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Il suicidio in Giappone, data l'alta incidenza tra la popolazione (16,7 ogni 100 000 persone nel 2017), è considerato uno dei maggiori problemi del Paese.Tra le maggiori cause che spingono i giapponesi a togliersi la vita così frequentemente sono state individuate i problemi economici conseguenti alla forte recessione economica degli anni novanta, la depressione e problemi sociali di varia natura.Nel 2011 il numero dei suicidi ha superato per il 14º anno consecutivo la soglia dei 30 000, scendendo sotto questa soglia per la prima volta in quindici anni solo nel 2012. Da allora il numero dei suicidi è in costante calo, grazie anche all'intervento del governo che ha iniziato a investire in opere di prevenzione a partire dalla seconda metà degli anni duemila.Tra i luoghi più frequentati per i suicidi è stata indicata la foresta Aokigahara, ai piedi del Monte Fuji, la quale registra una media di 30 morti l'anno e 78 solo nel 2007.
La tabella seguente è una lista di stati per tasso di suicidio secondo i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ed altre fonti.Circa una persona su 5.000–15.000 muore ogni anno per suicidio (1,5% di tutti i decessi nel 2016), con un tasso di 10,5 per 100.000 abitanti in calo rispetto agli 11,6 del 2008. Nei paesi ad alto reddito, i tassi di comportamenti suicidari tra uomini e donne differiscono in misura maggiore rispetto a quelli del resto del mondo: anche se le donne sono più inclini a pensieri suicidi, i tassi di suicidio sono incredibilmente più alti negli uomini (il suicidio negli uomini è stato definito una “epidemia silenziosa”). L'Europa è la regione del mondo dove avvengono più suicidi, mentre il Mediterraneo orientale quella dove ne avvengono meno.Secondo uno studio del 2019, i tassi globali di decesso per suicidio sono diminuiti di un terzo tra il 1990 e il 2016, mentre il numero assoluto di decessi per suicidio è effettivamente aumentato del 6,7%, da 762.000 a 817.000 all'anno. Complessivamente, i tassi sono stati di circa 16 decessi ogni 100.000 uomini e 7 decessi ogni 100.000 donne nel 2016: nelle donne si è anche notata una maggiore riduzione rispetto agli uomini durante il periodo di studio indicato.Secondo le recenti pubblicazioni dell'OMS, lo stigma sociale, il tabù di discutere apertamente di suicidio e la scarsa disponibilità di dati porta a una scarsa qualità dei dati disponibili sia per il suicidio che per i tentativi di suicidio: "data la sensibilità del suicidio - e l'illegalità del comportamento suicidario in alcuni paesi - è possibile che la sottovalutazione e l'errata classificazione siano problemi di maggior rilievo per il suicidio che non per la maggior parte delle altre cause di morte".
Il suicidio. Studio di sociologia (titolo originale Le Suicide) è un saggio del sociologo francese Émile Durkheim. In esso l'autore implementa i principi metodologici che aveva precedentemente definito nel saggio Le regole del metodo sociologico. In questo libro difende l'idea che il suicidio sia un fatto sociale a sé stante - esercita sugli individui potere coercitivo ed esterno - e, in quanto tale, può essere analizzato dalla sociologia. Questo fenomeno, che si potrebbe pensare a prima vista causato da ragioni intime e psicologiche, è anche determinato da cause sociali. Le statistiche mostrano che il suicidio è un fenomeno sociale normale: è un fenomeno regolare presente in molte società e, all'interno di ciascuna società, i tassi di suicidio si evolvono relativamente poco: "Ciò che questi dati statistici esprimono è la tendenza al suicidio della quale ogni società è afflitta collettivamente". Durkheim prima tentò di identificare le cause del suicidio e quindi di proporre una serie di tipologie di suicidi, in base alle loro cause.
Sir Charles Villiers Stanford (Dublino, 30 settembre 1852 – Londra, 29 marzo 1924) è stato un compositore e direttore d'orchestra irlandese. Nato a Dublino da una famiglia benestante molto appassionata di musica, figlio di un cantante (basso) e di una pianista, Stanford si formò presso l'Università di Cambridge, studiando poi a Lipsia e Berlino. Mentre era ancora studente, Stanford fu nominato organista del Trinity College di Cambridge. Nel 1882, all'età di 29 anni, fu uno dei fondatori del Royal College of Music, dove insegnò composizione per il resto della sua vita. Dal 1887 fu anche professore di musica all'Università di Cambridge. Esercitò un contributo determinante nel risollevare il prestigio della Cambridge University Musical Society, attirandovi personalità di fama internazionale. Stanford basò il suo insegnamento principalmente su principi classici, esemplificati nella musica di Brahms, rimanendo scettico nei confronti delle tendenze modernistiche di inizio Novecento. Come direttore d'orchestra, Stanford diresse il Bach Choir e il festival triennale di musica classica di Leeds. Stanford compose molta musica orchestrale, tra cui sette sinfonie, ma i suoi lavori più apprezzati furono quelli di musica sacra corale, principalmente le messe (di liturgia anglicana). Compose anche nove opere liriche, nessuna delle quali si è affermata nel repertorio consueto. Alcuni critici considerarono Stanford, insieme a Charles Parry e ad Alexander Campbell Mackenzie, come uno dei principali artefici della rinascita della musica dalle isole britanniche. Tuttavia, dopo il successo incontrato nell'ultimo ventennio dell'Ottocento, la sua fama fu offuscata nel Novecento da quella di Edward Elgar e di alcuni dei suoi stessi allievi, come Gustav Holst e Ralph Vaughan Williams.
