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Titolo uniforme: Operette morali
Autore principale: Leopardi, Giacomo, 1798-1837
Edizione: 3. ed. riveduta e corretta
Pubblicazione: Torino : Loescher, 1966
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
Il pensiero e la poetica di Giacomo Leopardi sono caratterizzati dal pessimismo, l'aspetto filosofico che caratterizza tutto l'evolversi delle idee e degli ideali del poeta e filosofo italiano, assumendo nel tempo connotazioni diverse. Esse possono essere seguite attraverso le pagine dello Zibaldone e si manifestano con evidenza nei testi letterari, come i Canti e le Operette morali. Partendo da una posizione di estremo pessimismo personale, causato dalla perdita della gioventù, egli approda a un pessimismo cosmico, consapevole dell'«infinita vanità del tutto», comprendente l'umanità e l'intero universo. Leopardi colloca l'unica felicità possibile della vita umana nell'adolescenza, carica di aspettative e illusioni riguardo l'età adulta da cui resteranno tuttavia disingannate, per concludere che il piacere non è uno stato duraturo, ma solo un passaggio transitorio dal dolore alla noia, come sostenuto nel Sabato del villaggio dove l'attesa della festa è destinata a spegnersi nella deludente domenica, o nella Quiete dopo la tempesta per il quale esso è «figlio d'affanno». Pur ritenendo la morte migliore della vita, egli non rinuncia tuttavia alla speranza e alla solidarietà, anche per la tematica tipicamente romantica della morte eroica contro il fato e la natura «matrigna», e quindi in un certo senso, paradossalmente, all'amore per la vita e per le illusioni dell'arte e della poesia.Il pessimismo filosofico di Leopardi ha le sue origini nel materialismo e nel sensismo del Settecento (d'Holbach, Condillac) derivato diretto dal razionalismo propugnato dall'illuminismo, dall'atomismo greco e dal pessimismo mostrato da alcuni autori antichi, come Omero e Lucrezio, con qualche influsso del romanticismo. Esso presenta alcune analogie con il contemporaneo pensiero di Schopenhauer e con l'esistenzialismo successivo, a partire da Nietzsche, anche per la ricerca di un senso nascosto dell'esistenza, che pure è pensato razionalmente come inesistente, la sfida titanico-romantica al «brutto poter che ascoso a comun danno impera» in nome della propria nobiltà intellettuale e d'animo, e la sensibilità acuta per la precarietà e la fragilità dell'essere umano, dei viventi preda di una feroce selezione naturale, e in generale di ogni cosa esistente.
I Pensieri sono una raccolta di 111 considerazioni in cui ritroviamo, come nello Zibaldone, molte affermazioni poetiche e filosofiche. Diversamente dallo Zibaldone, che restò sempre un brogliaccio privato e molto vario, la raccolta è espressamente ordinata per essere pubblicata. Negli ultimi anni di vita (forse tra il 1831 e il 1835), con l'aiuto dell'amico Antonio Ranieri, il poeta compose questa scelta di aforismi di varia estensione, ma complessivamente brevi, in cui si manifesta una sintesi delle convinzioni dell'autore sull'uomo e sulla società. Non mancano tracce autobiografiche, come nel pensiero LXXXII sul valore esistenziale dell'esperienza amorosa. L'autografo, cioè il testo manoscritto lasciato da Leopardi, nel 1845 venne trascritto da Antonio Ranieri e spedito all'editore Le Monnier, perché anche tale libro fosse incluso nelle opere che l'editore franco-fiorentino stava preparando. La trascrizione del Ranieri è frettolosa e sciatta, e contiene variazioni al testo, alcune certamente volute, altre forse involontarie. Qui Leopardi afferma che "la morte non è male poiché libera l'uomo da tutti i mali, e insieme coi beni gli toglie i desideri" (Pensieri, VI). Il motivo della morte come liberazione ritorna ad esempio anche nelle Operette morali, nel Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie. La noia è invece un sentimento proprio dei grandi spiriti: solo coloro che hanno una spiritualità molto profonda possono constatare l'assoluta inadeguatezza della realtà e, con un cuore pronto alla speranza e all'entusiasmo, possono rinchiudersi in un atteggiamento di rifiuto e di distacco: "Perciò la noia è poco nota agli uomini di nessun momento, e pochissimo o nulla agli altri animali" (Pensieri, LXVIII). Non è certo che la raccolta sia, secondo le intenzioni dell'autore, finita e completa, e tanto meno si sa se l'ordine, la disposizione e l'estensione finale dei pensieri seguano le sue volontà. Si sa, da una lettera all'amico filologo Louis de Sinner del 2 marzo 1837 che Leopardi vi stava lavorando (per grande parte estrapolando o rielaborando cose che aveva scritto nel suo Zibaldone), in vista di un'edizione delle proprie opere a Parigi, presso Baudry. Qui scrive che "Je veux publier in volume inédit de Pensées sur les caractères des hommes et sur leur conduite dans la Societé; mais je ne veux pas m'obliger de le donner au même libraire qui publiera le reste, si auparavant je n'ai pas vu di moins le premier volume imprimé, afin de pouvoir juger de l'exécution".
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Record aggiornato il: 2023-10-10T04:43:17.677Z