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Publio Virgilio Marone, noto semplicemente come Virgilio o Vergilio (in latino: Publius Vergilius Maro, pronuncia classica o restituta: [ˈpuːblɪ.ʊs wɛrˈɡɪlɪ.ʊs ˈmaroː]; Andes (Mantova), 15 ottobre 70 a.C. – Brindisi, 21 settembre 19 a.C.), è stato un poeta romano, autore di tre opere, tra le più famose della letteratura latina: le Bucoliche (Bucolica), le Georgiche (Georgica), e l'Eneide (Æneis). Al poeta vengono attribuiti anche una serie di componimenti giovanili, la cui autenticità è oggetto di dubbi e di complicate controversie, che si è soliti indicare in un'unica raccolta, nota col titolo di Appendix Vergiliana (Appendice Virgiliana). Virgilio, per il senso sublime dell'arte e per l'influenza che esercitò nei secoli, fu il massimo poeta di Roma, nonché l'interprete più completo e più schietto del grandioso momento storico che, dalla morte di Giulio Cesare, conduce alla fondazione del Principato e dell'Impero ad opera di Augusto. L'opera di Virgilio, presa a modello e studiata fin dall'antichità, ha avuto una profondissima influenza sulla letteratura e sugli autori occidentali, in particolare su Dante Alighieri e la sua Divina Commedia, nella quale Virgilio funge anche da guida dell'Inferno e del Purgatorio.
Le Georgiche (in latino Georgica, neutro plurale - γεωργικά - dell'aggettivo greco γεωργικός, "contadino", o, più semplicemente, "agricoltura", dalle parole γῆ, "terra", ed ἔργον, "lavoro") sono un poema di Publio Virgilio Marone. Nell'universo ideologico delle Georgiche, la natura idealizzata delle Bucoliche viene in parte adombrata da una polarità per certi aspetti contraddittoria: tra "il senso del lavoro come lotta faticosa con la natura" (Labor omnia vicit \ improbus, et duris urgens in rebus egestas, I, vv. 145-146, " La fatica ostinata / e le necessità, che urgono / in circostanze difficili, / vinsero tutto", trad. M. Ramous) e "una visione idilliaca, idealizzata" (A. La Penna) della natura che è un sostrato comunque onnipresente nell'intero arco poetico di Virgilio. Anche lo stile è più ricco e ricercato rispetto alle Bucoliche, e coniuga i canoni dell'alessandrinismo e della poesia neoterica con il gusto spontaneo per il sublime e l'aspra versificazione scientifica del De rerum natura di Lucrezio, pubblicato nel 53 a.C., in un alternarsi ininterrotto di pungente malinconia e serena consapevolezza della caducità umana. L'opera si divide in quattro libri dedicati rispettivamente al lavoro nei campi, all'arboricoltura, all'allevamento del bestiame e all'apicoltura, per un totale di 2188 versi, precisamente esametri. Il titolo molto probabilmente deriva da un'opera del poeta greco didascalico Nicandro di Colofone. A muovere l'ispirazione del poeta sono la malinconia per l'infanzia lontana, la volontà di restaurazione degli ideali aviti percepiti in decadenza e un sostrato di complesse suggestioni culturali e filosofiche: queste le tre componenti principali, intrecciate su un genuino e spontaneo sentimento della vita rurale, che, bambino, Virgilio aveva vissuto in prima persona. L'opera fu "orientata" da Mecenate seguendo le ispirazioni ideologiche augustee: venne composta nel periodo immediatamente precedente l'affermazione di Ottaviano a Roma e negli stesi anni in cui Virgilio entrò a far parte del circolo di Mecenate: precisamente tra il 37 e il 31 a.C.(il poeta scrisse dunque, in media, meno di un verso al giorno). Secondo Antonio La Penna, le Georgiche si possono considerare "l'opera più stilisticamente elaborata della letteratura latina".
L'Appendix Vergiliana è una raccolta di carmi di vario metro, tradizionalmente attribuiti a Publio Virgilio Marone, ma probabilmente composti tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. fra Roma e Napoli. Le probabilità che siano stati scritti proprio da Virgilio sono in realtà molto basse, per alcuni addirittura nulle. Il termine appendix fu usato per la prima volta dall'umanista Giuseppe Giusto Scaligero nel 1572 e si riferisce alla consuetudine di stampare questi testi tutti assieme e in appendice alle opere di Virgilio. I carmi sono di diversa lunghezza e valore e costituiscono più un prodotto intellettuale che non poetico.