Charles Pierre Baudelaire /ʃaʁl pjɛʁ bod'lɛ:ʁ/ (; Parigi, 9 aprile 1821 – Parigi, 31 agosto 1867) è stato un poeta, scrittore, critico letterario, critico d'arte, giornalista, filosofo, aforista, saggista e traduttore francese. È considerato uno dei più importanti poeti del XIX secolo, esponente chiave del simbolismo, affiliato del parnassianesimo e grande innovatore del genere lirico, nonché anticipatore del decadentismo. I fiori del male, la sua opera maggiore, è considerata uno dei classici della letteratura francese e mondiale.Il pensiero, la produzione e la vita di Baudelaire hanno influenzato molti autori successivi (primi fra tutti i "poeti maledetti" come Verlaine, Mallarmé e Rimbaud, ma anche gli scapigliati italiani come Emilio Praga, o Marcel Proust, Edmund Wilson, Dino Campana, nonché, in particolar modo, Paul Valéry), appartenenti anche a correnti letterarie e vissuti in periodi storici differenti, ed è considerato ancor oggi non solo come uno dei precursori della letteratura decadente, ma anche di quella poetica e di quella filosofia nei confronti della società, dell'arte, dell'essenza dei rapporti tra esseri umani, dell'emotività, dell'amore e della vita che lui stesso aveva definito come "modernismo".
La storia della canzone italiana viene comunemente fatta iniziare dagli storici intorno alla metà del XIX secolo, con la pubblicazione di Santa Lucia di Teodoro Cottrau ed Enrico Cossovich: pur trattandosi di una traduzione di una barcarola originariamente scritta in napoletano, questo brano appare come il primo tentativo in assoluto di armonizzare (sia dal punto di vista della melodia, sia dal punto di vista del testo) la tradizione musicale colta con quella di matrice popolare.A differenza di altri paesi, come la Francia (dove le radici del vaudeville derivarono dalla chanson del Cinquecento) o la Germania (con il suo particolare connubio fra musica e poesia, il lied), in Italia per molti anni si è mantenuta una netta separazione fra le composizioni derivanti dalla cosiddetta musica colta (come le romanze da salotto o le operette) e le canzoni popolari in dialetto. In particolare, le tradizioni musicali locali hanno avuto molta difficoltà a superare il proprio confine territoriale, con le significative eccezioni della canzone napoletana e, in forma molto minore, di quella romana e milanese. La separazione fra i due stili iniziò ad attenuarsi solo a cavallo fra XIX e XX secolo (anche con l'influenza del café-concert francese) e poté dirsi superata solo con la fine della Prima guerra mondiale.
