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Autore principale: Annaud, Jean-Jacques
Pubblicazione: Campi Bisenzio : Cecchi Gori Editoria Elettronica Home Video, c2002
Tipo di risorsa: risorsa elettronica, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
Sette anni in Tibet (Seven Years in Tibet) è un film del 1997 diretto da Jean-Jacques Annaud, ispirato ad un libro autobiografico scritto da Heinrich Harrer e pubblicato nel 1953.
L'Himàlaia o Himalaya (AFI: /iˈmalaja/ o, meno precisamente, /imaˈlaja/; in sanscrito हिमालय, "dimora delle nevi", dall'unione di hima, "neve", e ālaia, "dimora"), adattata talvolta in italiano come Imalaia, è un sistema montuoso dell'Asia meridionale, che si innalza a settentrione del bassopiano indo-gangetico e a meridione dell'altopiano del Tibet, e che forma un gigantesco arco diretto da nord-ovest a sud-est con la convessità rivolta a sud e compreso all'incirca tra 73° e 95° di long. est e 27° e 36° di lat. nord.
La musica tibetana riflette il patrimonio culturale della regione trans-himalayana, centralizzata nel Tibet ma praticata anche ovunque si trovino gruppo etnici tibetani in Nepal, Bhutan, India e anche all'estero nella diaspora. Una prima e principale caratteristica della musica tibetana è la sua sacralità, che riflette il profondo impatto della religione buddhista tibetana sulla cultura della regione. Anche la musica rituale del Bön, religione autoctona, rappresenta un aspetto di grande rilevanza nella cultura tradizionale tibetana.
Sette anni in Tibet (Seven Years in Tibet) è un film del 1997 diretto da Jean-Jacques Annaud, ispirato ad un libro autobiografico scritto da Heinrich Harrer e pubblicato nel 1953.
L'Accordo dei Diciassette Punti, noto ai cinesi come Trattato di liberazione pacifica del Tibet (in cinese 中央人民政府和西藏地方政府關於和平解放西藏辦法的協議T, 中央人民政府和西藏地方政府关于和平解放西藏办法的协议S, Zhungyang mimang sixung tang Poigi sanai sixung nyi Phoi xiwai jingzhoi jungtabgorgi choidünP, in tibetano བོད་ཞི་བས་བཅིངས་འགྲོལ་འབྱུང་ཐབས་སྐོར་གྱི་གྲོས་མཐུན་དོན་ཚན་བཅུ་བདུན, Krung dbyang mi dmangs srid gzhung dang bod kyi sa gnas srid gzhung gnyis bod zhi bas bcings bkrol ’byung thabs skor gyi gros mthunW), è un trattato che fu firmato a Pechino il 23 maggio 1951 dai delegati del Tibet e della Repubblica Popolare Cinese con il quale i rappresentanti tibetani riconobbero la sovranità cinese sul territorio tibetano. Il governo di Lhasa si vide costretto a sottoscriverlo dopo l'invasione del Tibet Orientale, noto come Kham occidentale, da parte dell'Esercito Popolare di Liberazione cinese avvenuta il 6 ottobre del 1950, e la successiva minaccia che l'invasione si sarebbe estesa in tutto il Tibet in caso di mancata accettazione dell'accordo stesso.I punti principali dell'accordo prevedevano: il riconoscimento della sovranità cinese sul territorio tibetano, del quale veniva sancito ufficialmente l'ingresso nella neonata Repubblica Popolare Cinese l'istituzione in territorio tibetano di un comitato militare e amministrativo nonché di un quartier generale di comando della regione militare gestiti dal governo di Pechino le garanzie cinesi sull'autonomia regionale del Tibet nelle questioni interne e la salvaguardia della locale cultura un piano di riforme da parte del governo cinese che si impegnava ad inserirle gradualmente nella vita del paese il graduale inserimento delle forze armate tibetane all'interno dell'esercito cinese la gestione dei rapporti del Tibet con l'estero da parte del governo cineseVenne siglato da una delegazione di cinque rappresentanti del neoeletto Dalai Lama (cui spettava sia il potere politico che religioso in Tibet) guidata dal governatore dell'occupato Tibet Orientale Ngapoi Ngawang Jigme, e dalla delegazione cinese guidata dal plenipotenziario Li Weihan, ministro della commissione per gli affari delle nazionalità, completata da due gerarchi militari e dal responsabile politico per gli affari del sud-ovest.
Gli spettacoli nell'antica Roma erano numerosi, aperti a tutti i cittadini ed in genere gratuiti; alcuni di essi si distinguevano per la grandezza degli allestimenti e per la crudeltà. I Romani frequentavano di preferenza i combattimenti dei gladiatori, quelli con bestie feroci (venationes), le riproduzioni di battaglie navali (naumachia), le corse di carri, le gare di atletica, gli spettacoli teatrali dei mimi e le pantomime. Quarant'anni dopo l'invettiva di Giovenale (n. tra il 55 e il 60–m. dopo il 127) che rimpiangeva la sobrietà e la severità repubblicana di un popolo che ormai aspirava solo al panem et circenses, al pane e agli spettacoli, Frontone (100-166), quasi con le stesse parole, descriveva sconsolato la triste realtà: La classe dirigente romana considerava infatti suo compito primario quello di distribuire alimenti una volta al mese al popolo e di distrarlo e regolare il suo tempo libero con gli spettacoli gratuiti offerti nelle festività religiose o in ricorrenze laiche.
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