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Titolo uniforme: Epistulae ad Lucilium
Autore principale: Seneca, Lucius Annaeus
Pubblicazione: Milano : Garzanti, 1989
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: lat, ita, Paese:
Le Epistulae morales ad Lucilium (Lettere morali a Lucilio) sono una raccolta di 124 lettere (suddivise in 20 libri) scritte da Lucio Anneo Seneca al termine della sua vita. L'opera venne scritta negli anni del disimpegno politico, tra il 62 e il 65, ed è giunta a noi incompleta. Questo epistolario costituisce un caso unico nel panorama letterario latino, sebbene Seneca abbia tratto l'idea di comporre lettere filosofiche da Platone e da Epicuro. È un'opera sulla quale v'è una discussione se siano davvero lettere inviate da Seneca a Lucilio o siano una finzione letteraria, ma probabilmente si tratta di un epistolario reale, dato che in varie lettere si chiede una risposta dell'amico. Rispetto alla tradizione epistolare, rappresentata in particolare da Cicerone, il filosofo distingue le lettere filosofiche dalla comune pratica epistolare.
Lucilio il Giovane chiamato da Seneca Lucilius Iunior (... – ...) è stato un poeta e storico romano vissuto nel I secolo. Fu Procurator Augusti per la provincia romana di Sicilia durante il regno di Nerone, amico e corrispondente di Seneca e probabilmente autore dei Aetna, un poema sopravvissuto soltanto in parte.
Lucio Anneo Seneca (in latino: Lucius Annaeus Seneca; Corduba, 4 a.C. – Roma, 19 aprile 65), anche noto semplicemente come Seneca o Seneca il giovane, è stato un filosofo, drammaturgo e politico romano, esponente dello stoicismo eclettico di età imperiale, o nuova Stoà, attivo in molti campi, compresa la vita pubblica, alla quale, in qualità di senatore e questore, diede un impulso riformatore. Condannato a morte da Caligola, ma graziato dall'intervento di un'amante dello stesso imperatore, condannato alla relegatio da Claudio che poi lo richiamò a Roma, divenne tutore e precettore del futuro imperatore Nerone, su incarico della madre Giulia Agrippina Augusta. Quando Nerone e Agrippina entrarono in conflitto, Seneca approvò l'esecuzione di quest'ultima come male minore. Dopo il cosiddetto "quinquennio di buon governo" o "quinquennio felice" (54-59), in cui Nerone governò saggiamente sotto la tutela di Seneca, l'ex allievo ed il maestro si allontanarono sempre di più, portando il filosofo al ritiro politico che aveva sempre desiderato. Tuttavia Seneca, forse implicato in una congiura contro di lui (nonostante si fosse ritirato a vita privata), cadde vittima della repressione, e venne costretto al suicidio dall'imperatore. Seneca influenzò profondamente lo stoicismo romano di epoca successiva: suoi allievi furono Gaio Musonio Rufo (maestro di Epitteto) e Aruleno Rustico, nonno di Quinto Giunio Rustico, che fu uno dei maestri dell'imperatore filosofo Marco Aurelio.
Ducunt volentem fata, nolentem trahunt (lett. "Il fato conduce colui che vuole lasciarsi guidare, trascina colui che non vuole") è una frase latina tratta dalle Epistole a Lucilio (107, 11, 5) di Seneca, il quale cita un verso del filosofo stoico Cleante. Dopo aver esortato il suo amico Lucilio all'accettazione di tutto ciò che proviene dalla divinità, nella consapevolezza che è la divinità a dirigere e a governare il mondo (secondo i precetti etici dello stoicismo), Seneca, stando a quanto egli stesso afferma, traduce dei versi del filosofo stoico Cleante, che esemplificano tale morale di conformità alla ragione divina. Il quinto e ultimo di tali versi ("Ducunt... trahunt", appunto), dal momento che manca di una corrispondente attestazione in greco, divide la critica, incerta se attribuirlo a Cleante o a Seneca stesso. Al giorno d'oggi, tale frase viene utilizzata con tono ironico o sarcastico per evidenziare l'inutilità di un'opposizione ad una decisione presa dall'alto. Con tale frase, nella forma Ducunt fata volentem, nolentem trahunt, si conclude Il tramonto dell'Occidente del filosofo Oswald Spengler.
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