La Rota Vergilii (o Virgilii o Dottrina degli Stili) è una concezione letteraria che fiorì nel corso del Medioevo, secondo cui ci sono tre livelli stilistici (semplice, medio, elevato) cui il letterato deve attenersi. Tale dottrina prende il nome da Virgilio in quanto i tre gradi stilistici corrisponderebbero alle tre opere (Bucoliche, Georgiche ed Eneide) del letterato latino.
L'Eneide (in latino: Aeneis) è un poema epico della cultura latina scritto dal poeta Publio Virgilio Marone tra il 29 a.C. e il 19 a.C. Narra la leggendaria storia dell'eroe troiano Enea (figlio di Anchise e della dea Venere) che riuscì a fuggire dopo la caduta della città di Troia, e che viaggiò per il Mediterraneo fino ad approdare nel Lazio, diventando il progenitore del popolo romano. Alla morte di Virgilio il poema, scritto in esametri dattilici e composto da dodici libri per un totale di 9.896 esametri, rimase privo degli ultimi ritocchi e revisioni dell'autore, testimoniate da 58 esametri incompleti (chiamati tibicines, puntelli); perciò nel suo testamento il poeta fece richiesta di farlo bruciare, nel caso in cui non fosse riuscito a completarlo, ma gli amici Vario Rufo e Plozio Tucca, non rispettando le volontà del defunto, salvaguardarono il manoscritto dell'opera e, successivamente, l'imperatore Ottaviano Augusto ordinò di pubblicarlo così com'era stato lasciato. I primi sei libri raccontano la storia del viaggio di Enea da Troia all'Italia, mentre la seconda parte del poema narra la guerra, dall'esito vittorioso, dei Troiani - alleati con i Liguri, con alcuni gruppi locali di Etruschi e con i Greci provenienti dall'Arcadia - contro i Rutuli, i Latini e le popolazioni italiche in loro appoggio, tra cui i Volsci e altri Etruschi; sotto il nome di Latini finiranno per essere conosciuti in seguito Enea e i suoi seguaci. Enea è una figura già presente nelle leggende e nella mitologia greca e romana, e compare spesso anche nell'Iliade; Virgilio mise insieme i singoli e sparsi racconti dei viaggi di Enea, la sua vaga associazione con la fondazione di Roma e soprattutto un personaggio dalle caratteristiche non ben definite tranne una grande devozione (pietas in latino), e ne trasse un avvincente e convincente "mito della fondazione", oltre a un'epica nazionale che allo stesso tempo legava Roma ai miti omerici, glorificava i valori romani tradizionali e legittimava la dinastia giulio-claudia come discendente dei fondatori comuni, eroi e dei, di Roma e Troia.
La poesia bucolica è un genere di poesia pastorale, la cui origine viene fatta risalire al poeta greco Teocrito. Nell'antichità riscosse notevole successo, tanto che si occupò di questo genere il poeta latino Virgilio. In epoca moderna la poesia bucolica è stata il tramite per la creazione di un luogo immaginario abitato da pastori felici dediti alla poesia, chiamato Arcadia. Esempi moderni di poesia pastorale sono l'Aminta di Torquato Tasso e l'Arcadia di Jacopo Sannazaro.
Seguire il percorso della produzione letteraria di Giacomo Leopardi vuol dire seguire il corso della sua vita e comprendere il suo mondo interiore.
Gaio Cilnio Mecenate (in latino Gaius Cilnius Maecenas; Arezzo, 15 aprile 68 a.C. 8 a.C.), nato da un'antica famiglia etrusca, stato un influente consigliere, alleato ed amico dell'imperatore Augusto.
L'egloga, o ecloga, è un componimento della poesia bucolica in forma dialogica, con significato allegorico e di celebrazione della vita agreste. Il termine deriva dal greco ekléghein ("trascegliere") e nella letteratura antica veniva utilizzato per indicare un poemetto scelto; con questo significato vennero intitolate alcune opere, quali l'Egloga cronografica di Giovanni Sincello e l'Egloghe di Decimo Magno Ausonio.