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Autore principale: Galibert, Léon
Pubblicazione: Firenze : Celli, 1847
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: d , Paese:
La guerra d'Algeria (anche guerra d'indipendenza algerina), è il conflitto che oppose tra il 1º novembre 1954 e il 19 marzo 1962 l'esercito francese e gli indipendentisti algerini guidati dal Fronte di Liberazione Nazionale (FLN, Front de Libération Nationale), che aveva rapidamente imposto la propria egemonia sulle altre formazioni politiche. Lo scontro si svolse principalmente in Algeria ma, a partire dal 1958, il FLN decise di aprire un secondo fronte in Francia, scatenando una serie di attentati. Nel corso del conflitto, la minoranza europea d'Algeria – i pieds noirs, installati prevalentemente nelle tre grandi città di Orano, Algeri e Costantina – riuscì a imporre il ritorno di de Gaulle al potere, minacciando un colpo di Stato (maggio 1958). L'inedito successo di un movimento dagli evidenti tratti eversivi determinò il crollo della pericolante IV Repubblica e l'avvento della V Repubblica, caratterizzata da una nuova Costituzione che conferiva poteri molto estesi al Presidente. La guerra – un «episodio chiave della decolonizzazione» – fu particolarmente cruenta, con un altissimo numero di vittime, soprattutto tra i civili algerini. L'esercito francese, memore della recente sconfitta subita nella guerra d'Indocina, mise a punto una nuova strategia: la “guerra contro-sovversiva”, caratterizzata da inedite tecniche di contro-guerriglia che facevano del controllo della popolazione la posta del conflitto. Dopo sette anni e mezzo di uno scontro senza esclusione di colpi, da una parte come dall'altra (generalizzazione della tortura, attentati, terrorismo, rappresaglie, napalm), gli algerini conquistarono l'indipendenza che fu proclamata il 5 luglio 1962.
La storia dell'Islam riguarda gli sviluppi culturali, sociali, politici ed economici della civiltà islamica, inizialmente articolatasi nel contesto arabo del VII secolo d.C. nella Penisola araba e, più specificamente, nella regione nord-occidentale del Ḥijāz. Dalla sua sede originaria, tale credo religioso si diffuse progressivamente nel Vicino e Medio Oriente. Ad ovest, si impose fin dal VII secolo nell'Africa settentrionale, coinvolgendo oltre alle regioni del Nordafrica le popolazioni stanziate ai bordi del Deserto del Sahara. Ad est furono progressivamente sconfitte, e con difficoltà convertite, le popolazioni suddite dei Persiani sasanidi e, ancora più a est, tra l'VIII e il IX secolo, le popolazioni iranizzate della Transoxiana. Le forze islamiche (essenzialmente afghane, ma al comando di ufficiali arabi), tra il X e il XII secolo assoggettarono quote significative quote delle aree del settentrione indiano.La spinta mercantile infine spinse l'islam negli arcipelaghi del sud-est asiatico, islamizzando parzialmente le popolazioni della cosiddetta Insulindia. In Europa l'Islam penetrò nel momento della sua iniziale spinta espansiva, tra l'VIII e il IX secolo, insediandosi in vaste parti della Penisola iberica e in Sicilia (a lungo contesa ai Bizantini). Grazie a Maometto il Conquistatore e a Solimano il Magnifico, l'Impero ottomano cominciò ad annettere dal XV secolo vaste porzioni delle aree balcaniche slave, proseguendo nella sua formidabile spinta nei due secoli successivi, fino ad assorbire per qualche tempo la stessa Ungheria. Vaste aree russe furono conquistate e convertite invece, non senza difficoltà, dalle forze mongole (ma anche turche e cumane operanti nella cosiddetta Orda d'Oro), già a partire dall'XI e dal XII secolo.
La qasba di Algeri (in arabo: قصبة الجزائر) corrisponde alla medina di Algeri, ed è riconosciuta oggi patrimonio dell'umanità da parte dell'UNESCO dal 1992. Amministrativamente forma un proprio comune all'interno della provincia di Algeri. Fondamentale esempio di architettura islamica e maghrebina, la sua storia risale all'antichità, dove fu prima un porto fenicio, poi berbero e infine romano. Fondata nel X secolo dai berberi Ziridi, fu poi arricchita dai contributi delle altre dinastie berbere che successivamente dominarono il Maghreb centrale. Raggiunse il suo apice durante il periodo della Reggenza di Algeri, della quale fu sede del potere politico. Catturata dai francesi nel 1830, la qasba fu gradualmente emarginata man mano che il centro del potere venne spostato nella città nuova. Occupò poi un ruolo centrale durante la guerra d'Algeria, servendo come roccaforte per i separatisti del Fronte di Liberazione Nazionale. Quando il paese ottenne l'indipendenza nel 1962, la qasba non riacquistò però il suo precedente ruolo centrale rimanendo un'area marginalizzata della città.
