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Autore principale: Agostiniani, Luciano
Pubblicazione: Firenze : Olschki, 1982
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese:
Le lingue dell'Italia costituiscono, a detta di alcuni autori, il patrimonio linguistico più ricco e variegato all'interno del panorama europeo. Ad eccezione di taluni idiomi stranieri legati ai moderni flussi migratori, le lingue che vi si parlano sono esclusivamente di ceppo indoeuropeo e appartenenti in larga prevalenza alla famiglia delle lingue romanze: compongono il paesaggio linguistico, altresì, varietà albanesi, germaniche, greche e slave. La lingua ufficiale della Repubblica Italiana, l'italiano, discende storicamente dal toscano letterario, il cui uso in letteratura è iniziato con i grandi scrittori Dante, Petrarca e Boccaccio verso il XIII secolo, e si è in seguito evoluto storicamente nella lingua italiana corrente. La lingua italiana era scritta solo da una piccola minoranza della popolazione al momento dell'unificazione politica nel Regno d'Italia nel 1861, ma si è in seguito diffusa, mediante l'istruzione obbligatoria esclusivamente in lingua italiana standard e il contributo determinante e più recente della televisione che vede escluso, o molto limitato, l'uso sia dei dialetti che delle lingue di minoranza (salvo quanto previsto dagli accordi internazionali sottoscritti dall'Italia dopo la seconda guerra mondiale a favore delle minoranze linguistiche tedesca della provincia di Bolzano, slovena della regione Friuli-Venezia Giulia e francese della Valle d'Aosta) nonostante il fatto che, nel secondo caso, la legge 482/99 preveda l'obbligo per la RAI di trasmettere anche nelle lingue delle minoranze linguistiche.Dal punto di vista degli idiomi locali preesistenti, ne consegue un processo di erosione linguistica e di minorizzazione, processo accelerato sensibilmente dall'ampia disponibilità di mass media in lingua italiana e dalla mobilità della popolazione, oltre ad una scarsa volontà politica di tutelare le minoranze linguistiche (art. 6 Cost e L. 482/99) e riconoscere una valenza culturale ai dialetti (art. 9 Cost). Questo tipo di cambiamenti ha ridotto sensibilmente l'uso degli idiomi locali, molti dei quali sono ormai considerati in pericolo di estinzione, principalmente a causa dell'avanzare della lingua italiana anche nell'ambito strettamente sociale e relazionale . Negli ultimi anni si è assistito a una loro rivalutazione sul piano culturale in reazione ai processi omologativi della globalizzazione. Nonostante il mancato appoggio dello Stato, secondo varie ricerche più del 60% dei ragazzi parla quotidianamente in "dialetto" (con riferimento ai dialetti dell'Italia, non ai dialetti dell'italiano); tra i vari motivi, i più importanti sono: il desiderio di creare un legame forte con la propria famiglia (67%), volontà di conoscere la storia di determinati termini ed espressioni (59%) o possibilità di arricchire il proprio parlato con espressioni colloquiali (52%) e naturalmente lo spirito di appartenenza alla propria terra. Secondo i più recenti dati statistici il 45,9% degli italiani parla in modo esclusivo o prevalente l'italiano, il 32,2% lo alterna con una lingua locale, mentre solo il 14% si esprime esclusivamente nell'idioma locale, il resto ricorre ad un'altra lingua. Il noto linguista Tullio De Mauro, intervistato da un quotidiano nazionale il 29 settembre 2014, affermava che l'uso alternante di italiano e dialetto arriva oggi al 44,1% e coloro che adoperano solo l'italiano sono il 45,5%.Sempre secondo De Mauro, il plurilinguismo "italiano + dialetti o una delle tredici lingue di minoranza" gioca un ruolo positivo in quanto «i ragazzi che parlano costantemente e solo italiano hanno punteggi meno brillanti di ragazzi che hanno anche qualche rapporto con la realtà dialettale».
La lingua slovena in Italia viene principalmente parlata da una comunità autoctona residente lungo il confine orientale, la minoranza slovena in Italia. Non ci sono dati recenti e certi sul numero dei parlanti in sloveno o dialetti sloveni in Italia; statistiche del 1974 attestavano gli utilizzatori dello sloveno a 61.000 persone nel territorio del Friuli-Venezia Giulia, raccolti nella provincia di Trieste e nelle zone orientali delle province di Gorizia e Udine. La qualifica di "dialetto sloveno" qui considerata è quella derivante dalla legislazione italiana.
