Accedi all'area personale per aggiungere e visualizzare i tuoi libri preferiti
Autore principale: Solinas, Marco
Pubblicazione: Pisa : ETS, 2012
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: it
L'evoluzione, all'interno di una popolazione biologica, è il prodotto del mutamento dei caratteri trasmessi ereditariamente alle generazioni successive. A tale mutamento concorrono diversi fattori, quali le mutazioni genetiche (benché siano il più delle volte singolarmente poco significative, il loro lento accumularsi può portare alla comparsa di caratteristiche nuove), la selezione naturale, la deriva genetica. Il loro effetto determina l'evoluzione dei caratteri fino alla comparsa di nuove specie. Ogni organismo vivente sulla Terra condivide con gli altri un antenato comune, e questo è testimoniato dalle somiglianze tra i diversi organismi viventi (come la presenza in ognuno di acidi nucleici, di un identico codice genetico, di uguali amminoacidi) e dalla paleontologia. Charles Darwin lo aveva ipotizzato nella sua teoria, intuendo che l'evoluzione delle specie fosse determinante e vide nella selezione naturale il motore fondamentale dell'evoluzione della vita sulla Terra. Una prima conferma si ebbe con le leggi di Mendel sull'ereditarietà genetica dei caratteri, nel XIX secolo. Solo più tardi, grazie ai nuovi strumenti di indagine e con la scoperta del DNA i princìpi generali dell'evoluzione furono provati. La comunità scientifica dibatte ancora su alcuni aspetti teorici dell'evoluzione che restano un campo di ricerca estremamente vitale. Il concetto di evoluzione ha costituito una rivoluzione scientifica nell'intera cultura occidentale, ha stimolato riflessioni in ambito filosofico e ispirato teorie e modelli che toccano quasi ogni aspetto della conoscenza.
La prima traccia dell'idea di un'evoluzione biologica degli esseri viventi è la teoria sull'origine della vita attribuita ad Anassimandro di Mileto. Gli animali ebbero origine nell'acqua, dove erano tutti simili a pesci; con il tempo sono saliti sulla terraferma dove, liberati dalle scaglie, hanno continuato a vivere. Tale fu anche l'origine dell'uomo.Con l'avvento del Cristianesimo, e fino almeno all'evo moderno, l'indagine scientifica fu dominata dall'impianto filosofico essenzialista di derivazione aristotelica, nel quale la possibilità stessa della conoscenza si fonda sulla fissità della specie; inoltre, l'evoluzione non si armonizza con la Genesi e non trova collocazione in un sistema di riferimento che considera le specie immutabili perché perfette, in quanto create ex nihilo da Dio. Nel XVII secolo, col riaffiorare delle antiche concezioni, la parola evoluzione cominciò ad essere utilizzata come riferimento a un'ordinata sequenza di eventi, particolarmente quando un risultato si trovava, in qualche modo, già dall'inizio contenuto all'interno di essa. Nel XVIII secolo la storia naturale si sviluppò enormemente, mirando ad investigare e catalogare le meraviglie dell'operato di Dio. Le scoperte effettuate dimostrarono l'estinzione delle specie, che fu spiegata dalla teoria del catastrofismo di Georges Cuvier, secondo cui gli animali e le piante venivano periodicamente annientati a causa di catastrofi naturali per poi essere rimpiazzate da nuove specie create dal nulla. In contrapposizione ad essa, la teoria dell'Uniformitarismo di James Hutton, del 1785, ipotizzava un graduale sviluppo della terra, il cui aspetto non era dovuto ad eventi catastrofici ma a un lento processo perpetuatosi attraverso gli eoni. Dal 1796, Erasmus Darwin, nonno di Charles, avanzò delle ipotesi sulla discendenza comune affermando che gli organismi acquisivano "nuove parti" in risposta a degli stimoli e che questi cambiamenti venivano trasmessi alla loro discendenza; nel 1802 suggerì la selezione naturale. Nel 1809, Jean-Baptiste Lamarck sviluppò una teoria simile (l'"ereditarietà dei caratteri acquisiti"), la quale ipotizzava che tratti "necessari" venissero ereditati col passaggio da una generazione alla successiva. Queste teorie di trasmutazione furono sostenute in Gran Bretagna dai Radicali come Robert Edmond Grant. In questo periodo l'opera di Thomas Malthus, Saggio sul principio della popolazione, influenzò il libero pensiero mostrando come l'incremento della popolazione mondiale fosse correlato a un eccesso nelle risorse disponibili. Varie teorie furono proposte per riconciliare la Creazione biologica con le nuove scoperte scientifiche, incluso l'attualismo di Charles Lyell secondo cui ogni specie aveva un suo "centro di creazione" ed era progettata per un particolare habitat il cui cambiamento portava inevitabilmente alla sua estinzione. Charles Babbage ritenne che Dio avesse creato le leggi per un programma divino che operava per la produzione delle specie e Richard Owen seguì Johannes Müller nel pensiero che la materia vivente avesse un'"energia organizzativa", una forza vitale (Lebenskraft) che, dirigendo lo sviluppo dei tessuti, determinava l'arco di vita degli individui e delle specie.
