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Titolo uniforme: Rapporto 1997 sulla condizione dell'infanzia e dell'adolescenza in Italia
Autore principale: Centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e l'adolescenza
Pubblicazione: Roma : Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per gli affari sociali, stampa 1997
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: it
Il lavoro minorile o infantile o sfruttamento minorile è definito come una qualsiasi attività lavorativa che priva lo studio e libertà nella fase infantile, della dignità e influisce negativamente sul loro sviluppo psico-fisico. Genericamente sono definite lavoro minorile tutte le forme di lavoro svolte da minori al di sotto di un’età minima stabilita per legge, che può variare da paese in paese. Il lavoro minorile è un fenomeno di dimensioni globali. Secondo le recenti stime dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), sono ancora 152 milioni i bambini — 68 milioni sono bambine e 88 milioni sono bambini — vittime di lavoro minorile. Metà di essi, 73 milioni, sono costretti in attività di lavoro pericolose che mettono a rischio la salute, la sicurezza e il loro sviluppo morale. Il fenomeno del lavoro minorile è concentrato soprattutto nelle aree più povere del pianeta, in quanto sottoprodotto della povertà, che contribuisce anche a riprodurre. Tuttavia, non mancano casi di bambini lavoratori anche nelle aree marginali del Nord del mondo.
I bambini dell'Olocausto hanno rappresentato il segmento più vulnerabile tra i gruppi che furono colpiti dalle politiche naziste di discriminazione, persecuzione razziale e genocidio, con un altissimo numero di vittime. La stragrande maggioranza di loro (tra un milione e un milione e mezzo) furono ebrei e a loro ci si riferisce specificamente e più propriamente come bambini della Shoah. Tra le vittime dell'Olocausto si annoverano anche numerosissimi bambini non ebrei (tra il 40% e il 50% dei 200.-250.000 "zingari" uccisi nell'Olocausto, oltre a svariate migliaia di polacchi, russi, serbi, disabili, figli di oppositori politici, vittime di rappresaglie, ecc.). I bambini che furono oggetto di persecuzione e sopravvissero all'Olocausto, nei ghetti e nei campi di concentramento o nella clandestinità o attraverso la fuga e l'emigrazione forzata, passarono tutti attraverso esperienze molto dure di privazioni personali e di separazione o perdita delle loro famiglie. Nel dopoguerra molti di essi hanno svolto un ruolo importante di testimoni nei processi e di fronte all'opinione pubblica.
Attore bambino è in generale chi durante l'infanzia interpreta un ruolo in un film, in uno spettacolo teatrale o in una fiction televisiva. Più specificamente la locuzione - in particolare l'equivalente inglese "child actor" - designa attori cinematografici e televisivi che raggiungono il successo in tenera età. In questi casi si parla talvolta di divo bambino o anche genericamente di enfant prodige, mentre il termine "teenage actor" è riservato a un adolescente. L'attore bambino, specie nello star system hollywoodiano e al pari di altri giovanissimi artisti, è una figura che un diffuso luogo comune considera problematica: capace di progredire in una brillante carriera ma anche di finire in rovina, al punto che i media parlano talora enfaticamente di "maledizione dei divi bambini".Nella realtà tuttavia, sebbene solo un piccolo numero di attori bambini - come ad esempio Jackie Cooper, Jodie Foster e Drew Barrymore - riesca a costruirsi una carriera adulta, la maggior parte di essi approda comunque a una vita del tutto normale, perlopiù al di fuori del mondo dello spettacolo o anche al suo interno ma con ruoli diversi.
La parola pedofilia, termine derivante dal tema greco παῖς (bambino) e φιλία (amicizia, affetto ma anche amore), indica un disturbo della preferenza sessuale avente per oggetto bambini e neonati e comunque prepuberi. Per individui adolescenti si parla invece di efebofilia o ebefilia.
Con il termine pet therapy, neologismo anglosassone, si indica letteralmente la terapia dell'animale da affezione , dall'unione dei due termini: pet, che significa animale domestico, e therapy, che significa terapia. Per pet therapy, detta anche zooterapia, si intende quindi una co-terapia che si affianca alle terapie tradizionali, ai trattamenti ed agli interventi socio-sanitari già in corso. Essa non rappresenta una terapia a sé, ma si identifica come un intervento sussidiario che aiuta, rinforza, arricchisce e coadiuva le cure tradizionali e può essere impiegata su pazienti di qualsiasi età ed affetti da diverse patologie con l'obiettivo di miglioramento della qualità di vita dell'individuo e del proprio stato di salute, rivalutando, nel contempo, il rapporto uomo-animale. Ulteriore scopo di queste co-terapie è quello di integrarsi con le normali attività terapeutiche facilitando l'approccio delle varie figure medico-sanitarie e riabilitative soprattutto nel caso in cui il paziente non dimostri collaborazione spontanea. La presenza di un animale permette in molti casi di consolidare il rapporto emotivo con il paziente, favorendo il canale di comunicazione paziente-animale-medico e stimolando una partecipazione attiva del soggetto stesso. La pet therapy viene intesa come un intervento dolce che stabilisce armonia tra uomo e natura apportando grandi benefici all'uomo. Spesso viene definita come un complessivo progetto di Interventi Assistiti con gli Animali (IAA).
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