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Publio Terenzio Afro (in latino: Publius Terentius Afer; Cartagine, 190-185 a.C. circa – Stinfalo, 159 a.C.) è stato un commediografo romano, probabilmente di etnia berbera, attivo a Roma dal 166 a.C. al 160 a.C.. Fu uno dei primi autori latini a introdurre il concetto di humanitas, elemento caratterizzante del Circolo degli Scipioni.
Il drammaturgo è un autore che scrive opere che vengono rappresentate in teatro. A partire dalla codificazione greca, si distinguono due categorie principali: il tragediografo, che si occupa principalmente di scrivere tragedie e il commediografo (dal greco κωμωιδιογράφος), che si occupa principalmente di scrivere commedie. In effetti, i primi tragediografi furono greci: i maestri riconosciuti già dagli antichi furono Eschilo, Sofocle ed Euripide, con i quali la tragedia raggiunse livelli altissimi. Lo sviluppo del teatro tragico in ambito romano ebbe i suoi massimi esponenti in età repubblicana, con autori come Quinto Ennio, Marco Pacuvio e Lucio Accio; tuttavia, ci sono pervenute le opere del solo Lucio Anneo Seneca. In età moderna, la rinascita del teatro tragico vide figure come l'inglese William Shakespeare, il francese Voltaire, gli italiani Federigo Della Valle, Vittorio Alfieri, Ugo Foscolo e Alessandro Manzoni, dopo i quali la tragedia propriamente intesa si fuse con la commedia, abbandonando il tema storico-mitologico e sfociando nel dramma borghese. Per quanto concerne il teatro comico, anche primi commediografi emersero nell'Antica Grecia. Tra essi si ricordano Aristofane e Menandro: i temi di quest'ultimo vennero poi ripresi dai latini Plauto e Terenzio, a noi pervenuti, tanto che la cultura latina diede un apporto fondamentale per lo sviluppo di questa branca della drammaturgia. Nell'età moderna, la figura del commediografo è stata rappresentata soprattutto da William Shakespeare, mentre in Francia l'apice venne raggiunto nel XVII secolo con Molière; in Italia, invece, si ricorda soprattutto la figura di Carlo Goldoni, considerato dalla critica letteraria uno dei più significativi scrittori di commedie nel senso moderno del termine. In età contemporanea, sempre in Italia, emergono figure come Eduardo Scarpetta, Eduardo De Filippo, Luigi Pirandello e Dario Fo, gli ultimi due vincitori del Premio Nobel.
La contaminatio fu una tecnica di scrittura utilizzata dagli antichi sceneggiatori romani che consisteva nella fusione di due o più tragedie greche per ricavare un nuovo ed originale testo latino. Si parla, quindi, di vera e propria contaminatio per indicare la pratica degli antichi commediografi latini di inserire nella rielaborazione latina di una commedia originale greca qualche parte tolta da un’altra commedia greca.
Cecilio Stazio (in latino: Caecilius Statius; Mediolanum , 230 a.C. – 168 a.C.) è stato un commediografo romano. Primo autore della letteratura latina di origine gallica, si specializzò, come il contemporaneo Tito Maccio Plauto prima di lui, nella composizione di palliate, ovvero commedie di ambientazione greca. Accolte inizialmente con freddezza, le sue opere furono poi portate al successo dall'impresario teatrale Lucio Ambivio Turpione e acquisirono grande fama. Di esse restano 42 titoli e vari frammenti, per un totale di circa 280 versi. Mentre per la lingua e lo stile il suo teatro rimase molto vicino a quello plautino, Cecilio testimonia invece la progressiva penetrazione della cultura ellenistica in Roma, non traducendo i titoli degli originali greci da cui traeva le sue opere ed evidenziando i prodromi di quell'ideale che, grazie agli influssi della filosofia stoica e all'opera del circolo degli Scipioni, avrebbe più tardi preso il nome di humanitas. L'opera di Cecilio fu variamente giudicata dagli autori antichi, che videro nel commediografo ora uno tra i maggiori drammaturghi della letteratura latina, ora un cattivo esempio di stile. La critica attuale, fortemente limitata dallo scarso numero di frammenti delle opere disponibili, tende comunque a sottolineare l'importante ruolo che Cecilio ricoprì nel passaggio dalla palliata di Plauto a quella di Publio Terenzio Afro, dando inizio a una nuova fase dell'ellenizzazione della letteratura latina.