Sin dalla pubblicazione de L'origine delle specie di Charles Darwin nel 1859, le gerarchie della Chiesa cattolica hanno lentamente definito e rifinito la loro posizione sull'evoluzione, evitando inizialmente di prendere una posizione ufficiale, contrariamente a quanto fecero le chiese protestanti, che, maggiormente legate ad una interpretazione letterale della Bibbia, immediatamente avversarono il pensiero darwiniano. Fino ai primi anni del XX secolo, nel mondo cattolico si riscontrava una generale ostilità all'evoluzionismo; tuttavia, in quel periodo la Chiesa non prese mai una posizione ufficiale sulla questione. Nel corso del Novecento alcune alte gerarchie ecclesiastiche con pubbliche affermazioni e documenti ufficiali hanno affermato che la fede cattolica e l'evoluzionismo, in particolare riguardo all'origine dell'uomo, non sono in conflitto; diversi papi si sono esplicitamente espressi favorevolmente riguardo alla conciliabilità dell'evoluzionismo con la fede cattolica. Soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, la teologia cattolica, confrontandosi con la teoria dell'evoluzione, ha fatto importanti progressi ed ha definito alcune fondamentali questioni di fede relative all'origine dell'uomo, all'azione di Dio nel mondo ed alla dottrina sul peccato originale.
La teleologia (dal greco τέλος (télos), fine, scopo e λόγος (lógos), discorso, pensiero) è la dottrina filosofica del finalismo, che concepisce l'esistenza della finalità non solo nella comune attività volontaria dell'uomo razionale indirizzata alla realizzazione di uno scopo, ma anche in quelle sue azioni involontarie e inconsapevoli che tuttavia realizzano un fine.Sul modello dell'azione intenzionale dell'uomo che subordina i mezzi al conseguimento di un fine, il finalismo ha esteso questo comportamento teorizzando che esso sia rintracciabile nell'intero universo. Mentre la scienza investiga leggi e fenomeni naturali secondo una visione meccanicistica di causa-effetto, la teleologia vede la possibile esistenza di un principio organizzativo trascendente o immanente nell'ordine naturale. Il che secondo la teologia dimostrerebbe l'esistenza di Dio, inteso come creatore, architetto dell'universo, garante ultimo dell'ordine causale dei fenomeni naturali. Il termine finalismo sembra risalire a Christian Wolff che lo usò nella sua Philosophia rationalis sive logica (1728), in relazione a «quella parte della filosofia naturale che spiega i fini delle cose».La filosofia ha distinto dal finalismo la finalità, intendendo quest'ultima come il conseguimento di un fine vicino e circoscritto mentre il primo riguarderebbe il risultato lontano e ultimo determinato da più cause concomitanti.In biologia un concetto ispirato al finalismo è espresso dal termine "teleonomia" usato per la prima volta (1970) da Jacques Monod nella sua teoria che vedeva all'interno delle strutture degli esseri viventi un'azione finalistica, causata dalla selezione naturale, diretta a favorire le funzioni vitali eliminando quelle che le ostacolano.
