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Autore principale: Neretti, Luigi
I cinque punti del calvinismo, talvolta chiamati le dottrine della grazia, sono un sommario dei canoni teologici del Sinodo di Dordrecht e rispecchiano la soteriologia tipica di questo movimento. Essi interpretano la natura della grazia di Dio nella salvezza della creatura umana. L'affermazione centrale dei cinque punti è che Dio è in grado di salvare perfettamente ciascuna delle persone che Egli ha inteso fare oggetto della sua grazia salvifica e che la sua opera non possa essere frustrata da niente e da nessuno che vi si frapponga nel tentativo di impedirne il compimento. Il che implica una netta negazione del libero arbitrio dell'uomo, il quale, se non fa parte del novero degli eletti, non può salvarsi mediante la sua condotta e, viceversa, se è stato scelto per essere salvato, non può resistere alla grazia di Dio. I cinque punti sono stati originalmente pubblicati nell'ambito della controversia fra i calvinisti e gli arminiani e sebbene si identifichi talvolta il calvinismo con questi cinque punti, essi non sono che un sommario delle differenze fra [calvinismo ed arminianesimo sulle dottrine della grazia e della predestinazione, non un sommario generale della posizione teologica di Giovanni Calvino, del calvinismo come sistema dottrinale, o della teologia delle Chiese riformate. Di fatto Calvino, ad esempio, non ha mai discusso pienamente nei suoi scritti di dottrine come la redenzione limitata, ma solo accennato ad essa. Questi punti sono stati elaborati posteriormente solo dalla sua "scuola" o tradizione teologica.
Redenzione è un termine che indica il concetto religioso riferentesi al perdono o assoluzione dei peccati o errori commessi, e protezione dalla dannazione e disgrazia, eterna o temporanea. La redenzione è quindi una materia trattata da molte religioni del mondo, tra cui quelle indiane e tutte le religioni abramitiche, specialmente Cristianesimo e Islam. Un altro termine religioso spesso usato in questa materia è salvezza (latino salvatio; greco sōtēria; ebraico yeshu'ah) che significa essere salvati o protetti dal pericolo, o salvati o scampati da un situazione disastrosa, e quindi redenti. La redenzione è parte della salvezza. Nelle religioni abramitiche, la salvezza viene definita come il salvare l'anima dal peccato e dalle sue conseguenze. Lo studio accademico della salvezza si chiama soteriologia e si occupa dello studio comparativo di come differenti tradizioni religiose concepiscono la salvezza e come la si ottiene. Nell'Ebraismo la redenzione si riferisce a Dio che redime gli Israeliti dai loro vari esili. Ciò include la redenzione finale dall'esilio corrente. Quale termine teologico cristiano, redenzione si riferisce alla liberazione dei cristiani dal peccato. Assume una posizione di rilievo, tuttavia, solo quando i mali in questione formano parte di un più grande sistema contro il quale il potere umano è impotente. Nella teologia buddhista comprende un rilascio dai desideri mondani.
Marianna de Leyva, divenuta Suor Virginia Maria, ma meglio nota come la Monaca di Monza (Milano, 4 dicembre 1575 – Milano, 17 gennaio 1650), è stata una religiosa italiana, protagonista di un famoso scandalo che sconvolse Monza agli inizi del XVII secolo. Figlia primogenita di un nobile spagnolo, il conte di Monza Martino de Leyva y de la Cueva-Cabrera, a tredici anni fu costretta dal padre a entrare come novizia nell'Ordine di San Benedetto; a sedici anni pronunciò i voti e diventò la monaca suor Virginia Maria, dal nome della defunta madre. A fare scalpore fu la sua relazione (durata dal 1598 al 1608) con un uomo, il conte Gian Paolo Osio, dalla quale nacquero almeno due figli, un maschio nato morto o deceduto durante il parto e una bambina, che Osio riconobbe come propria figlia, Alma Francesca Margherita (8 agosto 1604), affidata alla nonna paterna, ma vista sovente dalla madre.L'amante di suor Virginia, che già in precedenza era stato condannato per omicidio, uccise tre persone per nascondere la tresca, ma fu scoperto, condannato a morte in contumacia e poi assassinato il giorno prima della sua condanna da un uomo che egli riteneva suo amico. L'arcivescovo Federico Borromeo, messo al corrente della vicenda, ordinò un processo canonico nei confronti della monaca di Monza: al termine del procedimento suor Virginia fu condannata a essere "murata viva" nel Ritiro di Santa Valeria, dove trascorse quasi quattordici anni chiusa in una stanzetta (2,50 x 3,50) priva quasi completamente di comunicazione con l'esterno, ad eccezione di una feritoia che permetteva il ricambio di aria e la consegna dei viveri indispensabili. Sopravvissuta alla pena, rimase a Santa Valeria fino alla morte.Fu Contessa di Monza (1600-1607) durante il regno di Filippo III di Spagna e amministrava il territorio (circa trenta chilometri quadrati) dal monastero, insieme ai fratelli Luigi, Antonio II e Gerolamo (due anni per uno). Un altro fratellastro di Marianna fu il figlio di primo letto di sua madre Virginia Marino, il signore di Sassuolo Marco III Pio di Savoia (1568-1599). Dai fratelli de Leyva il titolo di Conte di Monza passò a don Giovanni Battista Durini nel 1648; la dinastia duriniana governó Monza e il suo territorio fino alla fine del regime feudale. La sua notorietà è dovuta soprattutto al romanzo I promessi sposi, nel quale Alessandro Manzoni si ispirò alla storia di questa imbarazzante vicenda, enfatizzando però gli eventi, cambiando ad esempio la composizione della famiglia, la cronologia, particolari biografici e il nome stesso degli amanti che diventano Egidio e suor Gertrude.
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