Abraham Lincoln (Hodgenville, 12 febbraio 1809 – Washington, 15 aprile 1865) è stato un politico e avvocato statunitense. Ha ricoperto per 16º l’incarico di Presidente degli Stati Uniti d'America, dal 4 marzo del 1861 fino al suo assassinio avvenuto nell'aprile del 1865. Guidò l'Unione attraverso la guerra di secessione americana, la più cruenta mai esplosa fino ad allora nonché la più grave crisi morale, costituzionale e politica dell'intera storia degli Stati Uniti d'America. Grazie alla vittoria bellica, ebbe il merito di mantenere inalterata l'unità degli Stati federati; rafforzò il governo federale e modernizzò l'economia del Paese. Nato in una capanna di tronchi in mezzo ai boschi nei pressi di Hodgenville nel Kentucky, crebbe nel West, inizialmente nell'Indiana (facente parte dell'ex Territorio del nord-ovest). In gran parte autodidatta, riuscirà a diventare avvocato nell'Illinois ed uno dei leader del Partito Whig, fino ad essere eletto membro del parlamento statale ove presterà servizio per 8 anni. Entrerà a far parte della Camera dei rappresentanti nel 1846. Promosse una rapida modernizzazione economica e si oppose alla guerra Messico-Stati Uniti (1846-1848). Dopo un solo mandato ritornò a casa per riprendere la propria attività legale. Rientrato nella politica attiva nel 1854, diverrà ben presto uno dei capi del neonato Partito Repubblicano, che conquistò subito la maggioranza nello stato dell'Illinois. Partecipò alla campagna per le elezioni di medio termine del 1858 candidandosi alla carica di senatore; prese parte ad una serie di dibattiti molto pubblicizzati con il suo avversario e rivale, il leader del Partito Democratico Stephen A. Douglas. Si esprimerà contro l'espansione della schiavitù nei territori dell'Ovest, ma risulterà sconfitto per poco. Dopo essere stato proposto come vicepresidente alla convention per le elezioni presidenziali del 1856, nelle elezioni presidenziali del 1860 risultò capace di assicurarsi la nomination presidenziale in qualità di moderato, a volte altalenante, sebbene la maggior parte dei delegati originariamente avessero favorito altre candidature. Pur non ottenendo praticamente alcun sostegno negli Stati schiavisti del profondo Sud, riuscì a conquistarsi i favori del Nord e venne così eletto presidente degli Stati Uniti d'America. Sebbene vi fossero stati dei tentativi per colmare le differenze tra Nord e Sud, alla fine la vittoria di Lincoln spinse sette stati sudisti che praticavano la schiavitù a ritirarsi dall'Unione e a formare gli Stati Confederati d'America, ancor prima della cerimonia d'inaugurazione e insediamento del neopresidente. L'attacco confederato a Fort Sumter e l'immediatamente successiva battaglia unirono l'intero Nord dietro la bandiera dell'Unione. Come leader della corrente politica moderata, Lincoln dovette confrontarsi con i Repubblicani Radicali, che chiedevano con insistenza un trattamento più duro da riservare ai ribelli, i War Democrat, che radunarono una grande fazione di ex oppositori nel suo campo ed infine anche i Copperhead, che lo disprezzarono in quanto inconciliabilmente filo-secessionisti e che complottarono ripetutamente alle sue spalle. Lincoln reagì contrapponendo i suoi avversari l'uno contro l'altro con un mecenatismo politico attentamente pianificato e facendo appello al popolo americano con le sue abilità di oratore. Il suo discorso di Gettysburg, il più significativo e famoso fra quelli da lui pronunciati, è considerato una delle pietre miliari dell'unità e dei valori della nazione americana; un'icona del nazionalismo, del repubblicanesimo, della parità di diritti, dell'ideale di libertà e della democrazia. Sospese l'habeas corpus, portando alla controversa sentenza Ex parte Merryman della corte federale di giustizia ed evitò il potenziale intervento britannico disinnescando l'incidente diplomatico conosciuto come Affare Trent. Supervisionò da vicino lo sforzo bellico, specialmente la selezione dei generali, incluso il suo uomo di maggior successo, Ulysses S. Grant. Prese importanti decisioni sulla strategia di guerra dell'Unione, incluso uno stretto blocco navale che paralizzò completamente il commercio del Sud. Mentre la guerra progrediva, le sue mosse in direzione dell'abolizionismo culminarono con il suo primo ordine esecutivo, il Proclama di emancipazione del settembre 1862, che decretava la liberazione di tutti gli schiavi dai territori degli Stati Confederati d'America a partire dal 1º gennaio 1863; usò lo Union Army per proteggere gli schiavi fuggitivi, incoraggiò gli Stati cuscinetto a mettere fuori legge la schiavitù e spinse attraverso il Congresso la promulgazione del XIII emendamento, che bandì definitivamente la schiavitù in tutto il Paese nel 1865. Abile statista e profondamente coinvolto nelle questioni di potere in ogni Stato, Lincoln si conquisterà l'appoggio decisivo dei Democratici a favore della guerra e gestirà la sua campagna di rielezione nelle elezioni presidenziali del 1864. Anticipando la conclusione della guerra, spinse verso una visione moderata dell'Era della Ricostruzione, cercando di riunire rapidamente la nazione attraverso una politica di riconciliazione generosa di fronte alle divisioni persistenti e piene di acribia. La sera del Venerdì santo del 1865 (14 aprile), cinque giorni dopo la resa del generale confederato Robert Edward Lee, Lincoln verrà assassinato dal simpatizzante sudista John Wilkes Booth e morirà all'alba del giorno dopo. È a tutt'oggi considerato sia dalla storiografia ufficiale che dall'opinione pubblica in generale, attraverso la classifica storica dei presidenti degli Stati Uniti d'America uno dei più importanti e popolari al tempo stesso. L'operato della presidenza di Abraham Lincoln ha avuto una duratura influenza sulle istituzioni politiche e sociali degli Stati Uniti d'America. Grazie ai suoi 193 cm è stato il presidente più alto della storia statunitense insieme a Lyndon B. Johnson, in carica dal 1963 al 1969 e successore di John Fitzgerald Kennedy dopo il suo assassinio.