Persa (in italiano Il Persiano) è una commedia di Tito Maccio Plauto. Il titolo della commedia deriva da una truffa messa in atto da Tossilo per affrancare l'amata Lemniselene: con l'aiuto dell'amico Sagaristione egli riesce a pagare il riscatto per l'amante, che viene recuperato dalla finta vendita della figlia del parassita, che successivamente reclama la fanciulla ai danni del lenone. In questo raggiro Sagaristione si veste da mercante di schiavi persiano (in latino: Persa) ed è proprio questa caratteristica che dà il nome all'intera commedia. La commedia è quasi completamente incentrata su schiavi: il fatto che il servo coincida con il giovane innamorato e apra la commedia con un monologo personale tipico dell'adulescens è una novità nella commedia antica, riscontrabile solamente nello Heros di Menandro. Questa cosa doveva provocare divertimento agli occhi degli antichi Romani, che non ritenevano uno schiavo da commedia in grado di sviluppare delicate relazioni amorose così come un giovane libero. Altro motivo di ilarità doveva essere il linguaggio sottile e raffinato con cui lo schiavo parlava della sua storia. Per di più doveva suonare divertente che uno schiavo potesse ordire un complesso inganno e raggirare abilmente il lenone, e addirittura comportarsi da patronus con Lemniselene, che tra l'altro è una liberta non sua, ma di Dordalo. La commedia, secondo alcuni studiosi, non possiede una trama di grande interesse e nemmeno trasmette alti valori morali, essendo finalizzata al puro divertimento: questo è il motivo per cui non è stata replicata e non ha goduto di particolare fama.Il Persa, secondo alcuni filologi, è il risultato dell'unione da parte di Plauto di due commedie precedenti, l'una riguardo al furto di denaro da parte di un servo (nel Persa Sagaristione) e l'una riguardo aòla vendita fittizia di una fanciulla libera. Tuttavia, confrontandola con altre commedie plautine di cui si è sicuri riguardo alla composizione tratta da più originali, il Persa è molto breve e le due vicende sono strettamente collegate tra di loro. Anche il banchetto finale non deriverebbe da altre commedie greche, in quanto i personaggi mantengono lo stesso carattere che hanno mostrato negli atti precedenti presentando quindi un'uniformità.
«Homo sum, humani nihil a me alienum puto» (pronuncia: òmo sum, umàni nìil a mè ali̯ènum puto) è una frase in lingua latina che significa letteralmente: «Sono un essere umano, niente di ciò ch'è umano ritengo estraneo a me» (in parole più semplici: «Nulla che sia umano mi è estraneo»). La frase è di Publio Terenzio Afro che la usò nella sua commedia Heautontimorùmenos (Il punitore di sé stesso, v. 77) del 165 a.C.
Per Commedia Nuova si intende, secondo la suddivisione ideata dalla tradizione filologica alessandrina, l'ultima fase della commedia attica dopo la commedia antica e la commedia di mezzo.
Aulularia (Commedia della Pentola o La Pentola d'oro) è una commedia di Plauto. L'opera, pur incompleta, è celeberrima, tanto che, nel XV secolo l'umanista Urceo Codro sentì il bisogno di darle il finale che poi è diventato classico. La fama dell'Aulularia era molto ampia anche nel Seicento, sicché l'autore Molière si ispirò a questa commedia per L'avaro.
Andria (in italiano La ragazza di Andro) è una commedia dell'autore latino Publio Terenzio Afro. L'opera è una contaminazione di due opere di Menandro, l'Andria e la Perinthia. Fu rappresentata nel 166 a.C.