L'italiano ([itaˈljaːno] ) è una lingua romanza parlata principalmente in Italia. È classificato al 27º posto tra le lingue per numero di parlanti nel mondo e, in Italia, è utilizzato da circa 58 milioni di residenti. Nel 2015 era la lingua materna del 90,4% dei residenti in Italia, che spesso lo acquisiscono e lo usano insieme alle varianti regionali dell'italiano, alle lingue regionali e ai dialetti. In Italia viene ampiamente usato per tutti i tipi di comunicazione della vita quotidiana ed è largamente prevalente nei mezzi di comunicazione nazionali, nell'amministrazione pubblica dello Stato italiano e nell'editoria. Oltre ad essere la lingua ufficiale dell'Italia, è anche una delle lingue ufficiali dell'Unione europea, di San Marino, della Svizzera, della Città del Vaticano e del Sovrano militare ordine di Malta. È inoltre riconosciuto e tutelato come "lingua della minoranza nazionale italiana" dalla Costituzione slovena e croata nei territori in cui vivono popolazioni di dialetto istriano. È diffuso nelle comunità di emigrazione italiana, è ampiamente noto anche per ragioni pratiche in diverse aree geografiche ed è una delle lingue straniere più studiate nel mondo.Dal punto di vista storico l'italiano è una lingua basata sul fiorentino letterario usato nel Trecento.
Le lingue romanze, lingue latine o lingue neolatine sono le lingue derivate dal latino. Esse sono l'evoluzione diretta non già del latino classico, bensì di quello volgare ossia "popolare" (dal latino vulgus 'popolo'), costituito dalle varietà linguistiche sviluppatesi a seguito dell'espansione dell'Impero romano. Più di un miliardo di persone ha come lingua madre una lingua romanza, un miliardo e mezzo di individui (oltre un sesto dell'umanità) ne parlano una almeno come seconda o altra lingua. L'area in cui queste lingue si sono sviluppate, e sono ancora parlate nelle loro versioni contemporanee, viene chiamata Romània e corrisponde alla parte europea occidentale dell'impero romano, esclusa la Britannia, con l'aggiunta di altre isole linguistiche neolatine minori diffuse nei Balcani (lingue romanze orientali). Nel Nordafrica l'invasione araba (VIII secolo) ha cancellato ogni volgare latino che vi si era sviluppato, mentre la persistenza dell'impero nella sua porzione orientale, con l'impiego prevalente della lingua greca a livello ufficiale, ha impedito la diffusione popolare del latino, prevenendo sviluppi linguistici analoghi a quelli occorsi nella porzione occidentale. Le lingue romanze, come il latino classico e i latini volgari, vengono classificate nelle ramificazioni delle lingue italiche, nell'albero delle lingue indoeuropee; esse formano quello che in dialettologia viene chiamato continuum romanzo. Il termine romanzo deriva dall'avverbio latino romanice (a sua volta dall'aggettivo romanicus) riferito al parlare vernacolo (romanice loqui) rispetto al parlare in latino (latine loqui). Da romanicus e romanice deriva la forma francese romanz, da cui l'italiano romanzo.
Con lingue indoeuropee in linguistica si intende quella famiglia linguistica, cioè quella serie di lingue aventi un'origine comune (il protoindoeuropeo), che comprende la maggior parte delle lingue d'Europa vive ed estinte che attraverso il Caucaso e il Medio Oriente da un lato, e la Siberia occidentale e parte dell'Asia Centrale dall'altro, sono arrivate a coinvolgere l'Asia meridionale e in tempi antichi persino l'attuale Turkestan cinese (odierno Xinjiang). Nel corso dell'età moderna, in seguito alle esplorazioni geografiche, alle migrazioni e alla colonizzazione che hanno fatto dilagare i popoli europei in gran parte del globo, si è diffusa in tutti i continenti, divenendo la famiglia dominante nelle Americhe, in Australia, in Nuova Zelanda, in gran parte della Siberia e in singole regioni dell'Africa. Oggi le lingue della famiglia linguistica indoeuropea hanno nel globo il maggior numero relativo di parlanti, rispetto alle altre famiglie linguistiche. La famiglia linguistica indoeuropea si divide a sua volta in grandi sottofamiglie (gruppi o rami di lingue), sulla cui esatta composizione e sulle cui relazioni è in corso un vivace dibattito scientifico.
Le Iscrizioni di Bisotun (note anche come Bisitun o Bisutun o Behistun; in persiano antico , Bagāstana, che significa "luogo degli dèi"; in persiano moderno بیستون) sono delle iscrizioni multi-lingue situate sul Monte Behistun nella provincia iraniana di Kermanshah, nello shahrestān di Harsin, tra le più importanti iscrizioni antiche di tutto il Vicino Oriente.Le iscrizioni, create tra il 520 e il 518 a.C. durante il regno di Dario I, sono composte da tre versioni dello stesso testo, scritte in caratteri cuneiformi in tre diverse lingue: antico persiano, elamitico e babilonese. Un ufficiale del British Army, Sir Henry Creswicke Rawlinson, li trascrisse in due parti, nel 1835 e nel 1844. Egli riuscì poi a tradurre il testo in antico persiano nel 1838, mentre le versioni elamitica e babilonese vennero tradotte da Rawlinson ed altri dopo il 1844. Il babilonese era una forma evoluta della lingua accadica: entrambe facenti parte del ceppo semitico. Queste iscrizioni furono per la scrittura cuneiforme quello che la stele di Rosetta fu per i geroglifici egiziani: il documento cruciale per decifrare un sistema di scrittura che si credeva perduto.
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