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Persa (in italiano Il Persiano) è una commedia di Tito Maccio Plauto. Il titolo della commedia deriva da una truffa messa in atto da Tossilo per affrancare l'amata Lemniselene: con l'aiuto dell'amico Sagaristione egli riesce a pagare il riscatto per l'amante, che viene recuperato dalla finta vendita della figlia del parassita, che successivamente reclama la fanciulla ai danni del lenone. In questo raggiro Sagaristione si veste da mercante di schiavi persiano (in latino: Persa) ed è proprio questa caratteristica che dà il nome all'intera commedia. La commedia è quasi completamente incentrata su schiavi: il fatto che il servo coincida con il giovane innamorato e apra la commedia con un monologo personale tipico dell'adulescens è una novità nella commedia antica, riscontrabile solamente nello Heros di Menandro. Questa cosa doveva provocare divertimento agli occhi degli antichi Romani, che non ritenevano uno schiavo da commedia in grado di sviluppare delicate relazioni amorose così come un giovane libero. Altro motivo di ilarità doveva essere il linguaggio sottile e raffinato con cui lo schiavo parlava della sua storia. Per di più doveva suonare divertente che uno schiavo potesse ordire un complesso inganno e raggirare abilmente il lenone, e addirittura comportarsi da patronus con Lemniselene, che tra l'altro è una liberta non sua, ma di Dordalo. La commedia, secondo alcuni studiosi, non possiede una trama di grande interesse e nemmeno trasmette alti valori morali, essendo finalizzata al puro divertimento: questo è il motivo per cui non è stata replicata e non ha goduto di particolare fama.Il Persa, secondo alcuni filologi, è il risultato dell'unione da parte di Plauto di due commedie precedenti, l'una riguardo al furto di denaro da parte di un servo (nel Persa Sagaristione) e l'una riguardo aòla vendita fittizia di una fanciulla libera. Tuttavia, confrontandola con altre commedie plautine di cui si è sicuri riguardo alla composizione tratta da più originali, il Persa è molto breve e le due vicende sono strettamente collegate tra di loro. Anche il banchetto finale non deriverebbe da altre commedie greche, in quanto i personaggi mantengono lo stesso carattere che hanno mostrato negli atti precedenti presentando quindi un'uniformità.
La commedia dell'arte è nata in Italia nel XVI secolo ed è rimasta popolare fino alla metà del XVIII secolo, anni della riforma goldoniana della commedia. Non si trattava di un genere di rappresentazione teatrale, bensì di una diversa modalità di produzione degli spettacoli. Le rappresentazioni non erano basate su testi scritti ma su dei canovacci, detti anche scenari; in origine, le rappresentazioni erano tenute all'aperto con una scenografia fatta di pochi oggetti. Le compagnie erano composte da dieci persone: otto uomini e due donne. All'estero era conosciuta come "Commedia italiana". Nella loro formula spettacolare, i comici della Commedia dell'Arte introdussero un elemento nuovo di portata dirompente e rivoluzionaria: la presenza delle donne sul palcoscenico. In un contratto stipulato con un notaio di Roma il 10 ottobre 1564, si ha la prima apparizione documentata di una donna: la "signora Lucrezia Di Siena" ingaggiata da una compagnia che si proponeva di far commedie nel periodo di carnevale, probabilmente un personaggio di elevata cultura in grado di comporre versi e di suonare strumenti. Solo alla fine del secolo le donne avrebbero preso posto a pieno titolo nelle compagnie teatrali. La denominazione veniva sostituita con altre: commedia all'improvviso (o improvvisa), commedia a braccio o commedia degli Zanni. Il nome "arte", nel Medioevo, significava "mestiere", "professione": quello del teatrante, infatti, era un vero e proprio mestiere. Bisogna però specificare che era considerato come tale, non per le compagnie amatoriali, ma solo per quelle compagnie associate che venivano riconosciute dai ducati e avevano un vero e proprio statuto di leggi e regole. Grazie a queste ultime, le compagnie associate sottomettevano le altre che venivano definite "ruba piazze".
Per Commedia Nuova si intende, secondo la suddivisione ideata dalla tradizione filologica alessandrina, l'ultima fase della commedia attica dopo la commedia antica e la commedia di mezzo.
Una commedia è un componimento teatrale o un'opera cinematografica dalle tematiche di norma leggere o atto a suscitare il riso. Il termine ha assunto nei secoli varie sfumature di significato, spesso allontanandosi di molto dal carattere della comicità. La commedia, nella sua forma scritta, ha origine in Grecia nel V secolo a.C.
Claudio Rutilio Namaziano (in latino: Claudius Rutilius Namatianus; fl. 414-415 d.C.; ... – ...) è stato un poeta e politico romano.
Bacchidi (Bacchides) è una commedia di Plauto scritta verso la seconda metà del III secolo a.C. La commedia si basa su uno dei classici schemi della Palliata: due giovanotti sono innamorati di due meretrici, ma i loro genitori si oppongono; in loro aiuto accorre il servo furbo che risolverà la situazione. Ad ingarbugliare maggiormente la vicenda il nome identico, Bacchide, tra le due sorelle meretrici: sarà naturalmente causa momentanea di scontro tra i due giovanotti, che credono di competere per la stessa donna. La scena è ambientata ad Atene. Questa commedia è l'unica superstite di cui si possegga, per una sezione, il testo del modello greco: il Dis exapaton ("Duplice ingannatore) di Menandro.
L'Anfitrione (Amphitruo) è una commedia, in cinque atti e un prologo, scritta dall'autore latino Plauto presumibilmente verso la fine del III secolo a.C. e rappresentata, con molta probabilità, nel 206 a.C. L'opera trae il titolo da uno dei protagonisti, il comandante dell'esercito tebano Anfitrione, mentre gli altri personaggi sono gli dei Giove e Mercurio, i mortali Alcmena e Sosia, rispettivamente moglie e servo di Anfitrione, oltre a due personaggi di contorno: il pilota Blefarone e la serva Bromia. Di solito le commedie rappresentavano fatti riguardanti personaggi popolari, non divinità o soggetti mitici, di cui si occupava invece la tragedia; per questo motivo lo stesso poeta definisce nel prologo, per bocca di Mercurio, la sua opera una tragicomoedia. Il testo a noi pervenuto presenta lacune nel IV atto, del quale ci rimangono una cinquantina di versi.
Adelphoe (dal greco Ἀδελφοί: "Fratelli") è una commedia dell'autore latino Publio Terenzio Afro. L'opera è una rielaborazione dell'opera omonima di Menandro, con l'aggiunta di una scena dei Synapothnèskontes di Difilo. Fu rappresentata per la prima volta nel 160 a.C., durante le celebrazioni funebri in onore di Lucio Emilio Paolo Macedonico.
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