La biologia (dal greco βιολογία, composto da βίος, bìos = "vita" e λόγος, lògos = "studio") è la scienza che studia la vita, ovvero i processi fisici e chimici dei fenomeni che caratterizzano i sistemi viventi, inclusa la loro biochimica, meccanismi molecolari, genetica, anatomia, fisiologia, nonché processi emergenti come adattamento, sviluppo, evoluzione, interazione tra gli organismi e comportamento. Nonostante l'elevata complessità della disciplina, vi sono alcuni concetti unificanti all'interno di essa che ne regolano lo studio e la ricerca: la biologia riconosce infatti la cellula come l'unità di base della vita, i geni come la struttura di base dell'ereditarietà e l'evoluzione darwiniana per selezione naturale come il processo che regola la nascita e l'estinzione delle specie. Tutti gli organismi viventi, sia unicellulari che pluricellulari, sono sistemi aperti che sopravvivono trasformando l'energia e diminuendo l'entropia locale del sistema per regolare il loro ambiente interno e mantenere una condizione stabile e vitale definita omeostasi. La biologia conduce ricerche utilizzando il metodo scientifico per testare la validità di una teoria in modo razionale, imparziale e riproducibile che consiste nella formazione di ipotesi, nella sperimentazione e nell'analisi dei dati per stabilire la validità o l'invalidità di una teoria scientifica. Le sottodiscipline della biologia sono definite dall'approccio d'indagine e dal tipo di sistema studiato: la biologia teorica utilizza metodi matematici per formulare modelli quantitativi mentre la biologia sperimentale effettua esperimenti empirici per testare la validità delle teorie proposte ed avanzare la conoscenza umana riguardo ai meccanismi alla base della vita e come questa sia comparsa e si sia evoluta da materia non vivente circa 4 miliardi di anni fa mediante un graduale aumento della complessità del sistema. Vedi settori della biologia.
L'evoluzione, all'interno di una popolazione biologica, è il prodotto del mutamento dei caratteri trasmessi ereditariamente alle generazioni successive. A tale mutamento concorrono diversi fattori, quali le mutazioni genetiche (benché siano il più delle volte singolarmente poco significative, il loro lento accumularsi può portare alla comparsa di caratteristiche nuove), la selezione naturale, la deriva genetica. Il loro effetto determina l'evoluzione dei caratteri fino alla comparsa di nuove specie. Ogni organismo vivente sulla Terra condivide con gli altri un antenato comune, e questo è testimoniato dalle somiglianze tra i diversi organismi viventi (come la presenza in ognuno di acidi nucleici, di un identico codice genetico, di uguali amminoacidi) e dalla paleontologia. Charles Darwin lo aveva ipotizzato nella sua teoria, intuendo che l'evoluzione delle specie fosse determinante e vide nella selezione naturale il motore fondamentale dell'evoluzione della vita sulla Terra. Una prima conferma si ebbe con le leggi di Mendel sull'ereditarietà genetica dei caratteri, nel XIX secolo. Solo più tardi, grazie ai nuovi strumenti di indagine e con la scoperta del DNA i princìpi generali dell'evoluzione furono provati. La comunità scientifica dibatte ancora su alcuni aspetti teorici dell'evoluzione che restano un campo di ricerca estremamente vitale. Il concetto di evoluzione ha costituito una rivoluzione scientifica nell'intera cultura occidentale, ha stimolato riflessioni in ambito filosofico e ispirato teorie e modelli che toccano quasi ogni aspetto della conoscenza.
I cacciatori di microbi (titolo originale in lingua inglese: Microbe Hunters) è un saggio di divulgazione scientifica scritto dal batteriologo statunitense Paul de Kruif (1890–1971) pubblicato per la prima volta nell'edizione originale in inglese nel 1926.
Alcune catalogazioni sono state accorpate perché sembrano descrivere la stessa edizione. Per visualizzare i dettagli di ciascuna, clicca sul numero di record
Record aggiornato il: 2024-04-24T03:02:44.878Z