La storia militare degli Stati Uniti d'America nella seconda guerra mondiale riguarda il conflitto combattuto dagli Stati Uniti contro l'impero del Giappone, la Germania nazista e l'Italia fascista, cominciato con l'attacco a Pearl Harbor all'alba del 7 dicembre 1941. Durante i primi due anni della seconda guerra mondiale gli Stati Uniti mantennero formalmente la neutralità, ma furono fin dall'inizio favorevoli alla Gran Bretagna e alla Francia; dopo la sconfitta delle potenze occidentali nel 1940, rifornirono, in base alla legge votata l'11 marzo 1941, il Lend-Lease Act, i britannici, i sovietici e i cinesi con enormi quantità di beni di guerra, e truppe americane sostituirono i soldati britannici in Islanda. Durante il periodo di guerra effettiva, più di sedici milioni di americani servirono nelle United States Armed Forces, le Forze Armate statunitensi, di cui 290 000 morirono in combattimento e 670 000 rimasero feriti. Inoltre 130 201 americani furono fatti prigionieri ma solo in 116 129 sopravvissero alla guerra. Tra i consiglieri principali del presidente Franklin Delano Roosevelt vi era il Segretario della Guerra, Henry Stimson, che coordinò lo sforzo bellico della nazione, il generale George Marshall, capo di stato maggiore generale del Esercito, il generale Henry Arnold, al comando dell'Aviazione, l'ammiraglio Ernest King, il responsabile della Marina. Il Presidente Roosevelt e i suoi comandanti, che formavano il cosiddetto Joint Chiefs of Staff (Stati maggiori riuniti), presieduto dall'ammiraglio William Leahy, decisero che, nonostante l'aggressione giapponese nel Pacifico, l'obiettivo principale della guerra rimanesse la sconfitta della Germania nazista, considerata il nemico più pericoloso e potente. La guerra iniziò con una serie di sconfitte per gli americani; nel teatro del Pacifico dopo le gravi perdite a Pearl Harbor, la flotta, passata al comando dell'abile l'ammiraglio Chester Nimitz, rimase inizialmente sulla difensiva in attesa dell'arrivo delle nuove navi in costruzione, mentre le truppe stanziate nelle Filippine, comandate dal generale Douglas MacArthur, furono costrette alla resa dai giapponesi dopo una coraggiosa resistenza nel mese di maggio 1942. Nel teatro occidentale le potenze anglo-sassoni rimasero sulla difensiva nella prima parte del 1942; nel frattempo però i dirigenti americani diedero inizio con efficienza ed energia ad un grandioso programma di reclutamento, addestramento ed equipaggiamento per formare forze armate terrestri, aeree e navali moderne e potenti che a partire dalla fine del 1942 avrebbero dato inizio alla fase vittoriosa della guerra su tutti i fronti. Nel teatro del Pacifico nel giugno del 1942 le principali portaerei giapponesi furono affondate nella battaglia delle Midway, mentre dopo la lunga campagna di Guadalcanal gli americani presero l'iniziativa e, disponendo di una schiacciante superiorità aeronavale, conquistarono le principali isole oceaniche; contemporaneamente il generale MacArthur dall'Australia avanzò lentamente verso le Filippine che furono liberate durante l'inverno 1944-45. Il Giappone dovette subire inoltre pesanti bombardamenti strategici e la sua flotta mercantile venne distrutta dai sommergibili americani; dopo la conquista dell'isola di Okinawa, gli americani pianificarono uno sbarco in Giappone, ma la guerra finì prima con l'attacco atomico di Hiroshima e Nagasaki e l'invasione sovietica della Manciuria nell'agosto 1945. Il 2 settembre 1945 il Giappone si arrese alle potenze alleate; il documento di resa venne firmato, alla presenza del generale MacArthur, sulla corazzata Missouri. La guerra contro la Germania prevedeva l'aiuto materiale alla Gran Bretagna e all'Unione Sovietica finché l'esercito americano non fosse stato pronto a partecipare direttamente ai combattimenti in Europa. Prendendo le redini delle operazioni ma lavorando a stretto contatto con i britannici, gli Stati Uniti invasero il Nordafrica e l'Italia tra il 1942 e il 1943. Infine la principale invasione in Europa venne portata a termine nel giugno del 1944, in Francia, sotto il comando del generale Dwight D. Eisenhower. Nel frattempo l'aviazione americana sistematicamente colpì i sistemi di trasporto e gli impianti di trattamento del carburante tedeschi, oltre a rendere inerme l'Aviazione tedesca entro il 1944. Con i sovietici praticamente inarrestabili ad est, e gli Alleati occidentali anch'essi inarrestabili ad ovest, la Germania fu ad un passo dal totale annientamento. Berlino cadde in mani sovietiche nel maggio 1945 e con la morte di Hitler i tedeschi si arresero. Lo sforzo bellico statunitense venne fortemente sostenuto dai civili che approvarono la politica del governo e contribuirono alla vittoria con il loro lavoro in patria e il loro impegno nelle forze armate in combattimento all'estero.
La antica storia del Piemonte comprende una serie di eventi che interessarono il territorio della regione dal Paleolitico. Essi furono influenzati molto dai paesi confinanti: la posizione strategica ai piedi delle Alpi la rese infatti ambita da molte potenze (più di tutte la Francia) come «chiave d'accesso» all'Italia. Furono però i Savoia a dominare sul Piemonte a partire dal XVI secolo: da quando Emanuele Filiberto di Savoia spostò la capitale da Chambéry a Torino, la dinastia prese le redini della storia piemontese mantenendo il dominio sul ducato prima e sul regno poi, fino all'unità d'Italia.
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