,4 anni per le donne. Solo il 14,9% del Parlamento è composto da donne, mentre per quanto riguarda le cariche di ministro, solo il 24,2% è ricoperto da donne. L'età del primo figlio è di 27,6 anni, mentre i figli in media sono 3,33 a donna.
L'evoluzione della condizione femminile e dei diritti delle donne in Africa sono legati alla cultura e alla storia dell'Africa. Numerosi studi brevi sono comparsi nel corso del tempo che hanno affrontato la storia delle donne nel continente e nelle nazioni africane; sono inoltre emerse numerose indagini che hanno inserito l'Africa subsahariana nell'ambito della storia delle donne. Vi sono studi e ricerche per paesi e regioni specifiche come l'Egitto, l'Etiopia, il Marocco, la Nigeria e il Lesotho. Gli studiosi hanno rivolto espressamente la loro attenzione agli eventi innovativi per la storia delle donne africane, come la musica del Malawi, le tecniche di tessitura di Sokoto e la linguistica storica.
L'evoluzione della condizione e dei diritti delle donne in Asia coincidono con l'evolvere della storia stessa del continente; essi corrispondono anche con le culture che si sono via via sviluppate al suo interno. Donne asiatiche che hanno raggiunto un ruolo di notevole importanza all'interno del loro paese sono la rivoluzionaria, scrittrice e femminista cinese dei primi del Novecento Qiu Jin; la filippina Corazón Aquino; l'indiana Indira Gandhi e l'italoindiana Sonia Gandhi; la pakistana Benazir Bhutto e l'israeliana Golda Meir.
La donna è donna (Une femme est une femme) è un film del 1961 diretto da Jean-Luc Godard, interpretato da Anna Karina, Jean-Paul Belmondo e Jean-Claude Brialy. È un tributo alla commedia musicale americana ed uno dei film più importanti della Nouvelle Vague. È il primo film a colori girato da Jean-Luc Godard.
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